lunedì 9 dicembre 2013

Chi ha sputato nel piatto di fagioli?

"Sai, avremmo dovuto prendere uno di questi taccuini e fare una specie di diario di bordo, fin dall'inizio."Nel dirmi questo, qualche giorno fa ai Weihnachtsmarkt, la mia coinquilina non aveva tutti i torti.

Sono circa due mesi che non scrivo sul blog. Il mio arrivo qua precede l'ultimo post di una manciata di giorni.
Non è che abbia qualche strano blocco dello scrittore. Ho creato tre racconti in italiano, un testo in giapponese, sto preparando una presentazione in tedesco di cui mi devo prima fare uno script, ho trovato una tematica specifica che probabilmente porterò a Tesi, sto lavorando su due esami da non frequentante e su due papers, ho pronto il canovaccio di un video e ho vari racconti in sospeso.
Mi sono anche premurata di tenere aggiornate un po' di persone - oralmente, via skype, via social.

Sta andando bene. Dico sul serio, anche se faccio fatica ad adattarmi al sistema locale e alla mescolanza di lingue, sto cercando di adattarmi al meglio e il metodo mi piace. Ho alcuni problemi ancora con la burocrazia e con dei corsi in Italia, ma si sistemeranno. Studio e incontro persone. Tante, varie, belle. Raccolgo storie, raccolgo esperienze e caratteri senza i quali questo periodo non sarebbe stato uguale.
Sono passata per Francoforte, Karlsruhe, Mannheim, Stoccarda, Esslingen, i dintorni di Heidelberg oltre alla città stessa.
Mi metto in gioco. Non per questo mi scordo del punto da cui sono partita.
Ho perfino previsto un ritorno a casa per Natale, fuori programma. E ad essere sincera, sono un po' pentita del fatto di rimanerci appena una settimana. Ma mi aspetta un Capodanno con Erika quassù. Mi verranno a trovare altre due persone, nel frattempo, Alessia la prossima settimana e Miriam a Gennaio.

Rimane qualcosa che non va.
Non è il posto. Non è la gente. Non è lo studio.
In sostanza, è una cosa tra quelle che temevo accadessero. Sento di esser stata messa da parte.
Il che è buffo, da un certo punto di vista sono io ad essere partita fregandomene di tutto e tutti, così, per un anno - dieci mesi, quel che è.
In molti si sono raccomandati, "Non scordarti di me, eh!". Seems legit, io mi creo nuovi contatti qui per non essere un'isola, quindi viene automatico pensare che tutto il resto non mi interessi. Lo capisco, davvero. Ciò non giustifica, dall'altra parte, un comportamento analogo. Qualcuno ci scherza sopra, a riguardo - ma normalmente, si tratta di persone che sento regolarmente e che sto apprezzando sempre di più per questo.
Onestamente? Ci sto provando.
Per quanto possa esser dura, non sono in capo al mondo e anche se mi è impossibile esserci fisicamente per certe cose, continuo a pensarci, a farmi venire in mente persone che hanno caratterizzato la mia vita finora, a riti quotidiani e settimanali che non sono più la mia norma e la cui assenza ha sostanzialmente modificato il mio stile di vita in appena due mesi.
Non sarò costante - la vedo dura, tenendo conto di tutti i fattori, è naturale non avere gli stessi riflessi e la stessa prontezza che a "casa". Però almeno ci penso, ci provo. Perchè devo essere solo io a prendere l'iniziativa? Perchè io sono una e gli altri sono tanti, quindi l'una isolatasi dalla massa è quella che deve fare il maggiore sforzo? E ripeto, l'ho fatto.
Tant'è che, comunque, la massa mi ha tenuto in conto per ben poco, facendo emergere probabilmente quei pochi che vogliono ricambiare lo sforzo, per quanto soffrendo la distanza - e a questi pochi, che hanno sopportato papiri via messaggio o via mail, ore infinite di conversazione tramite uno skype che sembra intenzionato a riavviarmi il pc almeno tre volte per sessione, va il più grande e sincero affetto che la mia me delle 3.30 del mattino sia in grado di produrre (vi voglio bene, sappiatelo).
I restanti forse ci hanno provato, ma con così poca convinzione che il tentativo è sfumato nel corso delle prime settimane. Passato ottobre, passata la festa. Basterebbe un messaggio a caso, come fa qualcuno, che lascia delle chicche in giro per le bacheche che apprezzo tantissimo, pur nella loro essenzialità.

Sarà per questo che non nutro un così grande interesse a rendere nota ogni cosa al "pubblico", se c'è mai stato. Se qualcuno vuole davvero sapere per filo e per segno le cose, basta chiedere. Ma anche no, suvvia, cosa pretendiamo. Sono via, quindi ho già dato tutto quello che potevo dare. Non servo mica.
Tanto che me frega, a me. Tanto, son qua pei cazzi miei, se voglio mi devo muovere io. Tanto si sa che è così.
Tanto poi mi abituo, no?
Certo.
Tanto poi mi abituo.
Tanto.

Grazie. Danke. Thanks. Gracias. Obrigada. ありがとう. 谢谢. Merci. 감사합니다. Tapadh leibh.
Spero il senso di sarcasmo riesca a filtrare attraverso tutte queste lingue.

giovedì 3 ottobre 2013

It's a Teutonic Land, baby.

First week of non-officially-started Erasmus.
Right now, I'm laying on my bed at Steffi's Hostel, Heidelberg, located in the amusing german region of Baden-Wuttemberg.

I finally got a home with my Erasmus mate (yay!) after a worrying start of our research. I'm ready to start my studies, or at least I think so... And all that's left to do regards bureaucracy - that hideous thing I thought I would have eventually left in Italy, until next fallout of the system running Ca' Foscari website. Because there'll be one as usual, I expect. But I'm prepared for that.
The matter is, I was not even slightly prepared to face German bureaucracy, not only because of the amount of things it compels, but also because of a structure I didn't expect.

The Italian curious phenomenon described perfectly throughout something like "The twelve tasks of Asterix" movie shows an office system ready to freak you over.
"We are not the right desk for this, try the second on the left at Central Building's second floor!", "Not really, you should go to Info Center at Uni Square to be sure", "Well, if you just try to ask the City Hall...", and so on. I can assure you, this is not an Italian exclusive method (ohohoh, destroying stereotypes, how I llove it!).
Sure, German efficiency is pretty famous and correctly assigned in most circumstances. Even in this one, I'd say. But cases like the Italian offices' Triathlon happen pretty often, actually - I experienced some in the past days.
This notwithstanding, if I'm a foreign student that arrives at the beginning of the month, moreover after notifying it to you, I expect to apply for my studies at your offices when you told me to be there. Right? Not a parade, nor a sumptuous Ceremony like Hogwarts'. Just doing what I'm supposed to do.
So, finding closed the desk responsible to sign most of my documents for the exchange during the entire first week before the Orientation and the Language placement Test is not pleasant.
Let's also add my still-not-acquired knowledge about German national holidays, that makes me try to apply during the Day of German Unity, running to get to the offices before offices closing time and finding them all shut. I felt terrible, with all the matters I still ought to manage before the lectures start.
So, I'm a little upset.

Anyway, apart from these traumas, I still reckon there're loads of differences from Italian University system, starting from spaces and places dedicated to students' academic and private time, adding the availability of Staff and Students' Support, pretty affordable living costs and so on. Moreover, if you don't know German, in most cases you'll find someone that can speak English just around the corner - not everybody, of course, but a good percentage of citizens can manage a little English, or even Italian in my case. Speaking of that, it's pretty common to get in touch with other Italians, noticing their home accent at the bus stop and pointing out there's a big Italian community nearby, as well as encountering nationals within the Hostel guests or waiting at Uni offices like you. Pretty fun, to be honest.
All of these things go along with a very fascinating atmosphere, permeating the Altstadt, or Old Town, and many other places.
To close this quick (yeah, for me this is short) post, I can assure you that it's not a case if I came here for Japanese and Asian Studies.
At least I can overheard the discourses between Asians guests in the Kitchen without them knowing. And considering how they've been occupying the stoves in the common room, I don't even feel guilty for it. It's called karma, dearies.
Sooo good! :D *giggles*

Tschüß!

mercoledì 11 settembre 2013

# Chiamata in Attesa #

Le domande mandano a male la gente.
"Ma allora, ci hai parlato con Lui?"
Certo che ci ho parlato. Non sono andata in Brasile a lavorare, divertirmi e basta.
Il punto è vedere, effettivamente, quando posso agire. Non posso tenere in attesa tanto a lungo un simile richiamo.

Mi rendo conto che il mio essere in viaggio persiste e che difficilmente si esaurirà di qui a breve. Chiariamoci, non che mi dispiaccia avere una vita continuamente orientata al movimento. Dovessi fermarmi del tutto, forse, farei prima a morire. (la drasticità fatta frase, n.d.me - vedi anche il post precedente)
L'unica è abituarsi all'idea. Ho progetti, in testa, sulla cui fattibilità mi interrogo. Eppure, in qualche modo, penso finalmente di aver trovato quelli giusti. Dovrò cambiare, per attuarli, cambiare non poco.
Il primo passo si compie con questo anno accademico agli albori, mentre ancora tento di concludere degnamente una sessione finora insoddisfacente. Sia che mi laurei entro il 2014, sia che finisca nel 2015, a tutti gli effetti è l'ultimo anno di studi. Non mi piace l'idea di una carriera accademica, non fa per me. In fondo, ritengo sia piuttosto improbabile che mi venga anche solo proposta da qualcuno, tanto ne sono distante.

Image by Wesley Martinez
Dopo l'esame di venerdì 13 (amo questa data), non avrò a che fare con Ca' Foscari che per questioni burocratiche, un paio d'esami da non frequentante che darò tra un anno e qualche lezione di sfuggita prima della partenza. Sto salutando persone che hanno costituito la mia normalità, nella vita quotidiana e negli ultimi quattro anni. Di questi, chi va oltreoceano, chi lascia, chi si trasferisce per studio in altri luoghi, differenti dalla mia meta.
Il 30 settembre, ufficialmente, partirò per la Germania.
Il mio anno sabbatico.
Per un'espressione simile, non intendo affatto il "tutto pacchia, niente studio" a cui di solito viene associato l'Erasmus dai più. Mi riferisco a un anno in cui il mio obiettivo sarà l'assimilazione di due o più lingue, il raffronto con un diverso ambiente e il tentativo di sopravvivere con le mie forze (e, ahimè, le finanze ancora non del tutto mie).
Niente impegni particolari pregressi, niente associazioni, niente compagnie note, niente di niente.
Altolà! Non vado in clausura, sia chiaro. Vado solo a modificare fortemente il mio stile di vita, si vedrà poi se in maniera temporanea o decisiva. Io, dal mio canto, spero proprio di trovare quell'autonomia e quel distacco da cose e persone di cui ho bisogno, per capire cosa fare di me appena dovrò tornare in patria.
Soprattutto, l'intenzione è di scoprire la strada più adatta per compiere quello che ho in mente, senza danneggiare nessuno, senza più trovarsi a chiedere sostentamento perché questo mondo mi chiede di investire monetariamente sul mio futuro, se voglio anche solo nutrire la speranza di averne uno.

Idee. Quelle cose su cui mi mettono sempre più in guardia i "grandi", perché continuare a illudersi fa male e presto qualche ginocchiata sulla schiena mi arriverà, con il peso della realtà.
Idee. Ce ne sono a iosa, tutte orientate verso un punto preciso.
Ci arriverò. Non so come, non so quando; ma confido che ci arriverò.
E tirerò su quella cornetta.

venerdì 12 luglio 2013

In Viaggio

Presumibilmente, questo è un blog bipolare.
Come il canale video. Va e viene così, a ispirazione. Ma dopotutto, non penso proprio che scrivere debba essere una cosa forzata. Non sono una scrittrice, ne ho avuto la comprova pochi giorni fa davanti a una persona dalla fantasia encomiabile, in grado di creare storie dal nulla in tempi stretti. Io non ne sono in grado. Vado a tratti. Talora mi sfogo per ore, stendendo e correggendo brani, racconti, poesie, robe non altrimenti meglio definibili. Altre volte passano mesi tra una fase di creatività e l'altra.

Morale: non pubblicherò mai nulla, se non mi viene assegnato.
Ragion per cui tesi e ricerche per esami non mi spaventano affatto. Sono parecchio indietro con una tesina da preparare per un esame opzionale, da non frequentante, sul tema del razzismo trans-pacifico tra USA e Giappone. So cosa fare, ma aspetto, sapendo di produrre al meglio quando avrò la mente più libera. Il 13 settembre è ancora distante.
Idem con patate e rucola per un saggio/racconto/concorso svolto il 1° luglio: mi sono presentata a Venezia, sotto antibiotici e in vista di ben due partenze nel giro di dieci giorni per svolgere un tema di matrice Erasmus, solo per competere a livello nazionale con chissà quanti altri pretendenti delle due borse di studio da 500 euro. Il tutto senza preparazione alcuna, senza dizionario, senza alba di possibili tracce subodorate. Così, all'acqua di rose. Finendo poi per scrivere un racconto.

Fatico a capirmi, in senso lato.
Fatico a capire perché a casa non mi sento più a casa.
Fatico a capire perché dico di amare la lettura e la scrittura se, ora come ora, sono fattori parecchio messi al patibolo nel mio immaginario personale.
Fatico a rendermi conto di essere una persona ufficialmente in viaggio, che si sente più a suo agio e più presa in considerazione in ogni luogo tranne che dov'è sempre stata.


Sto notando che, appena prima di partire, non ho il senso della partenza, almeno non in modo così accentuato e non negli ultimi tempi. Ero eccitata all'idea di partire per Shanghai, tre anni fa (oh cielo, son già tre anni), come lo ero prima di tornare in Irlanda per San Patrizio, sempre nel 2010.
Più o meno è da allora che non mi muovo all'estero, escludendo brevi tappe in Slovenia-Austria, alle quali però posso dire di essere in qualche modo abituata. Tagliamo fuori anche quelle due volte che ho accompagnato o sono andata a prendere mia cognata e i bambini in Germania.
Gli ultimi tre anni sono rimasta qui, perdendo come non mai il senso dell'altro. Non dello "straniero" e basta, chiariamoci. Dell'Altro, quello con la A maiuscola. Mi sono man mano atrofizzata nelle relazioni.
Non fosse stato per alcune parentesi che mi hanno smossa, sarei totalmente apatica, a forza di soffocare emozioni non corrisposte o tentativi di approccio verso un qualsiasi prossimo messi a tacere.

Le parentesi in questione mi hanno, per così dire, salvato. Momenti di aggregazione, momenti di confronto, momenti che sono culminati in Campiscuola estivi, di una settimana al colpo tra Giugno e Luglio assieme a X giovani e un centinaio di ragazzi, delle più varie età.
Banale? Mah, per qualcuno forse. Non per me. Non credo siano una dimensione scontata. Vero, faccio animazione in parrocchia e professo un certo Credo. In più, ho aspettato ben più del dovuto per aderire a una simile iniziativa estiva. Ritengo sia un'opportunità da non sprecare, tuttavia. A scanso d'equivoci, finora ne ho fatti tre, uno per estate, dal 2011 incluso. Il primo è sempre il primo, il secondo aveva un che di sospetto nei ragazzi, il terzo... Beh, il terzo è il terzo, forse più del primo.
Non mi sto spiegando, no. Mettiamola così: prima dei Campi del 2011 e del 2012, ero oltremodo preparata, pronta a tutto, mi ero assestata psicologicamente per l'esperienza, tesa peggio di una corda di violino in una composizione di Béla Bartók (oddio, reminiscenze).
Quest'anno no. Niente, ma proprio neanche l'ombra di uno stralcio di consapevolezza del fatto di dover andar su in montagna con 91 ragazzini delle Medie e altri 11 educatori, più Capocampo e Capocasa.
[starò parlando aramaico, per chi non conosce il sistema, ma reggetemi il gioco]
Ciò non vuol dire che non sia andato bene. Anzi, se posso azzardare la combinazione di persone che si era creata penso fosse la più efficiente, efficace e bella degli ultimi anni. Davvero, gente spettacolare che mi ha fatto commuovere come non avrei mai pensato.
Forse le mie percezioni si stanno distorcendo? Chi lo sa. Fatto sta che, anche adesso che sto per partire per il Brasile, con 20 giorni di servizio per la GMG con il Papa e un gruppo di circa 25 giovani da tutta Italia, non mi sembra di essere davvero sulla porta di casa, nuovamente, nel giro di dieci giorni.
Spero sia di buon augurio, come lo è stato per il Campo.

Non so se ho fatto il punto della situazione. Non credo nemmeno il mio obiettivo fosse veramente trovare un punto, sempre che ci sia.
Sono più in crisi per il fatto di dover partire 10 mesi in Erasmus per la Germania che dall'imminente volo transoceanico. In crisi per quel che ho costruito finora, in crisi per quel che lascio in casa e fuori. In crisi per il dubbio che si sta insinuando in me, che mi mette davanti alla possibilità di non essere davvero in grado di vivere da sola.
La prova del nove, insomma. Mi trovo davanti a due occasioni che mi chiariranno una volta per tutte come entrerò nel mondo. E no, considerato cos'ho in testa per il post-lauream, non credo di esagerare. Per nulla.
Spero solo che tutto l'affetto raccolto nell'ultima settimana, a forza di abbracci e nostalgia, non vada perduto, accompagnandomi nei passi successivi.

Crossing fingers.
Até logo!

mercoledì 8 maggio 2013

Soundtrack

« L'orecchio è un punto debole. L'assenza di palpebre ne aggrava una deficienza: sentiamo sempre quello che vorremmo evitare di sentire, e non sentiamo quello che ci serve. Siamo tutti duri d'orecchi, perfino chi ha l'orecchio assoluto. La musica ha anche la funzione di illuderci di dominare il più sgangherato dei sensi. »
Image by ohsoabnormal
Non credo di essere un'esperta in fatto di musica.
Ciò non vuol dire che io non ascolti musica, sostanzialmente direi che mi piace, se non che la amo. Anche se amo è un po' forte, come termine. Ma ne ascolto.
Se si pensa che le due cose vadano a braccetto, tuttavia, immagino si sia in errore. Esiste una vasta terra franca tra l'approfondire nei dettagli qualcosa e appassionarvici. Può essere che si sappia un argomento a menadito e che tuttavia ciò vada contro il nostro gusto personale, come che si riesca ad adorare qualcosa senza saperne definire una mezza caratteristica. Più raramente, alcuni fortunati adorano senza riserve quello che, tra il resto, conoscono fin nei più reconditi meandri.
Siccome, nell'ambito musicale, quest'ultima porzione include un approfondimento tecnico niente male, io preferisco passare il testimone a qualcuno di più motivato della sottoscritta.

A costo di ripetermi, a me la musica piace e arrivo ad adorare determinate melodie, ripetendole tra altoparlanti e auricolari fino allo sfinimento, se sono dell'umore. Ma così, su due piedi, non saprei definire cosa esattamente vado ad ascoltare in questa o quell'altra situazione, quale gruppo mi attira di più per idee, formazione, gossip, storia, eccetera. Probabilmente, queste ultime cose non potrei comunque dire di conoscerle nemmeno con del tempo a disposizione per pensarci.

Per la cronaca, detesto le monografie. Non mi piace spulciare nella storia personale e nelle vicende di tale o tal'altro artista. Idem per registi o attori, non crediate. Ci sono alcune eccezioni (il mondo Disney, se può contare), senza parlare della letteratura, per la quale ho già una conoscenza lievemente più approfondita. Lievemente. Diciamo che monografie letterarie abbreviate possono anche essere sopportate.
Da tutto ciò, ne consegue che non amo raccogliere informazioni su chi suona i brani che ascolto.
Se ascolto la musica non è per sapere chi c'è dietro, non proprio. Io ascolto perchè mi piace, non per una particolare logica intrinseca. Già ci sono troppe cose che necessitano di logica, ogni santo giorno, tutto il giorno. Se devo pure trovare un qualcosa di sensato nelle melodie che mi attirano non vivo più; mi domando come facciano gli altri, è una cosa che personalmente non mi va a genio. Ognuno ha le sue propensioni.

Ho letto, oggi, un libro di Amélie Nothomb. Ho divorato alcune sue opere, su consiglio di un'amica, negli ultimi giorni, libri che esplorano i cunicoli delle azioni, reazioni e relazioni umane. Quello iniziato e concluso in treno questo pomeriggio è "Diario di Rondine". Il protagonista, dopo una delusione sentimentale, decide di annullarsi sensazioni e sentimenti; la sua emotività repressa trova tuttavia sfogo in esperienze ancora non provate, oltre che nell'assassinio. Nella fattispecie, una cosa riesce a smuoverlo, con la sua dimensione reale e non nostalgica che ricrea: la musica dei Radiohead. Tre album in particolare. Il tutto si somma a un particolare incontro di sguardi, prima di una delle sue numerose esecuzioni come sicario.
Non condivido del tutto i gusti, conosco lo stile Radiohead e posso dire che solo alcuni brani mi stuzzicano. Capisco però la sensazione, ebbrezza post-omicidio a parte si intende. E' una scarica non da poco.

Io lavoro per impressioni sensoriali, emotive. Non posso spiegare perché mi piacciono i maçarons piuttosto che i tortini di riso di Tonolo, è così e basta. Dissezionare un sapore o una qualche percezione di senso deteriora l'effetto che ne riesco a trarre. Preferisco bearmi di quello che ho.
Sheldon Cooper mi definirebbe Hippie.
Io, semplicemente, non mi definisco per nulla.
« C'è gente abbastanza sfortunata da trovare l'amore della sua vita, lo scrittore della sua vita, il filosofo della sua vita, ecc. E' ovvio che diventeranno dei rincoglioniti. A me era capitato di peggio: avevo incontrato la musica della mia vita. » 
 { Brani tratti da "Diario di Rondine", Amélie Nothomb }

giovedì 7 marzo 2013

Be Honest (and the world will still carry on rip you off)

Rigorosamente, quasi quattro mesi senza scrivere nel blog.
Ma pazienza (almeno dal mio punto di vista - siete liberi di controbattere)

Di fronte all'onestà di qualcuno, il mondo pare incattivirsi d'istinto. O anche davanti all'intenzionale onestà, ai tentativi per sembrare il più sinceri possibili nonostante nel profondo si abbia il terrore delle conseguenze di un atto rivelatore.
Sì, mò mi ripiglio e mi spiego, tranquilli.

Image by Veronica
Partiamo dal concetto che gli esseri umani sono egoisti da un lato e profondamente autolesionisti dall'altro. Spesso queste due cose vanno a braccetto, checchè se ne dica nei libri d'alta filosofia aulicante.

Mi pare piuttosto ovvio che, se l'attenzione di una persona è concentrata prevalentemente su sé stessa, la maggior parte degli atti di sfogo avvenga nella propria sfera personale. Ciò può includere le persone a stretto contatto con l'interessato/a, ma può anche semplicemente limitarsi al proprio io.
Quindi, rabbia, frustrazione, sentimenti derivati da psicosi varie ed eventuali, delusioni eccetera finiscono per opprimere l'Egoista, che evidentemente se le è meritate.
Esempio pratico (riguardante memedesima, non prendo altri): A differenza delle scorse esperienze, la sottoscritta si sta incazzando con sè stessa e con un particolare soggetto che ha stimolato il mio interesse, senza esprimere granchè a voce alta (se non con pochi eletti a cui va tutta la mia solidarietà e comprensione per l'impresa di sopportazione). Ovviamente, tutta la questione ha caratteristiche di un'egoisticità fuori dal comune, che rasenta la paranoia. Ma essendo che non mi va di esteriorizzare il tutto, mi trovo con una situazione stile guerra-dei-cent'anni tra la parte razionale e quella emozionale del mio cervello, che si trasforma più in una schizofrenia dell'unico neurone rimasto. Il tutto sommato a una serie di altre condizioni che nell'ultima settimana mi hanno mandato a male (stupide alleanze di guerra).
Non sono sicura che l'esempio sia proprio chiaro. By the way...
Spero di aver reso l'idea. In questi casi, l'Egoista ha poche opzioni per cercare una tregua in sè stesso e piantarla con le paranoie:
  1. Farsi curare (da uno molto, molto, molto bravo)
  2. Cercare una clinica che abbia a disposizione delle avanzatissime tecniche di rimozione selettiva della memoria
  3. Trovare qualche altro interesse che sia fonte di rilassamento Zen
  4. Essere onesto una volta per tutte
Escludiamo la seconda, che a parer mio sarà anche stràfica, ma risulta inquietante oltre che poco applicabile.
Se si hanno a disposizione buoni fondi monetari, il primo punto può risultare interessante. Ma siamo in tempo di crisi, quindi nope, non va bene neanche quello.
La terza proposta è allettante, anche se potrebbe condurre a una ricerca sfrenata e altamente stressante di un'alternativa - sono i rischi del mestiere.

Quindi, l'ultima, l'Onestà.
'Na cavolata. Certo, come no.
Andate in giro a sbandierare tutto ciò che vi passa per la mente, Egoistelli belli miei cari. Vedrete come vi rinchiudono di corsa.
Magari non vi internano in un Centro di Igiene Mentale. Ma i rischi sono esponenzialmente più alti in questo caso che nei sovrascritti. Includono buone dosi di coraggio, di self-confidence, di capacità comunicative... di doti nelle quali, insomma, l'Egoista è profondamente carente.

Vogliamo poi discutere dell'utilità dell'essere onesti?
L'Onestà è una virtù che ha valenza solo se anche il contesto in cui si è inseriti è altrettanto schietto e onesto, cosa della quale difficilmente si può essere a conoscenza.
Motivo per cui, l'essere Onesti difficilmente paga. Certo, fa avere molti meno rimorsi di coscienza, ma è più facile che la situazione peggiori, invece di migliorare.
Ragioniamo secondo la Teoria dei Giochi (oh, quanto la amo). Avete mai sentito parlare del "Dilemma del Prigioniero"? Io non ne conosco la dimostrazione scientifica, dato che ho sempre detestato le dimostrazioni (e vengo da uno scientifico, ollalà), né gli aspetti tecnici; però ne riconosco il funzionamento e la logica. La logica è una bella cosa.
Dunque: poniamo di avere il nostro caro Egoista da una parte e la Comunità dall'altra. L'Egoista ha due scelte davanti, ovvero l'Essere Onesto e il Non Essere Onesto. Le stesse scelte può averle la Comunità in cui lui è inserito.
Le possibili situazioni che si possono venire a creare sono quattro:
  1. Sia l'Egoista che la Comunità decidono di Essere Onesti
  2. L'Egoista sceglie di Essere Onesto, la Comunità no
  3. L'Egoista sceglie di Non Essere Onesto, la Comunità
  4. Sia l'Egoista che la Comunità decidono di Non Essere Onesti
Semplici semplici, no? A questo punto, vediamo che conseguenze possono esserci per il nostro Individuo.
Considerando che 5 è l'investimento di rischio che può fare l'Individuo decidendo di essere onesto e che 10 è il beneficio massimo legato all'Onestà, si hanno le seguenti casistiche:
  • Nel primo caso, è molto probabile che l'Individuo tragga il massimo dei benefici dati dall'Onestà bi-parte (+10)
  • Nel secondo caso, invece, essendo che l'unico ad essere Onesto è l'Egoista, questi trae l'esatto opposto del beneficio massimo, quindi ha da perderci tanto quanto ha rischiato (-5)
  • Nel terzo caso, l'Egoista non si espone e, di fronte all'Onestà della Comunità, ne trae un beneficio parziale, che ovviamente non è quello massimo, poiché si esclude il valore del rischio che non è mai stato corso, ma è comunque un fattore positivo (+5)
  • Nel quarto caso, nessuno dei due elementi si espone, quindi non c'è nè beneficio, nè perdita per alcuno - sostanzialmente ognuno nel suo (0)
Un Individuo razionale è più propenso ad evitare quanto più possibile i rischi. Quindi, per lo schema sopra esposto, è molto più probabile che il nostro Egoista preferisca non azzardare per l'Onestà, mantenendosi per il Non Essere Onesto. Se gli va bene, ha un minimo guadagno, altrimenti non ha perso nulla.
Nessuno vorrebbe rimetterci, in simili occasioni, dopotutto.
E anche se non è scientificamente provato, è frequente che la Comunità non sostenga affatto l'Onestà del singolo, andando a suo discapito (che discorsoni).
Quindi, essere Onesti è sconveniente.

Bella storia, eh? Bello sapere che la Sincerità può costar cara nella maggior parte dei casi. Ma un Egoista con pochi problemi di coscienza può passar sopra a questo, è l'attore più oculato.
Chi si espone spesso "paga doppio" e ci ripensa due volte, all'occasione successiva, prima di farsi avanti. Ragion per cui anche i più idealisti finiscono per ammosciarsi, di fronte a questo Mondo che ha dell'infido.

Sì, ho finito. E no, non ho ulteriori spiegazioni per giustificare quanto sopra scritto.
Da che parte mi trovo io?
Ma dalla mia, ovviamente.
P.S.: Siamo a 1000 visite sfondate. ありがとう~!(a.k.a. thanks ♥)