mercoledì 30 luglio 2014

Against feminism? Let's bounce instead

Si sa, la società contemporanea è fatta di stereotipi e pullula di definizioni che tutti danno per scontate.
"Certo che so cosa vuol dire femminismo!", potrebbe dire una Tiziasempronia di circostanza "E' quel movimento che ha lottato per i diritti delle donne anni fa, vero? Ma tanto abbiamo tutti i diritti, ormai! Oggi le femministe sono delle lesbiche represse che odiano gli uomini e vogliono fare strage di bambini obbligando ad accettare l'aborto! E poi io voglio essere trattata come una regina, da un gentiluomo!"
Dicasi anche La sagra dell'esagerazione, Festival del luogo comune o Così parlò l'Adolescente (molto Zarathustriano).

Vero, esistono donne che odiano gli uomini (per amor del cielo, Larsson, non sentirti chiamato in causa). Alcune femministe contemporanee, molto note all'editoria e negli studi accademici, sono anche esponenti di movimenti LGBT.
Inoltre, c'è da dire che la situazione legale e sociopolitica del genere femminile è di gran lunga migliorata negli ultimi quarant'anni, almeno in parte (e sottolineo, in parte) del mondo "occidentale". Si può parlare in relativa libertà e venire quantomeno considerate come individui.
Ma siamo sicuri che il femminismo non serva più? E soprattutto, quanti di coloro che si professano anti-femministi conoscono realmente ciò che stanno criticando.

Io non ho mai avuto un carattere troppo deciso. Forse sono più adatta ad essere un "leone da tastiera", mi sento a mio agio quando si tratta di trascrivere impressioni e sensazioni in via telematica, riassumendole alla bell'e meglio con frasi ad effetto. Il produrre video, negli ultimi anni, ha aiutato non poco.
Ma quantomeno, prima di commentare apertamente e in maniera definitiva un argomento, tento di informarmi a riguardo. Perché, d'accordo o meno che io sia con esso, mi piace conoscere ciò che critico, che vado a sostenere o che magari mi lascia ancora interdetta. Aiuta nel creare un dialogo costruttivo con gli altri.
Nell'ultimo semestre, ho voluto seguire un corso sull'evoluzione delle politiche di Genere, soprattutto nel contesto dell'Asia orientale (difetto professionale), in un'ottica storica e che ha posto le specifiche situazioni di Cina, Corea e Giappone a confronto con l'Europa a noi nota (forse).
Aggiungiamoci l'interesse pregresso verso questioni identitarie e la cornice è completa. Era questione di tempo prima che iniziassi a chiedermi cosa io effettivamente sapessi (e pensassi) a riguardo della condizione femminile. Ho una mia percezione dell'"essere donna"? Mi sento discriminata o privilegiata? E soprattutto, sono di quelle che lotterebbero per ottenere qualcosa di più in una società che, a dire di molti, ormai ha "tutto"?
Ovviamente, rispondere in maniera univoca a queste domande è pressoché impossibile, pur con tutta la convinzione che una persona possa maturare. Nonostante ciò, possono essere degli interrogativi molto stimolanti, per osservare aldilà del sentire comune e rendersi conto che, in fondo, a molte persone la questione interessa solo superficialmente.

Quando si parla di superficialità o di grandi temi portati all'estremo, l'indice si punta automaticamente verso il buon, vecchio Internet. (e certi insigni figuri nostrani ne sanno qualcosa, n'est-ce-pas?)
I Social Network, pur nella loro immensa comodità, sono il veicolo preferito di bufale, fake e critiche a spron battuto preferite da Troll e altre creature fantastiche. Di tanto in tanto, fungono anche da canale attraverso il quale la disinformazione si nutre.
Mi ha lasciato basita la tendenza sempre più frequente a demonizzare e fraintendere i grandi movimenti che ancora oggi tentano di migliorare la società, primo tra tutti il Femminismo. Soprattutto da parte di giovani adolescenti che, ancora, devono scontrarsi con la realtà dei fatti - buona o brutta che sia. Più che giusto avere opinioni fin da ragazzine, per amor del cielo - anzi, mi fa piacere che ci sia dell'interesse a riguardo di questioni di un certo peso. L'unica cosa è badare all'attendibilità delle fonti su cui si basa il proprio "credo" e non finire fuori strada.
Qualche giorno fa, La Repubblica ha pubblicato un articolo sull'iniziativa #womenagainstfeminism, avviata via Tumblr e Facebook, che punta a raccogliere quante più donne possibile sotto l'insegna del "I don't need Feminism". Il mezzo principale è la pubblicazione di foto in cui le sostenitrici reggono dei cartelli dove elencano, punto per punto, i motivi per cui non sono femministe o non vogliono essere a favore del femminismo. La cosa curiosa è che la maggior parte dei contributi proviene da adolescenti, prevalentemente "bianche" (se mi si può concedere la categoria), che non ci pensano due volte a definire il movimento femminista come "full of shit" (cito testuale) senza offrire chiare giustificazioni.
Va bene voler esprimere il proprio pensiero in maniera stringata, ma generalizzazioni di questo genere fanno salire dei brividi non da poco, poichè ignorano molte realtà presenti nella vita quotidiana di molte donne.
Una delle più quotate è l'eterna scelta tra famiglia e lavoro: se hai deciso di dedicarti alla famiglia rinunciando a lavorare, vieni elogiata e/o compatita; se decidi di farti aiutare da terzi e dividere l'onere lavorativo con il partner, sei egoista e non sarai mai una buona madre. Nel trend sopra citato, molte madri o "madri futuribili" ritengono di non doversi sentire sprecate se si dedicano anima e corpo ai figli. Più che giusto, se è frutto di una libera scelta, data da un ambiente che equilibra la presenza femminile con quella maschile nel lavoro quanto tra le mura domestiche. Tremendamente deviato se, invece, il contesto è sfavorevole all'inserimento di una donna nel mercato del lavoro.
A tal proposito vorrei proporre una visita su "The Economist", per dare una letta al suo studio sull'Indice del Soffitto di Vetro (o Glass Ceiling Index), che osserva come le possibilità di avanzamento di una persona in ambito lavorativo o sociale siano spesso influenzate da discriminazioni di natura prevalentemente sessuale (o razziale). In questo caso, The Economist si è concentrato sulle potenzialità delle donne in determinati ambiti (accesso a incarichi di rilievo, differenze salariali e così via) nei Paesi Avanzati i cui dati fossero disponibili, fissando un limite di accettabilità.
E, sorpresa sorpresa, Paesi come Italia, Australia, USA, Regno Unito, Svizzera, Corea e Giappone sono tutti sotto la soglia, con discrepanze non indifferenti tra i due generi riconosciuti. Altre nazioni ritenute all'avanguardia, come Austria, Germania e Canada, sono sopra per pochi decimi.
Alla faccia del "Viviamo in Paesi in cui il problema non esiste più"! Se la percezione è positiva nel proprio piccolo contesto, non vuol dire che su scala nazionale le discriminazioni non esistano, spesso insite nel sistema spesso.
Inoltre, se si scorre un po' con la galleria di immagini Anti-femministe, si può notare come il termine "Femminismo" sia stato brutalmente deviato dal significato originale, soprattutto laddove si professano principi che, in realtà, sono del tutto in linea con le attuali politiche del movimento Femminista (estremismi a parte, si intende). I qualunquismi, insomma, la fanno da padrone, oltre alla realtà dei fatti che, invece, emergerebbe approfondendo un po' la materia.
Però il quesito sull'effettiva utilità del femminismo ai giorni nostri pare ancora poco chiaro, immagino.

Pochi giorni addietro, notando che in bacheca comparivano alcune frasi antifemministe (senza essere ancora a conoscenza di questo Trend ufficiale), ho spulciato un po' in giro e mi sono trovata davanti a quest'altro articolo ("5 Reasons Why So Many People Believe Feminism Hates Men and Why They’re Not True") scritto da Sam Killermann un paio di anni fa, che poi si è andato a sommare a un altro, fattomi notare da una cara amica sulla bacheca della pagina Se Non Ora Quando, scritto da Laurie Penny ("Care donne che non hanno bisogno del femminismo").
Probabilmente sono capitati a fagiolo. Io e la già citata amica - la quale ha scritto un articolo a tema che potete trovare QUI - ci siamo trovate negli scorsi giorni dopo un po' di tempo, in quel di Heidelberg ove ci troviamo tutt'ora, e abbiamo iniziato quasi casualmente a condividere delle opinioni a riguardo, giungendo a conclusioni piuttosto simili.
Ed è nata l'idea di condividere delle foto, in uno stile simile a quelle di Women against Feminism, con cartelli che raccogliessero le nostre motivazioni per essere pro-femminismo. Forse è un modo diretto e troppo sintetico di esporsi. Forse provocherà fastidio in qualcuno, visto che stiamo tentando di diffonderle via Social, più o meno come il Trend antifemminista. Si risponde tramite gli stessi canali per cercare di giungere a conclusioni diverse e creare una pluralità di opinioni, in questo caso - si spera - un po' più informata.
Perché pur parlando di tradizione, di maternità, di non voler essere le vittime e qualsivoglia altro ritornello, l'informazione è fondamentale. E l'essere informati include anche accettare che le Femministe d'estrema parte sono una minoranza, che non tutte ricorrono ad azioni estreme o irrispettose nei confronti degli altri, tanto quanto non tutti gli uomini cercano o desiderano di stuprare una donna, o mancano di rispetto a colleghe di lavoro e partner. Non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, ma serve ammettere che le eccezioni esistono. E purtroppo, la bilancia è squilibrata dalla parte della casistica negativa al maschile. Ciò non toglie che esistano i casi di violenza da donne verso uomini, ci mancherebbe. Potete trovare degli esperimenti sociali su Youtube, a riguardo.
In ogni caso, la realtà mostra ancora una netta disparità tra i due sessi. Il fatto che esista ancora il femminismo ne è una comprova. Non si tratta di moda (sul movimento anti-F, invece, ho le mie riserve), ma di far luce su quanta strada ancora rimanga da percorrere per ottenere una parità di diritti, per poter arrivare a parlare non più di donne e uomini, ma di individui. E ciò vale anche per le distinzioni che vengono fatte verso altri gruppi o "categorie", sia per questioni identitarie, fisiche o di posizione sociale (soprattutto a fronte della crisi).
Se esistono le leggi per proteggere o, come ama rimarcare qualcuno, "prediligere" le donne o determinati gruppi sociali, è perchè la parità non è ancora raggiunta e serve stimolarla. Ciò non vuol dire dover fare a meno di determinati doveri perchè "sei/sono donna", penalizzando invece le categorie maschili. Il vittimismo e la deresponsabilizzazione sono altrettanto nocivi. Serve un operato che vada a pari passo con lo sviluppo di politiche paritarie, sotto tutti i punti di vista, con un'attenzione particolare a non esacerbare ulteriormente la comprensione reciproca tra uomini, donne, cittadini in generale per mezzo dei ben noti e ormai vuoti stereotipi.
Ma siccome, ormai, è mezzanotte passata e i miei argomenti scarseggiano a quest'ora, lascerò che la foto parli da sè e che eventuali dubbi da parte di lettori o simili vengano chiariti in seguito, con una discussione (mi auguro) sufficientemente matura per condividere delle opinioni.
A voi.
"You have to liberate yourself. You have to do the work; no-one else can do it for you." (Goenka)