giovedì 23 gennaio 2014

MemoryTraining - Chapter #01: L'uomo delle noccioline

Fare da portinai ha sempre qualche vantaggio, checché la categoria lavorativa in questione possa subire l'ironia della gente.
Ci sono porte grandi, porte piccole; anonime porte di condomini, porticine variopinte in casette a schiera su modello nordeuropeo; porte del seminterrato, portoni da garage. In qualche parte di mondo, le porte ci sono e non ci sono, con un concetto relativo di spazio e dimensione privata.
Image by Kristin614

Cosa c'entra con il MemoryTraining? C'entra, c'entra.
E con l'Erasmus? Ben poco, ma come ho detto ci sono alcuni arretrati con diritto di precedenza.
Un po' di pazienza, è il flusso di memoria.

Dicevo, i portinai. Hanno un compito gratificante, per quanto riguarda la comunicazione, ma al contempo ingrato, se si bada a dover tener fuori chi è da tener fuori - non sempre un affare facile da sbrigare.

Immaginatevi di essere sulla soglia di uno di quei grandi portoni in ferro battuto, riverniciato per bene con doppia mano di verde bottiglia, che delimita il confine tra il marciapiede di una via minore in una comune metropoli e un cortile di un collegio scolastico - svuotato degli ordinari studenti e riempito di gente all'opera per gruppi che vanno e vengono. Viavai.
Fuori, passanti curiosi come Tangare, messi in fibrillazione dalle variazioni nel loro ambiente abituale.
Bene. Piazzatevi a fare da portinaio qui. Meno restrizioni in entrata, un puro e semplice ruolo interattivo. Semplice, beh, insomma. Ad interpretazione. Aggiungete la vostra incapacità comunicativa, con una differenza di lingua madre e carenza di basi idiomatiche locali.
Mettersi a fugare dubbi e a rispondere a domande in questo contesto è una sfida interessante. Con un po' d'impegno, portinai miei, potreste trovarvi gratificati.
Da che? Ci impariamo la lingua?
Meglio.
Incontriamo personaggi di spicco in borghese senza saperlo?
Meglio, meglio.
Noccioline.
Che?!
Noccioline, sì. Il classico contentino per riempire i buchi nello stomaco.
L'uomo delle noccioline sgranocchia tutto serio davanti a voi, senza far emergere emozioni particolari, oltre a una certa voglia di far passare la noia. Almeno, a voi pare di intravedere una cosa simile sotto la pelle grinzosa. L'intonazione un po' strascicata non vi fa capire tutto quello che dice, imbrogliando l'intuito interpretativo. Cerca di aiutarvi una donnina che lo conosce, con fare paziente più verso lui.
In mano ha un sacchettino di noccioline sudamericane di quelli che paiono presi a sbafo da qualche frigo bar, piccolo, carta blu lucida e stropicciata.
Dopo qualche sbuffo e alcuni discorsi che riuscite a capire solo per un quinto, al massimo due, fa gesto di allungare la mano. Ingenuamente, imitate il movimento senza capire, realizzando a fatica anche quando vi ci versa parte del contenuto del sacchettino. Tentate di dire che non serve, ma un verso dell'uomo vi fa intuire che non le rivuole, quindi ringraziate e sgranocchiate pure voi, mentre lui si siede su una sedia a caso, che avevate messo a tenere il portone e a supporto vostro per gli attimi di moria.
Mentre condividete il premio inatteso con un collega e vi accingete a dare un paio di informazioni a due giovani in cerca di altri, non lo perdete di vista, più incuriositi degli autoctoni. Eppure, quando questo svuota ufficialmente il resto delle noccioline in mano vostra e del collega, manco vi siete resi conto che s'era alzato.
Non si capisce bene come comunichi. Sarà che le noccioline v'hanno traviato e, nonostante siano decisamente salate, addolcito, ma in fondo vi sta simpatico, brontolii e companatico inclusi.
Magari sarà superfluo, incidentale, eccetera. Intanto, l'Uomo delle Noccioline c'è.

MemoryTraining - Chapter #00 (Pilot): Chi&Come

Image by Street_Spirit

Avrei dovuto iniziare a scrivere un diario di Viaggio dall’inizio, mica a quasi quattro mesi da quando sono all’estero.
È una questione di correttezza cronistica e umana. Chiariamoci, non è un obbligo morale o un sommesso tentativo di autocelebrazione, non credo arriverei a tanto. Dovrei sapere assumere toni epici, il che esula vagamente dalle mie competenze. In ogni caso, da quando è iniziato questo capitolo di vita avrei dovuto attribuire il valore adeguato a certi suoi aspetti e a determinate persone.
Cercherò di rimediare.
Non credo sia il caso di fare lunghe descrizioni prolisse di eventi accaduti, anche perché da un certo punto di vista dovrebbe vigere la regola del “Quel che avviene in Erasmus, resta in Erasmus” (le balle, sto raccontando alcuni dettagli vari et eventuali, a chi sa come chiederli). Sì, un Fight Club modalità studentesca che poggia su enormi stereotipi, talmente fantasmagorici che sfidano l’abilità immaginativa dei più azzardati utopisti (con certe basi, quello è da ammettere).
Mi piacerebbe che però la categoria di post che mi accingo a lanciare non si limiti a quest’esperienza. Ho molte cose in arretrato, relative a viaggi e non, che non ho mai diffuso a dovere.
Ci sono persone e fatti che caratterizzano i momenti della nostra vita, i quali possono rientrare nella nostra sfera personale come anche essere semplicemente persone di passaggio, punti di contatto, fraintendimenti, attimi di confusione, soggetti nei quali si individua una linea comune alla nostra, che si perdono di vista in un batter d’occhio, nell’unica intersezione che le linee temporali reciproche possano avere.
Ecco, di questo vorrei parlare. Non sembra molto chiaro, forse. Spero di dissolvere un po’ di dubbi.
Dopotutto, delle pietre vanno pur posate, anche tornando indietro con la memoria. Un valido esercizio per chi, come me, a volte rifiuta di ricordare perché troppo pigro.

E non lasciamola scappare, ‘sta ispirazione.

lunedì 9 dicembre 2013

Chi ha sputato nel piatto di fagioli?

"Sai, avremmo dovuto prendere uno di questi taccuini e fare una specie di diario di bordo, fin dall'inizio."Nel dirmi questo, qualche giorno fa ai Weihnachtsmarkt, la mia coinquilina non aveva tutti i torti.

Sono circa due mesi che non scrivo sul blog. Il mio arrivo qua precede l'ultimo post di una manciata di giorni.
Non è che abbia qualche strano blocco dello scrittore. Ho creato tre racconti in italiano, un testo in giapponese, sto preparando una presentazione in tedesco di cui mi devo prima fare uno script, ho trovato una tematica specifica che probabilmente porterò a Tesi, sto lavorando su due esami da non frequentante e su due papers, ho pronto il canovaccio di un video e ho vari racconti in sospeso.
Mi sono anche premurata di tenere aggiornate un po' di persone - oralmente, via skype, via social.

Sta andando bene. Dico sul serio, anche se faccio fatica ad adattarmi al sistema locale e alla mescolanza di lingue, sto cercando di adattarmi al meglio e il metodo mi piace. Ho alcuni problemi ancora con la burocrazia e con dei corsi in Italia, ma si sistemeranno. Studio e incontro persone. Tante, varie, belle. Raccolgo storie, raccolgo esperienze e caratteri senza i quali questo periodo non sarebbe stato uguale.
Sono passata per Francoforte, Karlsruhe, Mannheim, Stoccarda, Esslingen, i dintorni di Heidelberg oltre alla città stessa.
Mi metto in gioco. Non per questo mi scordo del punto da cui sono partita.
Ho perfino previsto un ritorno a casa per Natale, fuori programma. E ad essere sincera, sono un po' pentita del fatto di rimanerci appena una settimana. Ma mi aspetta un Capodanno con Erika quassù. Mi verranno a trovare altre due persone, nel frattempo, Alessia la prossima settimana e Miriam a Gennaio.

Rimane qualcosa che non va.
Non è il posto. Non è la gente. Non è lo studio.
In sostanza, è una cosa tra quelle che temevo accadessero. Sento di esser stata messa da parte.
Il che è buffo, da un certo punto di vista sono io ad essere partita fregandomene di tutto e tutti, così, per un anno - dieci mesi, quel che è.
In molti si sono raccomandati, "Non scordarti di me, eh!". Seems legit, io mi creo nuovi contatti qui per non essere un'isola, quindi viene automatico pensare che tutto il resto non mi interessi. Lo capisco, davvero. Ciò non giustifica, dall'altra parte, un comportamento analogo. Qualcuno ci scherza sopra, a riguardo - ma normalmente, si tratta di persone che sento regolarmente e che sto apprezzando sempre di più per questo.
Onestamente? Ci sto provando.
Per quanto possa esser dura, non sono in capo al mondo e anche se mi è impossibile esserci fisicamente per certe cose, continuo a pensarci, a farmi venire in mente persone che hanno caratterizzato la mia vita finora, a riti quotidiani e settimanali che non sono più la mia norma e la cui assenza ha sostanzialmente modificato il mio stile di vita in appena due mesi.
Non sarò costante - la vedo dura, tenendo conto di tutti i fattori, è naturale non avere gli stessi riflessi e la stessa prontezza che a "casa". Però almeno ci penso, ci provo. Perchè devo essere solo io a prendere l'iniziativa? Perchè io sono una e gli altri sono tanti, quindi l'una isolatasi dalla massa è quella che deve fare il maggiore sforzo? E ripeto, l'ho fatto.
Tant'è che, comunque, la massa mi ha tenuto in conto per ben poco, facendo emergere probabilmente quei pochi che vogliono ricambiare lo sforzo, per quanto soffrendo la distanza - e a questi pochi, che hanno sopportato papiri via messaggio o via mail, ore infinite di conversazione tramite uno skype che sembra intenzionato a riavviarmi il pc almeno tre volte per sessione, va il più grande e sincero affetto che la mia me delle 3.30 del mattino sia in grado di produrre (vi voglio bene, sappiatelo).
I restanti forse ci hanno provato, ma con così poca convinzione che il tentativo è sfumato nel corso delle prime settimane. Passato ottobre, passata la festa. Basterebbe un messaggio a caso, come fa qualcuno, che lascia delle chicche in giro per le bacheche che apprezzo tantissimo, pur nella loro essenzialità.

Sarà per questo che non nutro un così grande interesse a rendere nota ogni cosa al "pubblico", se c'è mai stato. Se qualcuno vuole davvero sapere per filo e per segno le cose, basta chiedere. Ma anche no, suvvia, cosa pretendiamo. Sono via, quindi ho già dato tutto quello che potevo dare. Non servo mica.
Tanto che me frega, a me. Tanto, son qua pei cazzi miei, se voglio mi devo muovere io. Tanto si sa che è così.
Tanto poi mi abituo, no?
Certo.
Tanto poi mi abituo.
Tanto.

Grazie. Danke. Thanks. Gracias. Obrigada. ありがとう. 谢谢. Merci. 감사합니다. Tapadh leibh.
Spero il senso di sarcasmo riesca a filtrare attraverso tutte queste lingue.