venerdì 31 agosto 2012

Inconsapevolezze Aliene

Onde evitare dubbi, non credo agli Ufo.
Il termine "Alieno" è di matrice latina (straniero, estraneo, di altri) e determina qualcosa a noi esterno, l'altro in senso lato. Alieno è chi non rientra nella nostra sfera personale. Alieno è il diverso. Alieno svolge il ruolo di aggettivo o di sostantivo, sia scritto semplicemente così, che con la desinenza "-zione".
(*Disattivazione Modalità Linguista*)

Diamoci una regolata. Sì, dico a te, mio caro Difetto Professionale. Sto perdendo il filo, per colpa tua.
Dicevo, il titolo non c'entra assolutamente un tubo con l'argomento che balugina nella mia testa, anche perché sarebbe stupido parlare di un argomento che non ritengo sia un problema. Cionondimeno, non diate per scontato che io parli di un problema solo perché l'ho detto nella frase precedente. Né che non debba per forza farlo.
Mi sto incasinando da sola, sì. Non mi piace avere urla di bambini per tutta la casa, è una condizione che incide non poco sulla mia coerenza esplicativa. Come penso capiti a chiunque.
Ergo, ignorate le precedenti righe.
Definizione di Alieno a parte, se non vi secca.

Image by milk.milk
Credo fosse Marx ad aver nominato l'Alienazione umana, in ambito lavorativo. Ma siccome ora come ora non ricordo granché delle classi di Filosofia fatte durante il liceo (credo di avere un buco nero, nell'archivio mentale), non vedo perché dovrei tirarlo in ballo.
Dopotutto, non devo nemmeno approfondire le tematiche "lavoro" o "società".
La mia è una questione molto, molto più personale.

Per riprendere il solito fattore Studio - nel caso non si sia ancora capito quanto mi stia a cuore in questi giorni - si stanno verificando circostanze curiose, entro le pareti cerebrali.
Ho iniziato prima di quanto abbia mai fatto, con ripasso, schemi, colloqui da me stessa a me stessa simulando esami orali che mai si verificheranno in maniera così spigliata. Diciamo pure che è più di un mese che sto dietro a tutto. Sono riuscita a mettermi per almeno due ore sui libri anche a ferragosto - sono stata parecchio produttiva, in quei giorni.
Il problema - sì, avevo già intenzione di parlare di un problema - è iniziato ad emergere all'alba della scorsa settimana. Meno due settimane agli esami. Il comune animale universitario, in tale familiare habitat, ci darebbe dentro con lo studio. Io ho principiato invece una lenta, inesorabile discesa. Non sono mai riuscita a studiare per più di quattro, cinque ore al giorno. Per i miei standard, è poco. Soprattutto visto che ci sono sul piatto due esami pesanti e in svolgimento nelle medesime date: suicidio puro, mai più ridursi così - Last Famous Words, già fatto lo stesso l'anno scorso, due volte, con lo stesso proposito di irripetibilità.
Cosa intendo, con tutto ciò?
Le nozioni ci sono. Ho visto almeno una volta, se non più, ogni argomento trattabile, eccetto un paio di discorsi da orale che posso mettere su in cinque minuti (e che quindi, giustamente, saranno piazzati all'ultimo). Vedo le cose e so che ci sono, archiviate da qualche parte. Solo che non mi pare siano mie.
Riesco a riconoscere tutto, ma non a essere la persona che sa.
Oh cielo, non lo so spiegare meglio. Pare quasi mi stia alienando dalla mia testa. Sono qui, ma sono altrove. Penso a tutto e nulla. Avrò guardato chissà quante volte i fogli sparsi sulla mia scrivania. Negli ultimi giorni sono stata su una media di ore che oscilla dalle due alle tre. Facezie, quisquilie e pinzillacchere.
Non servono a far nulla, eppure non riesco ad incrementarle. Potrei esservi intenta ora, ma sono alla tastiera.

Oh, io non mi capisco più. Non che sia andata molto bene in precedenza, ma davvero, prima arriva il 6 Settembre, meglio è. Possibilmente con 24 crediti in tasca e una domanda di laurea.
Askarrabbadd.

mercoledì 29 agosto 2012

Archive-mode: ON

Partiamo col dire che mi sono trattenuta, ieri, dallo scrivere. Volevo sfatare il mito del martedì, precedentemente citato.
Indi per cui, procediamo con ciò che si sta sviluppando entro i miei personalissimi e quantomai solitari neuroni, sommersi da un'ondata di piena fatta di kanji e giapponesate varie. O almeno, dovrebbero esserlo.
Ad ognuno capitano periodi NO. Con la enne e la o maiuscole. Quelli in cui non si trova nulla che gira come dovrebbe, umore a parte - il suddetto, di suo, turnica fin troppo.

Esempio pratico: io in questo momento dovrei preparare non uno ma ben due esami di lingua, gli ultimi della triennale. Tali imprese mi vedranno impegnata martedì 4 (e qui spero bene che la produttività del martedì non m'abbandoni) negli scritti, per un totale di 4 ore e mezza consecutive - immaginatevi quanto stia ballonzolando dalla giuoia - , nonché il successivo giorno 5 (salvo prolungamento al 6, Dio non voglia) con gli orali, sperando di aver superato i primi - altrimenti, ciccia.
Ora, l'appello è alle 9 del mattino. Una goduria, considerato che il treno il quale da schedule comunemente dovrebbe arrivare entro un orario decente per portarmi a Venezia è, quasi sempre, in ritardo. Il che, per la sottoscritta, significa, per due mattine consecutive, se non tre, prendere il precedente treno poco dopo le 6, con capolinea a Santa Lucia per le 7.30 circa. Ergo, sveglia come minimo alle ore 4.30 (se non prima), dati i seguenti fattori onnipresenti:
- ansia pre-esame

- studio matto e disperatissimo, ridotto, dell'ultimo minuto, con occhiaie che la depressione del Mar Morto è nulla a confronto

- colazione a tea&coffee (quest'ultimo come new entry universitario-estiva)
- restauro in bagno per poter andare all'appello in condizioni quantomeno definibili come "accettabili", considerato il preesistente Barbon-style tipico da periodo-studio
- rituali di auto-convincimento per sconfiggere la tentazione di tornare ad appallottolarsi sotto le coperte, mandando a fancu a quel paese Università e affini
- recupero dell'auto con concerto di galli ultra-mattinieri e tragitto fin in stazione

Ovviamente, questa è l'opzione con biglietti già acquistati il giorno precedente. Anche perché, con lo sportello non ancora aperto, nonché bar ed edicola chiusi per turno, più controllori di pessimo umore vista la levataccia, sarebbe un azzardo poco intelligente.,
Si capisce che, con questa bella prospettiva, anche le migliori intenzioni finiscano per frantumarsi. Aggiungiamoci anche pensieri d'altra sorta e la preparazione agli esami sarà frammentata peggio del mio sonno sotto stress - ho una media di due-tre ore filate a notte, da aggiungere a svariati dormiveglia.
Io ci sto provando, davvero, a crearmi questo benedetto archivio linguistico. Solo che il mio omino bibliotecario, impiegato per simili faccende nella mia testa, al momento sta smaltendo un folto traffico derivato dall'ambito relazionale. Perché sì, finalmente s'è deciso a eliminare un certo interesse personale con il mega distruggi-documenti *alzerei un corale "Halleluja"*.
Oserei dire che era ora, ma ero pure io a dovergli dare le motivazioni adatte a compiere tale operazione. Quindi me la sono un tantino cercata.
E mentre la mente naviga, saggiando opportunità future ancora incerte, la mia voglia di fare cala drasticamente, in preda a fantasie, ambizioni, progetti, dubbi esistenziali e un qui-pro-quo di immagini.

Ho bisogno di ferie. Ferie vere, però.
Non amo
Chi sono, ciò che sembro. È stato tutto
Un qui pro quo
 {Eugenio Montale, Ossi di Seppia}