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mercoledì 23 dicembre 2015

Procrastinare [dal lat. procrastinare, der. di crastĭnus, agg. di cras «domani»]

procrastinare v. tr. [dal lat. procrastinare, der. di crastĭnus, agg. di cras «domani», col pref. pro-] (io procràstino, ecc.), letter. – Differire, rinviare da un giorno a un altro, dall'oggi al domani, allo scopo di guadagnare tempo o addirittura con l’intenzione di non fare quello che si dovrebbe: p. il pagamento; p. una riunione, un impegno; continua a p. la partenza. Spesso con uso assol.: io insisto a sollecitarlo, ma lui procrastina sempre; la civiltà asburgica … procrastinava e rimandava per sopravvivere (Claudio Magris).
(Dall'Enciclopedia Treccani Online) 
Stop Procrastinating
Image by Tom Podolec @ Flickr
Sono giusto passati sei mesi dalla precedente pubblicazione.
E non ho ripreso a pensare al Blog solo perché ieri mi è stato chiesto come mai avessi segnalato un'esperienza da Blogger in un colloquio. No, no.
Come non sto assolutamente scrivendo il presente post per comunicare qualsivoglia buona volontà ai selezionatori - ma in caso qualcuno di competenza si fosse preso/a la briga di cercarmi e leggere: "Saaaaalve, sono una persona che non pubblica da un sacco e si è sentita in colpa per aver continuamente rimandato i propri impegni online".
A-HEM.

Dicevo.
Da un po' pensavo di scrivere. Come da un po' mi ero ripromessa di riprendere in mano racconti, romanzi incompiuti, libri accumulati compulsivamente in camera, canovacci e idee per nuovi video, e via dicendo. Chissà, probabilmente una parte di me sperava di aver talmente tartassato nuovi possibili datori di lavoro che propongono opportunità da sogno, da essermi guadagnata un vero impiego - del tipo "Basta, abbiamo capito! Ti facciamo lavorare, girando il mondo -magari spedendoti in Giappone-, scrivendo e facendo la bella vita, ok?!" (par vera, N.d.Me)

Però nada. Niet.
Non mi è caduta la soluzione dal cielo mentre mi perdevo a girare a piedi o in auto, nè quando mi sono spaparanzata sul divano a rivedere per l'ennesima volta Scrubs o a scoprire i piaceri di Netflix (la frase è altamente ambigua, ma ce piace *neeeeetfliiiiix*).
E ieri un Articolo dell'amatissimo Huffington Post mi ha illuminato, assieme al pieno delle mie potenzialità. Mi ha messo davanti al viziaccio di procrastinare, che tanto mi è familiare.
Perchè io le buone intenzioni per riuscire ad avere successo e raggiungere i miei obiettivi le avrei anche, come le capacità, probabilmente. L'ennesima conferma (fosse la prima) che finchè non mi si dice l'ovvio, con veemenza, faccio orecchie da mercante e fingo che ci sia ancora, continuamente tempo. Lo continuo a fare pure quando me lo dicono, tanto ci sono abituata. Come nella vita personale, negli affetti, a suon di "Tanto se ne accorgerà, tanto verrà fuori". Come con tutto.
Avrei  tanti progetti, tutti fattibili. In particolare, cinque strade si sono evidenziate avanti a me, alle quali dovrei aggiungere una cosa che rimane in sospeso dalla GMG in Brasile e con cui, prima o poi, dovrò fare i conti - seriamente.

Non è che quest'anno abbia oziato, a mia discolpa. Ho perso cognizione dello scorrere del tempo, più che altro, e il domani è rimasto sempre domani. E visto che siamo a fine 2015, un rendiconto annuale pare appropriato.

Che ho combinato, in fondo, quest'anno?

Ho dato un ultimo esame di lingua, a gennaio, studiando a malapena (ora lo posso dire con serenità, ho cazzeggiato alquanto sotto le scorse feste natalizie) e tergiversando sulla tesi, scritta sotto pressione in poco tempo - e ciononostante mi è riuscita a entusiasmare e motivare ugualmente. Nel frattempo ho seguito una scenetta teatrale per una festa foraniale, insieme alla programmazione di un gruppo medie vivace.
Mi sono laureata a marzo, ho messo una pietra sopra a una persona (in senso figurato, purtroppo non avevo una gru a disposizione - dammit) e la settimana successiva ho iniziato i colloqui per Expo, andati a buon fine non senza poche tribolazioni.
In quel del 27 Aprile, ho preso baracca e burattini e la mattina dopo ero a Milano, senza casa (è d'obbligo un altarino ad Alessandra, che, nel mio peregrinare, mi ha ospitato tre settimane aggratis in appartamento - subendosi pure un mio pianto isterico in pubblico, a Porta Venezia), senza soldi (letteralmente, me ne hanno mandati una manciata la settimana dopo), senza idea di quello che, esattamente, stessi facendo con la mia vita (no, seriamente).
Io e Alisa, provvidenzialmente in città per un lavoro, abbiamo trovato poi una stanza in comune a metà Maggio, con un caso umano che vagava per il resto della casa (cose che i rinomati CDM sono nulla a confronto) e una vaga idea di come vivere in autonomia, programmandoci assieme.

L'arrivo dello stipendio di Giugno e il cambio di contratto mi hanno rinvigorito, con tanto di spedizioni presso la filiale competente di Manpower, per capire meglio condizioni e cedolini (unitamente a ricerche online), che manco i rappresentanti sindacali rompono tanto le balle - non a caso, ho assunto la seconda identità di "Larapedia - ovvero: a chi chiediamo chiarimenti burocratici se manco quelli dell'agenzia sanno un cazzo". Potrei mettere su uno sportello informativo, tanto per dire.
Comunque, ho promesso di andare a trovare gente nei dintorni di Milano, finendo solo per trovarmi con un cugino a Expo e far visita a un paio di zii, a dire tanto. Mi son fatta una puntata al lago con qualche collega, in compenso, più "seratone" che mai in vita mia (circa, dai, escludiamo l'Erasmus che sennò il metro mi si sfasa - tanto non saprete mai, muhaha). Ho preso familiarità con espressioni sull'onda di "Apericena".
Con Alisa, Jessica (pure lei ad Expo) ed Elisaveta mi sono iscritta alla Color Run di Settembre, partecipando a scanso della mia incapacità di correre - ma dovete capirmi, io ero lì per le polverine colorate (e aridaje coi frantendimenti).

Ho rinforzato le mie convinzioni femministe, articolandole il più possibile.
Ho praticamente svenduto cose che manco conoscevo, prima di questo lavoro - c'avrei una carriera da International Commerce manager, qua, veh.
Ho sviluppato capacità dialettiche che non pensavo di avere, in lingue che pensavo di non utilizzare fino a questo punto.
Mi sono, quindi, affermata come giovine donna indipendente (seppur non benestante), che non ha bisogno di nessuno, tantomeno di un uom- mmmaporcomondo, e ti pareva, tempismo del menga.
Ho perso dieci chili (di cui tre recuperati negli ultimi tre mesi), senza fare una vera e propria dieta. Ho iniziato ad apprezzare il mio corpo a prescindere da come appare.
Ho incontrato persone, colleghi, amici con cui sentirò un legame vita natural durante.

Mi sono lanciata in una tre giorni in fiera senza alba di come fosse fatto l'ambiente cinofilo ivi rappresentato.
Mi sono decisa, con Jessica, ad organizzare un viaggio per alcune città d'Europa, realizzato a Novembre, tentando di esprimere lo spirito girovago che in tante persone ho incontrato - e che manca, ancora, dell'istinto di osare l'estremo.
In tale contesto, ho letto gli effetti del terrorismo negli occhi di una metropoli come Parigi - ma questo è un discorso da sviluppare a parte.
Mi sono lasciata scoraggiare dalle circostanze, più di una volta.
Ciononostante, ho compilato gli estremi d una candidatura che, semmai andasse a buon fine, potrebbe davvero rivoluzionare la mia vita, come poche altre cose. E se non andasse...

Insomma, è complicato.
Il rapporto di quest'anno è di certo complesso. Continuo a rimuginarci all'infinito. Potrei fare migliaia di racconti con tutti i film mentali che mi sono creata a riguardo delle varie probabilità, su quel che sarebbe o non sarebbe potuto accadere. Sulle scelte fatte e non andate, su quelle proprio mai fatte.
E il bello è che manca ancora una settimana.
Una settimana in cui continuerò a procrastinare tutte le decisioni qui sopra non elencate e che ho lasciato in sospeso. 
Perchè in fondo, domani è sempre meglio di oggi.
...
No?

martedì 9 dicembre 2014

"Not a Monologue", or "A Dialogue with myself"

Quando si rimugina per troppo tempo sul da farsi o si procrastinano gli impegni all'infinito, è naturale trovarsi in una posizione di conflitto.
Nel mio caso, tuttavia, devo ancora capire perchè mi trovi ad avere ospiti indesiderati in camera ogni qual volta stia passando un periodo di crisi. Come se già non avessi evidenti problemi con l'Universo.

*Rimane davanti alla porta per qualche secondo, prima di entrare nella stanza*
- (tono esasperato) Non puoi essere di nuovo qua.
*la figura si rotola sulla schiena, per portarsi a pancia in giù sul letto che ha occupato*
 A me pare di sì. (sorride sorniona, puntellandosi coi gomiti sulla trapunta)
- No, invece. Gli accordi erano che te ne saresti stata buona buona all'incrocio tra il Plöck e Sophienstrasse.
 Evidentemente sono decaduti i termini contrattuali.
- Oh, non ci provare!
 Ci ho già provato e ci sono riuscita. Problems?
- Tanti problems. Soprattutto visto che sei una proiezione...
 ...Mentale del tuo io digitale?
- SHUSH! Una proiezione di me stessa, solo con 20 chili in meno e molta più presunzione!
 Se lo dici tu. (fa spallucce) Ti ricordo che le mie caratteristiche sono uguali alle tue. Eccetto l'avvenenza, quella è farina del mio sacco, ovvero della tua testa.
*Lara si massaggia le tempie, guardando l'Altra in tralice e sedendosi a cavalcioni della sedia accostata alla scrivania*
- Ascolta, capisco che noi si abbia avuto delle divergenze e che tu ritenga opportuno porre rimedio a ogni singolo dettaglio della mia vita, per ripicca o meno che sia...
 Stavolta ti ho anche fatto uno schemino. (solleva un foglio pieno di appunti e diagrammi)
- (prende un profondo respiro) ...Ed è molto premuroso da parte tua, lo apprezzo. Ma potresti evitare di comparire quando avrei altre cose da fare?
 Ti devo ricordare che fai tutto da sola e che, tecnicamente, i sintomi di questo comportamento sono associabili alla schizofrenia?
- Quel che è. Sparisci e basta, prenditi una vacanza, vatti a fare un giro su tutti quei mondi che ci siamo create assieme, scrivi post inutili sul web, infesta Tumblr. Come ti pare. Basta che mi lasci in pace, una buona volta.
*L'Altra inclina la testa, pensierosa, sospirando e annuendo mentre contempla il soffitto*
 Naaah. Passo. Perseguitarti è divertente!
- Ci avrei giurato.
 A tal proposito, che ne è della Questione Universitaria?
- Potresti essere un po' più specifica?
 Ma lo sono stata. LA Questione.
- Ah. Quella.
 Ah-ha.
- Sì. Beh, ecco, è annullata.
 Molto maturo da parte tua.
- Senti, ho passato un anno in Germania, manca un esame e poi di finire la Tesi. Mi pare un po' tardi, ormai.
 Certo. Come no.
- Non è che qualcuno mi abbia obbligata.
 Ovviamente. E dell'esame di domenica che mi dici?
- Sul serio? Cerchi per caso di farmi venire più dubbi di quanti già ne abbia?
 Mbeh, che ti aspettavi.
- Quell'esame è andato e neanche male, direi.
 Disse lei basandosi sul Potere della Botta di Culo, per gli amici PBC.
- Oh, piantala! Le cose le ho capite, è quello l'importante!
 Com'è importante rispettare le scadenze che ci si prefigge.
- Ti prego, no.
 Sì, invece. A Settembre pensavi di aver già finito con la tesi, a quest'ora. E invece stai ancora lavorando al primo capitolo.
- E' stato un periodo difficile.
 Lo è stato per tutti, non tirarti fuori solo perchè negli ultimi mesi non vedi altri che te stessa,
- Questo non è vero.
 Ah no? Quanto hai legato con i ragazzi del tuo gruppo? O gli educatori?
- Ci sto lavorando, dovresti smetterla di farmi pressione. Non è che rimedio dall'oggi al domani.
 Se ci aggiungo anche altri rapporti interpersonali, mi rispondi allo stesso modo?
- Dio, ma tu non ti stanchi mai.
 Mi ricarico sulla tua ansia, che ci vuoi fare.
- Anche lì ci sto lavorando, ma mi pare di esser messa bene con gli amici.
 Ma certo. Sei stata apertissima e disponibilissima, in fondo.
- Avverto una nota di sarcasmo, ma non vedo i sarcasmini fluttuarti attorno.
 Sì, scusa, avrei dovuto dirti che si sono presi una settimana di pausa.
- Una settimana?! e io che faccio?
 Affari tuoi, io ce l'ho come impostazione di default.
- Se l'hai tu, dovrò averlo pure io da qualche parte.
 Sì, ma senza i sarcasmini la vedo dura accederci.
- Bbboia vacca.
 Piccola Scaricatrice di Porto, non deviare dagli argomenti importanti. Non mi riferivo solo agli amici.
- Non ti riferisci mai solo a loro.
 Sarebbe troppo comodo non stuzzicarti a riguardo.
- Sorvoliamo.
 Certo, sorvoliamo e osserviamo il panorama.
- Altra me, NO.
 Essì. Ti dovrai pur decidere, una buona volta, per chiarire i tuoi sentimenti.
- Nope.
 Guarda che a sfogarti sul cibo e fingere di disinteressarti non risolvi nulla.
- La cioccolata mi ama, almeno.
 Ma ti amo anch'io!
- Balle.
 Sei tu che non credi di potermi amare.
- Non sono Narciso.
 Ti sarebbe utile, invece, L'amor proprio è una gran cosa, senza arrivare a casi Coxiani si intende.
- Stai iniziando a citare Scrubs? Mi pare che l'ultima volta avessi fatto mille storie per intimarmi a smetterla.
 Che ci vuoi fare, sono pur sempre te!
- Non ci capisco più nulla.
 Perchè continui a sviare dagli argomenti topici di questo conflitto interiore antropomorfizzato. La questione è: quanto e come vuoi essere felice?
- Una domanda cui si può rispondere in maniera assolutamente univoca.
 Fai la seria.
- Te non lo sei.
 Io sono sempre seria, solo che uso chiavi espressive diverse dalle tue.
- Fai troppe domande, altro che chiavi espressive.
 Che male c'è?
- In cosa?
 Nelle domande.
- La loro stessa natura è un problema. L'esistenza delle domande esistenziali e di vita è un problema. TU sei un problema.
 Perchè?
- No, pure i perchè no, adesso.
 Why not?
- Perchè no, Perchè non voglio.
 ...Perchè?
- Perchè evitare di pensare posticipa il problema permettendomi di concentrarmi su altro.
 Perchè dovresti pensare ad altro?
- Perchè ne uscirei matta.
 Perchè? Sono fatti normali, di vita. Credi che gli altri ne siano esenti?
- No, certo che no, ma devo pur pensare alla mia salvaguardia.
 Ma se sei qui di fronte a me, vuol dire che non stai ottenendo dei risultati soddisfacenti, con questa tecnica.
- Touché.
*Lara si sdraia sul letto assieme all'Altra*
- Non posso semplicemente rimandare?
 In questo modo, mi costringi a ripresentarmi più spesso, però.
- Chissà. Magari sto bene così.
 Allora mi vuoi almeno un po' bene.
- Appena. Ma non montarti la testa.

- 'Till the next time -

giovedì 7 marzo 2013

Be Honest (and the world will still carry on rip you off)

Rigorosamente, quasi quattro mesi senza scrivere nel blog.
Ma pazienza (almeno dal mio punto di vista - siete liberi di controbattere)

Di fronte all'onestà di qualcuno, il mondo pare incattivirsi d'istinto. O anche davanti all'intenzionale onestà, ai tentativi per sembrare il più sinceri possibili nonostante nel profondo si abbia il terrore delle conseguenze di un atto rivelatore.
Sì, mò mi ripiglio e mi spiego, tranquilli.

Image by Veronica
Partiamo dal concetto che gli esseri umani sono egoisti da un lato e profondamente autolesionisti dall'altro. Spesso queste due cose vanno a braccetto, checchè se ne dica nei libri d'alta filosofia aulicante.

Mi pare piuttosto ovvio che, se l'attenzione di una persona è concentrata prevalentemente su sé stessa, la maggior parte degli atti di sfogo avvenga nella propria sfera personale. Ciò può includere le persone a stretto contatto con l'interessato/a, ma può anche semplicemente limitarsi al proprio io.
Quindi, rabbia, frustrazione, sentimenti derivati da psicosi varie ed eventuali, delusioni eccetera finiscono per opprimere l'Egoista, che evidentemente se le è meritate.
Esempio pratico (riguardante memedesima, non prendo altri): A differenza delle scorse esperienze, la sottoscritta si sta incazzando con sè stessa e con un particolare soggetto che ha stimolato il mio interesse, senza esprimere granchè a voce alta (se non con pochi eletti a cui va tutta la mia solidarietà e comprensione per l'impresa di sopportazione). Ovviamente, tutta la questione ha caratteristiche di un'egoisticità fuori dal comune, che rasenta la paranoia. Ma essendo che non mi va di esteriorizzare il tutto, mi trovo con una situazione stile guerra-dei-cent'anni tra la parte razionale e quella emozionale del mio cervello, che si trasforma più in una schizofrenia dell'unico neurone rimasto. Il tutto sommato a una serie di altre condizioni che nell'ultima settimana mi hanno mandato a male (stupide alleanze di guerra).
Non sono sicura che l'esempio sia proprio chiaro. By the way...
Spero di aver reso l'idea. In questi casi, l'Egoista ha poche opzioni per cercare una tregua in sè stesso e piantarla con le paranoie:
  1. Farsi curare (da uno molto, molto, molto bravo)
  2. Cercare una clinica che abbia a disposizione delle avanzatissime tecniche di rimozione selettiva della memoria
  3. Trovare qualche altro interesse che sia fonte di rilassamento Zen
  4. Essere onesto una volta per tutte
Escludiamo la seconda, che a parer mio sarà anche stràfica, ma risulta inquietante oltre che poco applicabile.
Se si hanno a disposizione buoni fondi monetari, il primo punto può risultare interessante. Ma siamo in tempo di crisi, quindi nope, non va bene neanche quello.
La terza proposta è allettante, anche se potrebbe condurre a una ricerca sfrenata e altamente stressante di un'alternativa - sono i rischi del mestiere.

Quindi, l'ultima, l'Onestà.
'Na cavolata. Certo, come no.
Andate in giro a sbandierare tutto ciò che vi passa per la mente, Egoistelli belli miei cari. Vedrete come vi rinchiudono di corsa.
Magari non vi internano in un Centro di Igiene Mentale. Ma i rischi sono esponenzialmente più alti in questo caso che nei sovrascritti. Includono buone dosi di coraggio, di self-confidence, di capacità comunicative... di doti nelle quali, insomma, l'Egoista è profondamente carente.

Vogliamo poi discutere dell'utilità dell'essere onesti?
L'Onestà è una virtù che ha valenza solo se anche il contesto in cui si è inseriti è altrettanto schietto e onesto, cosa della quale difficilmente si può essere a conoscenza.
Motivo per cui, l'essere Onesti difficilmente paga. Certo, fa avere molti meno rimorsi di coscienza, ma è più facile che la situazione peggiori, invece di migliorare.
Ragioniamo secondo la Teoria dei Giochi (oh, quanto la amo). Avete mai sentito parlare del "Dilemma del Prigioniero"? Io non ne conosco la dimostrazione scientifica, dato che ho sempre detestato le dimostrazioni (e vengo da uno scientifico, ollalà), né gli aspetti tecnici; però ne riconosco il funzionamento e la logica. La logica è una bella cosa.
Dunque: poniamo di avere il nostro caro Egoista da una parte e la Comunità dall'altra. L'Egoista ha due scelte davanti, ovvero l'Essere Onesto e il Non Essere Onesto. Le stesse scelte può averle la Comunità in cui lui è inserito.
Le possibili situazioni che si possono venire a creare sono quattro:
  1. Sia l'Egoista che la Comunità decidono di Essere Onesti
  2. L'Egoista sceglie di Essere Onesto, la Comunità no
  3. L'Egoista sceglie di Non Essere Onesto, la Comunità
  4. Sia l'Egoista che la Comunità decidono di Non Essere Onesti
Semplici semplici, no? A questo punto, vediamo che conseguenze possono esserci per il nostro Individuo.
Considerando che 5 è l'investimento di rischio che può fare l'Individuo decidendo di essere onesto e che 10 è il beneficio massimo legato all'Onestà, si hanno le seguenti casistiche:
  • Nel primo caso, è molto probabile che l'Individuo tragga il massimo dei benefici dati dall'Onestà bi-parte (+10)
  • Nel secondo caso, invece, essendo che l'unico ad essere Onesto è l'Egoista, questi trae l'esatto opposto del beneficio massimo, quindi ha da perderci tanto quanto ha rischiato (-5)
  • Nel terzo caso, l'Egoista non si espone e, di fronte all'Onestà della Comunità, ne trae un beneficio parziale, che ovviamente non è quello massimo, poiché si esclude il valore del rischio che non è mai stato corso, ma è comunque un fattore positivo (+5)
  • Nel quarto caso, nessuno dei due elementi si espone, quindi non c'è nè beneficio, nè perdita per alcuno - sostanzialmente ognuno nel suo (0)
Un Individuo razionale è più propenso ad evitare quanto più possibile i rischi. Quindi, per lo schema sopra esposto, è molto più probabile che il nostro Egoista preferisca non azzardare per l'Onestà, mantenendosi per il Non Essere Onesto. Se gli va bene, ha un minimo guadagno, altrimenti non ha perso nulla.
Nessuno vorrebbe rimetterci, in simili occasioni, dopotutto.
E anche se non è scientificamente provato, è frequente che la Comunità non sostenga affatto l'Onestà del singolo, andando a suo discapito (che discorsoni).
Quindi, essere Onesti è sconveniente.

Bella storia, eh? Bello sapere che la Sincerità può costar cara nella maggior parte dei casi. Ma un Egoista con pochi problemi di coscienza può passar sopra a questo, è l'attore più oculato.
Chi si espone spesso "paga doppio" e ci ripensa due volte, all'occasione successiva, prima di farsi avanti. Ragion per cui anche i più idealisti finiscono per ammosciarsi, di fronte a questo Mondo che ha dell'infido.

Sì, ho finito. E no, non ho ulteriori spiegazioni per giustificare quanto sopra scritto.
Da che parte mi trovo io?
Ma dalla mia, ovviamente.
P.S.: Siamo a 1000 visite sfondate. ありがとう~!(a.k.a. thanks ♥)

mercoledì 12 settembre 2012

Fratture

Quando ci riferiamo alle relazioni umane, spesso la terminologia medica torna utile.
Chiariamoci, io l'ho sempre detestata. Ciò non esclude che io possa apprezzare chi riesce ad averci a che fare; diciamo solo che esiste un'incompatibilità latente tra me e l'anatomia umana.
In ogni caso, è palese che determinate espressioni derivate dalla medicina siano nel linguaggio di tutti i giorni, anche perché ci sono continui parallelismi soprattutto tra le menomazioni della società e quelle dell'uomo - che sia il termine più corretto, poi?

Ad esempio, "influenza" è una parola valida sia per il ben noto virus invernale, sia per l'effetto contagioso di una cosa su un'altra. Ecco, nella mia frase emerge pure "contagio".
Quindi, non c'è da stupirsi che "frattura" venga usato non solo quando un osso va a rompersi, per i più svariati motivi - da una caduta in sessione d'allenamento a una carica di fan accaniti dell'ultimo idolo adolescenziale. Esiste anche come rottura di un qualche solido, oppure nella separazione di un dittongo - detta anche "frangimento", in tal caso (vi prego, fermatemi prima che continui).

image by Jrtippins
Se devo essere onesta, nessuna di queste interpretazioni - difetto da linguista incluso - ha a che fare con la prima cosa su cui si concentra la mia testa se penso alla parola frattura.
Subentra la mia concezione psicologica umana, in questo caso. Se dico "frattura", penso a quando una persona è danneggiata, dal di dentro; mi viene in mente il rumore che un'ipotetica lampadina nella nostra testa, sottoposta a una carica troppo forte di energia, possa produrre in uno scoppio. Focalizzo la dimensione emotiva di una rottura, definitiva o meno, in un rapporto tra due o più persone.
Non sempre ne individuo la causa. Innanzitutto, perché è difficilmente chiaro da dove sia partita la crepa decisiva che inizia a far crollare in pezzi la struttura. In secondo luogo, perché a un certo punto scatta un meccanismo automatico di difesa - soprattutto se la frattura mi coinvolge personalmente - grazie al quale prendo a ignorare la situazione.

Ovviamente, fa parte dell'incostanza umana arrivare a troncare certe relazioni, sia con un atto volontario che anche no. Se parliamo d'essere scostanti, isso la mia bandiera, giusto per far notare quanto sia il mio campo d'azione - o meglio, più che altro di non azione. Vengono a mancare la voglia di fare, la forza di mantenere e curare le cose/persone incluse nella nostra sfera e, ultima ma non meno importante, il senso del portare avanti certi legami di fronte ad apparenti ostacoli fastidiosi.
Di certo, è una cosa meschina. Ma non lo è anche, forse, finire a un certo punto col domandarsi: "Perché frequento ancora questa persona, se a stento riesco ad ascoltare ciò che dice e a malapena ci parliamo?"

Trovandomi nella situazione di non poter più raggiungere una persona come vorrei, perlopiù sentendomi messa volutamente in disparte di fronte ad altri, l'istinto mi dice di ritirarmi. Faccio di tutto per tornare nel mio bozzolo, attendendo qualche rapporto più sano. Di certo, non è un processo facile, ma di fronte a fratture palesi e difficilmente sanabili è la cosa migliore da ambo i lati.
La parte più complessa del tutto è convincere il mio io emozionale in proposito, senza mandarlo a male.

Mi sembra di essere sempre più cinica.
Posso affermare con abbastanza sicurezza, tuttavia, che la responsabilità non è solo mia. In gran parte, certo, lo è. Ma una grossa porzione va mandata a certi individui di mia conoscenza.
Spero solo se la godano senza tante storie.

venerdì 31 agosto 2012

Inconsapevolezze Aliene

Onde evitare dubbi, non credo agli Ufo.
Il termine "Alieno" è di matrice latina (straniero, estraneo, di altri) e determina qualcosa a noi esterno, l'altro in senso lato. Alieno è chi non rientra nella nostra sfera personale. Alieno è il diverso. Alieno svolge il ruolo di aggettivo o di sostantivo, sia scritto semplicemente così, che con la desinenza "-zione".
(*Disattivazione Modalità Linguista*)

Diamoci una regolata. Sì, dico a te, mio caro Difetto Professionale. Sto perdendo il filo, per colpa tua.
Dicevo, il titolo non c'entra assolutamente un tubo con l'argomento che balugina nella mia testa, anche perché sarebbe stupido parlare di un argomento che non ritengo sia un problema. Cionondimeno, non diate per scontato che io parli di un problema solo perché l'ho detto nella frase precedente. Né che non debba per forza farlo.
Mi sto incasinando da sola, sì. Non mi piace avere urla di bambini per tutta la casa, è una condizione che incide non poco sulla mia coerenza esplicativa. Come penso capiti a chiunque.
Ergo, ignorate le precedenti righe.
Definizione di Alieno a parte, se non vi secca.

Image by milk.milk
Credo fosse Marx ad aver nominato l'Alienazione umana, in ambito lavorativo. Ma siccome ora come ora non ricordo granché delle classi di Filosofia fatte durante il liceo (credo di avere un buco nero, nell'archivio mentale), non vedo perché dovrei tirarlo in ballo.
Dopotutto, non devo nemmeno approfondire le tematiche "lavoro" o "società".
La mia è una questione molto, molto più personale.

Per riprendere il solito fattore Studio - nel caso non si sia ancora capito quanto mi stia a cuore in questi giorni - si stanno verificando circostanze curiose, entro le pareti cerebrali.
Ho iniziato prima di quanto abbia mai fatto, con ripasso, schemi, colloqui da me stessa a me stessa simulando esami orali che mai si verificheranno in maniera così spigliata. Diciamo pure che è più di un mese che sto dietro a tutto. Sono riuscita a mettermi per almeno due ore sui libri anche a ferragosto - sono stata parecchio produttiva, in quei giorni.
Il problema - sì, avevo già intenzione di parlare di un problema - è iniziato ad emergere all'alba della scorsa settimana. Meno due settimane agli esami. Il comune animale universitario, in tale familiare habitat, ci darebbe dentro con lo studio. Io ho principiato invece una lenta, inesorabile discesa. Non sono mai riuscita a studiare per più di quattro, cinque ore al giorno. Per i miei standard, è poco. Soprattutto visto che ci sono sul piatto due esami pesanti e in svolgimento nelle medesime date: suicidio puro, mai più ridursi così - Last Famous Words, già fatto lo stesso l'anno scorso, due volte, con lo stesso proposito di irripetibilità.
Cosa intendo, con tutto ciò?
Le nozioni ci sono. Ho visto almeno una volta, se non più, ogni argomento trattabile, eccetto un paio di discorsi da orale che posso mettere su in cinque minuti (e che quindi, giustamente, saranno piazzati all'ultimo). Vedo le cose e so che ci sono, archiviate da qualche parte. Solo che non mi pare siano mie.
Riesco a riconoscere tutto, ma non a essere la persona che sa.
Oh cielo, non lo so spiegare meglio. Pare quasi mi stia alienando dalla mia testa. Sono qui, ma sono altrove. Penso a tutto e nulla. Avrò guardato chissà quante volte i fogli sparsi sulla mia scrivania. Negli ultimi giorni sono stata su una media di ore che oscilla dalle due alle tre. Facezie, quisquilie e pinzillacchere.
Non servono a far nulla, eppure non riesco ad incrementarle. Potrei esservi intenta ora, ma sono alla tastiera.

Oh, io non mi capisco più. Non che sia andata molto bene in precedenza, ma davvero, prima arriva il 6 Settembre, meglio è. Possibilmente con 24 crediti in tasca e una domanda di laurea.
Askarrabbadd.

mercoledì 29 agosto 2012

Archive-mode: ON

Partiamo col dire che mi sono trattenuta, ieri, dallo scrivere. Volevo sfatare il mito del martedì, precedentemente citato.
Indi per cui, procediamo con ciò che si sta sviluppando entro i miei personalissimi e quantomai solitari neuroni, sommersi da un'ondata di piena fatta di kanji e giapponesate varie. O almeno, dovrebbero esserlo.
Ad ognuno capitano periodi NO. Con la enne e la o maiuscole. Quelli in cui non si trova nulla che gira come dovrebbe, umore a parte - il suddetto, di suo, turnica fin troppo.

Esempio pratico: io in questo momento dovrei preparare non uno ma ben due esami di lingua, gli ultimi della triennale. Tali imprese mi vedranno impegnata martedì 4 (e qui spero bene che la produttività del martedì non m'abbandoni) negli scritti, per un totale di 4 ore e mezza consecutive - immaginatevi quanto stia ballonzolando dalla giuoia - , nonché il successivo giorno 5 (salvo prolungamento al 6, Dio non voglia) con gli orali, sperando di aver superato i primi - altrimenti, ciccia.
Ora, l'appello è alle 9 del mattino. Una goduria, considerato che il treno il quale da schedule comunemente dovrebbe arrivare entro un orario decente per portarmi a Venezia è, quasi sempre, in ritardo. Il che, per la sottoscritta, significa, per due mattine consecutive, se non tre, prendere il precedente treno poco dopo le 6, con capolinea a Santa Lucia per le 7.30 circa. Ergo, sveglia come minimo alle ore 4.30 (se non prima), dati i seguenti fattori onnipresenti:
- ansia pre-esame

- studio matto e disperatissimo, ridotto, dell'ultimo minuto, con occhiaie che la depressione del Mar Morto è nulla a confronto

- colazione a tea&coffee (quest'ultimo come new entry universitario-estiva)
- restauro in bagno per poter andare all'appello in condizioni quantomeno definibili come "accettabili", considerato il preesistente Barbon-style tipico da periodo-studio
- rituali di auto-convincimento per sconfiggere la tentazione di tornare ad appallottolarsi sotto le coperte, mandando a fancu a quel paese Università e affini
- recupero dell'auto con concerto di galli ultra-mattinieri e tragitto fin in stazione

Ovviamente, questa è l'opzione con biglietti già acquistati il giorno precedente. Anche perché, con lo sportello non ancora aperto, nonché bar ed edicola chiusi per turno, più controllori di pessimo umore vista la levataccia, sarebbe un azzardo poco intelligente.,
Si capisce che, con questa bella prospettiva, anche le migliori intenzioni finiscano per frantumarsi. Aggiungiamoci anche pensieri d'altra sorta e la preparazione agli esami sarà frammentata peggio del mio sonno sotto stress - ho una media di due-tre ore filate a notte, da aggiungere a svariati dormiveglia.
Io ci sto provando, davvero, a crearmi questo benedetto archivio linguistico. Solo che il mio omino bibliotecario, impiegato per simili faccende nella mia testa, al momento sta smaltendo un folto traffico derivato dall'ambito relazionale. Perché sì, finalmente s'è deciso a eliminare un certo interesse personale con il mega distruggi-documenti *alzerei un corale "Halleluja"*.
Oserei dire che era ora, ma ero pure io a dovergli dare le motivazioni adatte a compiere tale operazione. Quindi me la sono un tantino cercata.
E mentre la mente naviga, saggiando opportunità future ancora incerte, la mia voglia di fare cala drasticamente, in preda a fantasie, ambizioni, progetti, dubbi esistenziali e un qui-pro-quo di immagini.

Ho bisogno di ferie. Ferie vere, però.
Non amo
Chi sono, ciò che sembro. È stato tutto
Un qui pro quo
 {Eugenio Montale, Ossi di Seppia}

martedì 17 luglio 2012

Perceptions

If the doors of perception were cleansed, every thing would appear to man as it is, infinite. {W. Blake} 

Sforzarsi di comprendere l'entità e l'effettività di certe sensazioni consuma molte risorse. Soprattutto se i tentativi si rivelano vani.
Avrete provato, di certo, a sondare il comportamento di qualcuno, nel corso della vostra vita. C'è chi è più portato per questo genere di cose, chi meno. Come anche chi riesce a recepire di più quando i fatti sono riferiti alla propria persona e chi, al contrario, li assimila solo quando avvengono nelle interazioni tra altri.
Teoricamente, io sono più propensa a quest'ultima opzione.
Teoricamente.
Perchè quando inizia a rimescolarsi tutto, a livello intellettivo ed emotivo, certe distinzioni non sono labili. No. Direi piuttosto fatte di una sottilissima pastafrolla, di una specie male amalgamata, che finisce col frantumarsi tutta appena tenti di sollevarla dal piano su cui l'hai stesa. Plafff, e via che si sfracella giù. Senza contare che poi ci si va addosso di mattarello, a sfogare la frustrazione per l'opera non riuscita. Sbam!
- Perdonate la metafora dolciaria, ma ho un bisogno disperato di sweets e non ne ho in casa.
Accettasi donazioni. -
Image by InfuzedMedia

Tornando a noi, la prospettiva varia visibilmente in questi attimi di confusione. O meglio, è già variata a priori tanto da mandare i neuroni in pappa, scatenando una guerra civile intestina al cervello tra istinto e razionalità. Avete capito - se non vi è chiaro, è chiaro lo stesso perchè lo dico io.
Se prima eravamo convinti di poter agire a mente fredda di fronte a determinati avvenimenti, spontanei nella natura delle relazioni umane, quando iniziano a intaccare pericolosamente la nostra sfera personale le variabili cambiano a tal punto da spingere l'irrazionalità all'azione. Fermati, porca paletta!
Con l'interessante risultato che non ci si capisce più una bega. Ma di nulla, neanche di quel che prima si poteva dare per assodato.

In tutto ciò, nel gioco di percezioni che si fa battaglia in noi, mentre sfoggiamo spesso e volentieri un atteggiamento affabile e quanto più privo di ambiguità si riesca davanti al Mondo, ovviamente non siamo soli. Nonnò. Perchè sarebbe troppo facile. Perchè se non intervengono terzi a spappolare quel che rimane delle nostre convinzioni non è divertente.
Siamo in un sistema tremendamente aperto, ormai. Isolarsi non serve a nulla. Certo, se taluni individui si astenessero dal complicare il nostro disperato tentativo di recovering (non mi viene il termine italiano) da tali scioccanti esperienze percettive, non ci lamenteremmo. Sia che lo facciano consciamente, sia che ci cozzino contro in modo involontario. Che poi, per me di volontà ce n'è eccome, sotto sotto. Giù, in fondo. Da qualche parte c'è.
Terroristi emotivi: schiantatevi.


Nonsense?

martedì 20 marzo 2012

Dear Universe, the whole concept of "sarcasm" should be banned, sometimes

I've been thinking about a couple of things, in the last few days. Nothing special, someone would say, even if those were actually soul-mode-made. (soooo much love for this kind of words)
The most exciting point of this is that even if the majority of them was thought in Italian, right now I feel way better writing in English. You know, there are moments, in every linguist's life, in which you can't carry on speaking in your mother-tongue.
Really, that's simply statistics: you get bored, you need to hang on anything that keeps your brain active, responding to the world trying to confuse it with its unbalance and, as a matter of fact, you end up changing language.

By the way, why, heavenly spirits, did I pop up with such a title??
That's actually the very first sentence that came up to me as I selected the "post" button in Blogger's summary.
It did, certainly, have something to do with my weekend's duties - even if I startled myself, too, as I wrote down this kind of brainy-like aphorism. I'm not actually starting to behave as the-pompous-writer-I-obviously-am-not-and-never-be. Do I?

- As if it wasn't clear,
I hereby declare I will always worship
hyphens and hyphens-related words.
Aww. - 

To be honest, I'm losing grip on today's theme once again. Don't bother, I shall go on. Maybe. Even if I can't be truly reliable on how much it will take to recover from this beginning. But yay, shan't we try? I just want to write something, after all.

Theme. Focus. On. The. Askjbfksdklgattic. Theme. {said her to herself, tilting the head as if something pushed it down}
Sarcasm
The theme was something sarcasm-related. I'm sure of that. I'm right now not quite aware of the content I was about to put in my very personal instance about it, nor I'm aware of why I'm in this world and not in some kind of other parallel Universe, but still.
Oh, yep. Maybe I'm on it. Not sure, but I'll try.
Let's think about it, sarcasm is on our way in any time, any moment, any cantankerous (lovely word) and bilious person we shall meet while walking our path on road's sidewalks. I'm a pretty sarcastic person. But to be real, even the most sardonic individual may be annoyed by the umpteenth "You Don't Say??". Being it in a conversation, being it the new meme on Facebook.

Honestly, I'm the first one to be accused of the massive amount of sarcasm thrown upon people. And things. And Animals. Livings, objects, situations, your mother's eyes like Harry Potter, or even the not-like-his-colour-at-all Lily's eyes in the last movie. Whatever. Anything, really. I can be terribly tiring.
But there are times that's too much even for the stressful young woman I am. Because there are some.. let's call them... "unique", dear people out there, that should ask to Universe, as they wake up "Really, is this the day in which I'll finally be able to recognize when I should talk? I've been sooooo looking forward to it!".
Actually, they don't mean it, it's simply spilled out of their mouths in the worst moment they should take.
Seriously. Thinking about it, it's a Universe's fault, featuring the World with all its things - and, I'd bet, also someone else who decided to have some fun with us, mortals, for a change (really, I believe in You, but.. why??).

The fact is, the fateful - and, if you're lucky, temporary - mediation of one of these Chaos-bringing sarky people may as well ruin your discourse, making you lose your point or, worse, wear off your self-confidence in doing/telling/realizing something you've been considering for a bit.
So, annoying. I know when not to use sarcasm, commonly. Maybe, not sure.
Oh my God, I might myself have been one of those beings.
Too complicated. Why did I even start this thing?
Beats me.

domenica 12 febbraio 2012

Coi palmi sulla roccia umida





Con calma riprendo a scrivere. Credo.
Ma in qualsivoglia modo, lo faccio coi Garbage di sottofondo, anche se non hanno alcun nesso con il momento attuale. Just to make you aware of it.

Mi è capitato, questo pomeriggio, di mettermi a palmi stesi sul pelo dell'acqua presente in vasca - adoro stare a mollo e pensare nel frattempo ai cavoli miei, per quanto assurdi o sconnessi dalla totalità delle riflessioni diurne, sì; ergo meglio il bagno che la doccia.
In ogni caso, l'appoggiare i palmi alla superficie dell'acqua è un atto che mi piace ripetere quando sono nei pressi di un ruscello, del mare, di una fontana (no, non degli abbeveratoi per le vacche in montagna).
Non c'è una ragione precisa del perché lo faccia. In parte perché lascia un senso di distensione e controllo.
Ripetere questo gesto esatto e delicato comporta un fastidio non indifferente quando, per il moto ondoso o il suo scorrere, l'acqua finisce per esondare dall'immaginario limite di pochi millimetri in zona impronte. Non voglio bagnarmi i dorsi, ho appoggiato solo e unicamente i palmi, miseria ladra. Se avessi voluto lavare o intingere le mani, le avrei cacciate sott'acqua.
Snervante, fatto snervante che si ripete. Pare riflettere un nonsisachè più sotto, vai a capire. O meglio, credo anche di aver colto il nesso tra quest'abitudine e il vasto archivio di dati (pieno di ragnatele) nel reparto emozionale del mio cranio. Tuttavia non riesco a delineare cosa, nella fattispecie, stia a simboleggiare l'acqua che straborda.
Sono conscia di quando avvenga, quando qualcosa fuoriesce dalle barriere che credo di aver solide e ferme. Mi infastidisco parecchio, anche, per questo. Ma cosa sia a darmi tanto sui nervi mi è oscuro. O annebbiato. O forse sono io che mi rifiuto di attivare gli antinebbia, chissà.

Quindi, iniziamo a poggiare i palmi su superfici con un velo sottile d'acqua, tipo le rocce umide. Chissà che dai pori filtri l'acqua, assorbita molto lentamente e così assimilata. Certo, le iniezioni funzionerebbero pure meglio, ma sempre acqua è. Poi sono refrattaria agli aghi, se non strettamente necessari - e anche quando lo sono, ad essere onesta.
Sì, inizierò a palmificarmi sulla roccia bagnata.
Intanto, dai Garbage sono arrivata ad Adele.
Frrrrt.

L'acqua fa vivere e tutto dipende dall'acqua.

giovedì 17 novembre 2011

La Moralità Dei Vecchi

{Posted on 09/05/11 at http://myworldmylife.splinder.com/ }

Torno dopo due mesi, con la malsana idea di dedicarmi a una cosa del genere solo in periodo esami. Pessimo tempismo.

Lascia sempre più perplessi una cosa, tra le tante. Tra i discorsi che mi rimbombano in testa, come credo avvenga ormai a molti della mia generazione, c'è quello di non avere più alcun ideale, nessuna morale. Sapete, l'accusa della carenza di princìpi, quando la vecchia generazione - comunemente i nati fino agli anni '60 - punta il dito contro la nostra fascia d'età - dai primi anni '80 in poi, all'incirca. Sì, sono conscia di aver tralasciato una ventina d'anni, ma quella è una porzione a sè, che conosco solo limitarmente.
Ritornando a noi, ci definiscono totalmente disinteressati agli avvenimenti sociali (oltre che politici, ma quello è ormai da due turni che lo si trascina avanti) che caratterizzano la vita quotidiana, e, moreover, menefreghisti del futuro, insoddisfatti ma mai attivi per cambiare, eccetera.

Viene spontaneo domandarsi: se anche ciò fosse vero - e avrei molti esempi che potrebbero dimostrare il contrario - com'è che sono loro a farcelo notare e non ce ne rendiamo conto da soli?
Ho posto la domanda ad alcune persone, in Università, ricevendo perlopiù critiche verso il sistema politico-istituzionale. Probabilmente ho parlato con individui sbagliati, perchè la questione non va fatta orbitare attorno alle solite e scontate tematiche che fanno impazzire i media, almeno dal mio punto di vista.
Io sono di quelli, infatti, che accolgono l'accusa di volersi astenere dal prender parte politica, e con vanto. Ho anche io le mie cose da dire in merito, certo, ma devo proprio associarmi un partito, categorizzarmi per esser ritenuta un'opinione valida?
Qui il primo problema: le categorie. Ho avuto modo di carpire, tra una discussione e l'altra, che la cosa che non va giù a chi ci ha preceduti è il fatto che difficilmente i teenager o i ventenni d'oggi riescono ad essere categorizzati come i "vecchi" vorrebbero. Ovvero, di certo possiamo tra noi individuare gruppi di appartenenza, divisorie, elementi che ci smistano sotto l'uno o l'altro stereotipo; più palesi che mai sono le distinzioni tra truzzi, emo, bimbiminkia, rockettari, metallari, punkettoni, hiphoppari, o tutti quelli che continuano a spuntare come margherite, chennesoio. Siamo pieni di categorie anche nel nostro, visto che abbiamo imparato dai migliori. Solo che queste caratterizzazioni non sono chiare ai "membri esterni". Esterni a cosa, poi, devo ancora capirlo.
Il gap generazionale può anche starci, le incomprensioni da un'epoca all'altra sono sempre esistite e sempre continueranno a emergere. Quello che non si comprende è perchè, se davvero siamo così incomprensibili ai predecessori, essi debbano per forza inquadrarci in determinate maniere, pur non potendo entrare nella testa altrui, pur non riuscendo a riconoscere quel che facciamo o quel che siamo senza preconcetti, che chissà da dove sbucano. L'impressione è che si siano per forza di cose dovuti inventare uno scenario da applicarci, altrimenti non andavamo bene. E noi, bravi bravini, molto spessi ci siamo adattati senza fiatare. Ormai, le cose e le modalità esistenti erano quelle già pensate da loro, no?

Arriviamo ad un altro punto della questione, quello che ha fatto partire i miei ragionamenti a dirla tutta: può la vecchia generazione ritenersi superiore alla critica morale che essa stessa muove?
Mi spiego. Tutto ciò in cui i vecchi ci accusano di peccare non li riguarda e basta? Si sa, le prediche più forti tendono ad arrivare dal pulpito sbagliato, da chi quelle cose dice di riconoscerle proprio perchè ci è passato, o per non dover ammettere di esserci profondamente immerso. Non è valido per tutti, questo è sicuro. Generalizzare totalmente è sbagliato. Ma lo è da entrambe le parti.
Ho visto ragazzi con idee ferme, una propria struttura mentale, non per forza categorizzabile sotto una linea filosofica specifica, un credo religioso o un partito politico. Ragazzi convinti di avere qualche futuro, anche se non ancora definito, di poterci lavorare sopra senza paura, con volontà di agire in qualche modo per far capire che "Noi ci siamo". Possono aver fallito, possono essere caduti, ma difficilmente si sono fermati.
Ho osservato uomini, cinquanta-sessantenni, rovinare sè stessi e circondiario perchè non avevano più nulla a cui appigliarsi, una convinzione, un qualche tipo di speranza, azione. Automi in tutto e per tutto, talmente tanto si erano abituati al procedere inesorabile della vita. Vivevano - e vivono, anche se come termine è piuttosto errato - in modo passivo qualunque cosa, incapaci di abituarsi al cambio della guardia e al fatt che le cose non restano ferme. Il tempo procede; loro non restano solo indietro, no: rimanere indietro significherebbe potersi rimettere al passo, facendo una corsa un po' sforzata. Hanno così tanta paura del cambiamento e del non cambiamento allo stesso tempo da rimanere immobili, se non addirittura ridursi a scappare follemente verso qualcosa che è stato e non è più, o che magari nemmeno è mai stato, se non nella loro testa.
La cosa peggiore è che non se ne rendono conto, o se accade loro di avvedersene ignorano tutto e piuttosto cercano di scaricare le proprie pecche sulla pelle di chi ritengono possa essere più vulnerabile, più debole. Provano un piacere intrinseco a liberarsi di pesi del genere, opprimendo chi ha ancora davanti potenzialmente molti anni. Tentano, sostanzialmente, di stroncare sul nascere il cambiamento, di qualsiasi tipo esso sia.

Il vizio è stato acquisito da molti della generazione intermedia, quella della ventina d'anni che ho tralasciato. Molte critiche sono appellabili a loro, mentre forse in realtà questa frazione di cittadini è l'unica realmente neutrale, semi-indifferente, e a ragione. Come uscire dal circolo vizioso, se non arrendendosi in parte ad esso? Andrà forse meglio a chi verrà dopo, sempre che non venga coinvolto in questa spirale. Brutti affari.

Mi viene da pensare che la morale dei vecchi sia un'utopia che loro stessi si sono creati, per la maggior parte. Tanti si sono resi conto della deriva che hanno preso; alcuni hanno ingranato una marcia di riserva, iniziando a dare qualche vaga opportunità ai successori per riscattarsi ed entrare a far parte della vita comune.
Altri si sono totalmente persi. E quel che è peggio è che continuano a trascinare con sè molti altri.
Il perchè, poi, vallo a capire.
Ma in fondo, chi sono io, "ragazzina" ventenne, per permettermi di fare discorsi simili?

La Coerenza Dello Sciacallo

{Posted on 06/02/11 at http://myworldmylife.splinder.com/ }

Ritorno di Fiamma dagli esami. Sì, son viva, nel caso i fantasmi ivi presenti se lo fossero domandati.
Tra una cosa e l'altra, sono saltate fuori parecchie cose. Per esempio, avete mai notato come molti nomi di libri siano legati agli animali, in qualche sorta di metafore? "L'eleganza del Riccio", "Il Peso della Farfalla", "Il Passo della Tigre"... Cose così, insomma. Credo sia quindi giusto dedicare almeno un post a questo luogo comune. Come titolo, intendo, visto che questa è e rimane solo una premessa. La solita per prender tempo e far mente locale sull'argomento che sul serio mi interessa trattare. Per farvi spendere secondi poco preziosi.

...Che dite? Che avete di meglio da fare quindi è meglio se mi sbrigo?? Puah! Figuratevi se abbocco. Se state qua non c'avete un biscaro da mettere all'amo! (non chiedete come mi sia venuta - nonono)

Mi piace tergiversare! Sono a disagio quando gli altri esagerano nel girare attorno alle cose senza arrivare al punto, ma se si tratta di farlo da me, sono più che contenta di mettere alla gogna l'interlocutore con assurdità - questo è un piccolo sfogo sadico, non ci posso far nulla. Anche se non sono poi così stressante nel far notare la prolissità altrui, se ho tempo e voglia da impegnare nell'ascolto (più un fattore di tempo, la voglia c'è spesso).
Sono asfissiante, lo ammetto, quando invece bisogna puntualizzare le cose. Pignoleria, chiamatela così.

Se una cosa è determinata in un modo a livello più o meno universale, non può variare per una singola persona. Non cambia nulla dire "Eh, ma secondo me funziona nell'altro modo perchè dalle mie parti si fa così". Sticazzi. Se dalle tue parti si fa così su certe questioni, ci sono errori a monte. Come ad esempio il fatto che non riesci ad ammettere di aver torto, o almeno di accettare l'opinione altrui (che, detto per detto, potrebbe essere anche quella più appropriata in quell'ambito). In casi simili rischio di diventare odiosa, drasticamente, poichè finchè non riesco a dimostrare la mia ragionevolezza sono sorda a compromessi. Potevi cavartela con un "Ah, può essere." e discorsi a seguito. Invece hai voluto fare il piantagrane ottuso. Bene, avrai a che fare con un'ottusità anche maggiore nel metter nero su bianco l'amara verità. Anche a costo di dimostrare che nemmeno io ho la totale ragione. Ammazzo parte dell'orgoglio molto volentieri.Di pari passo, mi inalbera avere a che fare con i predicatori malrazzolanti. Posso sbagliare nel fare qualcosa, e se qualcuno me lo fa notare con tono amichevole posso passarci sopra, se non anche imparare dall'errore. O far partire una pacifica condivisione di opinioni a riguardo, più o meno accesa. Ma se questa annotazione ha il tono di richiamo e perlopiù proviene da qualcuno che fa anche peggio di me in tale occasione, mi iniziano a girare le rotule. Ma tanto, anche. Inizia a mostrare un po' di coerenza con quel che vai a dire che poi ne riparliamo. Non ti levo il diritto di pensarla in un modo ed agire in un altro, ma almeno la saccenza dell'ipocrita bada di tenerla per te. Soprattutto quando la usi per riempire di merda un'altra persona di fronte a terzi, così, perché hai bisogno di un ruolo da Alfa o da Beta nonostante l'evidente incapacità di guadagnartelo lealmente, o perché hai qualche anno in più e hai fatto esperienze diverse dall'interlocutore tanto da ritenerti superiore a lui/lei.
Visto che comunque ho avuto risvolti negativi a partire da futili discussioni passate nate da questo ambito, ultimamente mi mordo la lingua e fingo indifferenza, rivolgendo insulti mentali e sussurrati in altre lingue al mio obiettivo. Aiuta a stirare i nervi ed evita conflitti che porterebbero solo a pessimi risultati.

Detto ciò.. Perché "Coerenza dello Sciacallo"? Nulla di contro al caro canide africano, per carità. Sfrutto solo la sua dieta alimentare per rapportarlo alle persone di cui sopra. Prevalentemente, difatti, ho notato che riescono ad approfittare dei mali altrui e sfamarsi con le loro carogne, grazie appunto all'escalation di ipocrisia.
Oh, quanto vorrei essere il non-morto di turno e azzannarli non appena tentano di affondare i canini nella mia carne imputridita! A parte che forse mi basterebbe metterli davanti a qualcosa di borioso o narcisista, un pavone, chessò...
Uhm... Ok, mi sa che sto perdendo coerenza anch'io. Ma il mio è un caso patologico, e funziona a livello prettamente personale. Non tiro in ballo altri.
Al massimo, sarò un po' coyote.

Anime Di Vetro

{Posted on 16/12/10 at http://myworldmylife.splinder.com/ }

Ho sentito dire che ogni uomo è un’isola.
Costituzionalmente e di diritto non appartenente a razze, classi o quant’altro; socialmente presente a meno di esser rinchiuso in cantina (opportunità non trascurabile). Esteriormente costituito da un camuffamento comune, per quanto estroso possa parere.
E dentro? Una volta caduta la maschera, se mai essa riesca a cadere, si riesce a rilevare qualcos’altro?

In realtà, non ho nulla che mi permetta di dar fiato a qualche risposta. Ma m’han presentato un paragone di vita interessante. Ognuno nel proprio io è a suo modo solo, per quanto possa ingannarsi socialmente; ogni vaso che costituisce la nostra esistenza può essere fatto di qualsiasi materiale, forma, dimensione, e per quanto noi ci si sforzi nel riprodurre la vita in serie, nessun orcio sarà mai del tutto identico a un altro.

Ma i materiali conosciuti, in fin dei conti, son quelli. Limitati come l’esperienza umana. Prendiamo la creta. Non facile da modellare, discretamente fragile, ma per molti versi i suoi cocci son grossi e facilmente ricomponibili; e poi, come anche l’argilla ci si può lavorare egregiamente. Consideriamo altrimenti il ferro: duttile, forte, risonante; si può fondere e rifondere. O meglio ancora, il marmo, praticamente inattaccabile; salvo grazie a qualche acido o un buono scultore, ma è un discorso a parte.
E potrei continuare ancora con tutti i materiali esistenti. Volete un vaso di diamante? Se riuscite a scolpirlo, ben venga; è il materiale più duro esistente, seppur estremamente raro. La proposta degli ultimi decenni è la plastica, basilarmente sempiterna. Preferite invece un’anfora di carta? Purché riciclabile.. è piuttosto esposta alle intemperie, ma pazienza.
Non è difficile. Ci si riesce in ogni modo a categorizzare, anche costituendo nuove leghe. Quel che esiste è un insieme specifico.

Ma avete mai ragionato sul vetro? Anch’esso è un materiale.
E che materiale. Lo si può soffiare, tingere, modellare, vi si possono incastonare oggetti.. Spettacolarmente particolare.
Col minimo dettaglio riguardo la fragilità: perché il vetro, a differenza d’altro, si potrà riciclare, si potrà raccogliere, si potrà tentarne la rifusione.. ma non si potrà mai recuperare come prima.
Pensateci: la più perfetta, liscia, semplice ampolla; sottilissima e trasparente, la miglior cosa per trattenere fluidi, oggettini, polveri. Beninteso che non sia di fattura mista ad altre materie. Ce l’avete? L’avete visualizzata?
Ora scagliatele contro un sasso. O fatela accidentalmente scivolare a terra da una discreta altezza, basta un tavolo. Migliaia, milioni, miliardi i frammenti che vi vedrete sfrecciare davanti agli occhi, auspicando che non ve ne entrino. Potreste anche tentare, dopo, di ricuperarne i pezzi più grossi, se mai ce ne sono (là son lo spessore e la qualità del vetro a far differenza).
Ma dubito, dubito e perdonatemi se sottovaluto lautamente le vostre capacità, che mai prendiate e raccogliate anche il più piccolo frammento. Eppure, potrebbe essere quella briciola a cambiare tutto il gioco d’equilibri in cui tentate di ricomporre l’ampolla. Anche risoffiando il vetro, si sentirà la mancanza di qualcosa, ed il serio cambiamento dovuto a ciò. La forma, tra l’altro, non sarà altro che copia dell’originale, per definizione imperfetta.
E il disastro maggiore, fisicamente, avviene quando due ampolle si scontrano l’un l’altra; vetro contro vetro. Ne distinguete i frammenti? Seppur anche siano di colori originari diversi, li distinguete al micron? Ne separate esattamente le scaglie infinitesimali, dell’una e dell’altra?

Credo sappiate le risposte. Tuttavia, c’è da notare che nel ricomporre e tornar a soffiare un nuovo vaso da entrambi i tipi di frammenti ne esce un’oncia, un esemplare più grande, diverso com’è ovvio, e perché no, anche più resistente. Unico, al solito, ma di un’unicità che dalla semplice matrice non si sarebbe ottenuta.
Comunque, il vetro permane vetro. Per quanto camuffato da tinte, altre superfici sopra d’esso, o presenza d’oggetti scenici incastonatici ed effetti vari, esiste in quanto vetro. E pur nella sua semplicità costitutiva, è a mio dire il più splendido materiale mai forgiato a storia d’uomo.