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mercoledì 23 dicembre 2015

Procrastinare [dal lat. procrastinare, der. di crastĭnus, agg. di cras «domani»]

procrastinare v. tr. [dal lat. procrastinare, der. di crastĭnus, agg. di cras «domani», col pref. pro-] (io procràstino, ecc.), letter. – Differire, rinviare da un giorno a un altro, dall'oggi al domani, allo scopo di guadagnare tempo o addirittura con l’intenzione di non fare quello che si dovrebbe: p. il pagamento; p. una riunione, un impegno; continua a p. la partenza. Spesso con uso assol.: io insisto a sollecitarlo, ma lui procrastina sempre; la civiltà asburgica … procrastinava e rimandava per sopravvivere (Claudio Magris).
(Dall'Enciclopedia Treccani Online) 
Stop Procrastinating
Image by Tom Podolec @ Flickr
Sono giusto passati sei mesi dalla precedente pubblicazione.
E non ho ripreso a pensare al Blog solo perché ieri mi è stato chiesto come mai avessi segnalato un'esperienza da Blogger in un colloquio. No, no.
Come non sto assolutamente scrivendo il presente post per comunicare qualsivoglia buona volontà ai selezionatori - ma in caso qualcuno di competenza si fosse preso/a la briga di cercarmi e leggere: "Saaaaalve, sono una persona che non pubblica da un sacco e si è sentita in colpa per aver continuamente rimandato i propri impegni online".
A-HEM.

Dicevo.
Da un po' pensavo di scrivere. Come da un po' mi ero ripromessa di riprendere in mano racconti, romanzi incompiuti, libri accumulati compulsivamente in camera, canovacci e idee per nuovi video, e via dicendo. Chissà, probabilmente una parte di me sperava di aver talmente tartassato nuovi possibili datori di lavoro che propongono opportunità da sogno, da essermi guadagnata un vero impiego - del tipo "Basta, abbiamo capito! Ti facciamo lavorare, girando il mondo -magari spedendoti in Giappone-, scrivendo e facendo la bella vita, ok?!" (par vera, N.d.Me)

Però nada. Niet.
Non mi è caduta la soluzione dal cielo mentre mi perdevo a girare a piedi o in auto, nè quando mi sono spaparanzata sul divano a rivedere per l'ennesima volta Scrubs o a scoprire i piaceri di Netflix (la frase è altamente ambigua, ma ce piace *neeeeetfliiiiix*).
E ieri un Articolo dell'amatissimo Huffington Post mi ha illuminato, assieme al pieno delle mie potenzialità. Mi ha messo davanti al viziaccio di procrastinare, che tanto mi è familiare.
Perchè io le buone intenzioni per riuscire ad avere successo e raggiungere i miei obiettivi le avrei anche, come le capacità, probabilmente. L'ennesima conferma (fosse la prima) che finchè non mi si dice l'ovvio, con veemenza, faccio orecchie da mercante e fingo che ci sia ancora, continuamente tempo. Lo continuo a fare pure quando me lo dicono, tanto ci sono abituata. Come nella vita personale, negli affetti, a suon di "Tanto se ne accorgerà, tanto verrà fuori". Come con tutto.
Avrei  tanti progetti, tutti fattibili. In particolare, cinque strade si sono evidenziate avanti a me, alle quali dovrei aggiungere una cosa che rimane in sospeso dalla GMG in Brasile e con cui, prima o poi, dovrò fare i conti - seriamente.

Non è che quest'anno abbia oziato, a mia discolpa. Ho perso cognizione dello scorrere del tempo, più che altro, e il domani è rimasto sempre domani. E visto che siamo a fine 2015, un rendiconto annuale pare appropriato.

Che ho combinato, in fondo, quest'anno?

Ho dato un ultimo esame di lingua, a gennaio, studiando a malapena (ora lo posso dire con serenità, ho cazzeggiato alquanto sotto le scorse feste natalizie) e tergiversando sulla tesi, scritta sotto pressione in poco tempo - e ciononostante mi è riuscita a entusiasmare e motivare ugualmente. Nel frattempo ho seguito una scenetta teatrale per una festa foraniale, insieme alla programmazione di un gruppo medie vivace.
Mi sono laureata a marzo, ho messo una pietra sopra a una persona (in senso figurato, purtroppo non avevo una gru a disposizione - dammit) e la settimana successiva ho iniziato i colloqui per Expo, andati a buon fine non senza poche tribolazioni.
In quel del 27 Aprile, ho preso baracca e burattini e la mattina dopo ero a Milano, senza casa (è d'obbligo un altarino ad Alessandra, che, nel mio peregrinare, mi ha ospitato tre settimane aggratis in appartamento - subendosi pure un mio pianto isterico in pubblico, a Porta Venezia), senza soldi (letteralmente, me ne hanno mandati una manciata la settimana dopo), senza idea di quello che, esattamente, stessi facendo con la mia vita (no, seriamente).
Io e Alisa, provvidenzialmente in città per un lavoro, abbiamo trovato poi una stanza in comune a metà Maggio, con un caso umano che vagava per il resto della casa (cose che i rinomati CDM sono nulla a confronto) e una vaga idea di come vivere in autonomia, programmandoci assieme.

L'arrivo dello stipendio di Giugno e il cambio di contratto mi hanno rinvigorito, con tanto di spedizioni presso la filiale competente di Manpower, per capire meglio condizioni e cedolini (unitamente a ricerche online), che manco i rappresentanti sindacali rompono tanto le balle - non a caso, ho assunto la seconda identità di "Larapedia - ovvero: a chi chiediamo chiarimenti burocratici se manco quelli dell'agenzia sanno un cazzo". Potrei mettere su uno sportello informativo, tanto per dire.
Comunque, ho promesso di andare a trovare gente nei dintorni di Milano, finendo solo per trovarmi con un cugino a Expo e far visita a un paio di zii, a dire tanto. Mi son fatta una puntata al lago con qualche collega, in compenso, più "seratone" che mai in vita mia (circa, dai, escludiamo l'Erasmus che sennò il metro mi si sfasa - tanto non saprete mai, muhaha). Ho preso familiarità con espressioni sull'onda di "Apericena".
Con Alisa, Jessica (pure lei ad Expo) ed Elisaveta mi sono iscritta alla Color Run di Settembre, partecipando a scanso della mia incapacità di correre - ma dovete capirmi, io ero lì per le polverine colorate (e aridaje coi frantendimenti).

Ho rinforzato le mie convinzioni femministe, articolandole il più possibile.
Ho praticamente svenduto cose che manco conoscevo, prima di questo lavoro - c'avrei una carriera da International Commerce manager, qua, veh.
Ho sviluppato capacità dialettiche che non pensavo di avere, in lingue che pensavo di non utilizzare fino a questo punto.
Mi sono, quindi, affermata come giovine donna indipendente (seppur non benestante), che non ha bisogno di nessuno, tantomeno di un uom- mmmaporcomondo, e ti pareva, tempismo del menga.
Ho perso dieci chili (di cui tre recuperati negli ultimi tre mesi), senza fare una vera e propria dieta. Ho iniziato ad apprezzare il mio corpo a prescindere da come appare.
Ho incontrato persone, colleghi, amici con cui sentirò un legame vita natural durante.

Mi sono lanciata in una tre giorni in fiera senza alba di come fosse fatto l'ambiente cinofilo ivi rappresentato.
Mi sono decisa, con Jessica, ad organizzare un viaggio per alcune città d'Europa, realizzato a Novembre, tentando di esprimere lo spirito girovago che in tante persone ho incontrato - e che manca, ancora, dell'istinto di osare l'estremo.
In tale contesto, ho letto gli effetti del terrorismo negli occhi di una metropoli come Parigi - ma questo è un discorso da sviluppare a parte.
Mi sono lasciata scoraggiare dalle circostanze, più di una volta.
Ciononostante, ho compilato gli estremi d una candidatura che, semmai andasse a buon fine, potrebbe davvero rivoluzionare la mia vita, come poche altre cose. E se non andasse...

Insomma, è complicato.
Il rapporto di quest'anno è di certo complesso. Continuo a rimuginarci all'infinito. Potrei fare migliaia di racconti con tutti i film mentali che mi sono creata a riguardo delle varie probabilità, su quel che sarebbe o non sarebbe potuto accadere. Sulle scelte fatte e non andate, su quelle proprio mai fatte.
E il bello è che manca ancora una settimana.
Una settimana in cui continuerò a procrastinare tutte le decisioni qui sopra non elencate e che ho lasciato in sospeso. 
Perchè in fondo, domani è sempre meglio di oggi.
...
No?

sabato 27 giugno 2015

Cari Visitatori di Expo, lavoriamo (anche) per voi

Torno a scrivere sul blog, dopo eoni. 
Le mie attività degli ultimi mesi si possono sintetizzare con una Laurea Magistrale, l'abbandono di alcune pessime abitudini sentimentali, un periodo di ben meritato cazzeggio e il passaggio da "ohmiodio, ora sono disoccupata" a "trasferiamoci a Milano nel giro di 24 ore e annamo a lavurà".

Alla luce, in particolare, dell'ultimo sviluppo, mi sono trovata catapultata in quell'ambiente prolifico e trafficato di Expo. Ci sono arrivata dopo tutta una serie di peripezie assuntive che non starò ad approfondire, soprattutto considerate le polemiche relative ai giovani scansafatiche su cui i media si sono tanto voluti concentrare (cosa c'hanno guadagnato a diffamare una generazione lo sanno solo loro - forse).

Decumano, Expo Milano 2015
Sorvoliamo sul mio trasferimento nella Big City e sulle fasi di adattamento, guidate dall'ospitalità ad oltranza di una cara amica, l'arrivo di ex-compagne dell'università in quel di Milano a farmi compagnia (sempre per lavoro), espressioni gergali che fatico ancora a comprendere, nonché la convivenza con una persona a me affine e una che, invece, non si sa bene come abbia fatto a sopravvivere da sola finora (a.k.a.: caso umano). Non mi fermerò nemmeno a descrivere l'Esposizione, perché... e che cavolo, per una volta che si fa in Italia potete anche andare a farvi un giro.
L'intento del presente post è giungere, in qualche modo, agli occhi dei visitatori medi, che ogni giorno affollano Expo.

Sì, esimio/a visitatore/trice. Parlo con te, con il cuore da Addetta accoglienza/Hostess di padiglione in mano. Con te che hai tolto un prezioso giorno di ferie al tuo calendario per girare un'Esposizione Universale, fremendo per mille aspettative. Sia che tu sia già passato o che debba ancora pregiare il suolo di Pero-Rho con la tua presenza, di qui al 31 Ottobre.

Voglio dirTi, car* utente, che non ti capisco.
No, davvero. Ho visto talmente tanti modi di essere ed agire da risultarne profondamente confusa.
Certo, non è bene generalizzare; ci sono, come in tutti gli eventi, persone profondamente carine e amichevoli. Per cercare di farle aumentare in numero e diffondere la cultura d'ammmmore tra dipendenti e visitatori, ho pensato a un semplice elenco chiarificatore.
  1. L'Expo è un'Esposizione, come dovrebbe vagamente suggerire la parola stessa. Poiché tale, per quanto possa concernere il Cibo e l'Alimentazione è assai improbabile che funzioni come un evento Fieristico alimentare qualunque, pieno di assaggi e degustazioni. Ce ne sono, ma in misura moderata. Non ad ogni angolo. E soprattutto, io (dipendente) non sono responsabile per la loro assenza. Nè posso cogliere i vostri consigli riguardo al far assaggiare le cose pubblicizzate nel percorso espositivo, non importa quanto vi sembrino invitanti caciotte e sughi.
  2. Expo è un'Esposizione UNIVERSALE. Ovviamente saranno presenti persone di altre nazionalità, sia nello Staff che tra i visitatori stessi. Tenete a freno l'istinto del "OhmioDio, questa persona è DDDDIVERSA, nuocerà gravemente alla mia salute!". Il cannibalismo non è contemplato tra le discipline alimentari qui convenute, nessuno vi cuoce allo spiedo.
  3. Pur essendo un evento universale, non aspettatevi che un membro casuale dello Staff conosca TUTTE le lingue. Se vi spostate all'estero, abbiate la pazienza di scegliere un'interfaccia comprensibile. Noi dello staff non pretendiamo sappiate l'Italiano, l'Inglese va benone, a volte si conoscono anche altre lingue (nel mio caso, Giapponese e Tedesco). Ma se venite da me parlando esclusivamente nella vostra lingua ed essa non rientra nella mia gamma di conoscenza, è inutile che ve la prendiate dopo 5 secondi. Fatemi chiamare un/a collega e risolviamo. (*coff* Francofoni, parlo soprattutto a voi *coff*)
  4. Il "Ma io sono Americano/Tedesco/InserisciNazionalità" non vi dà accesso automatico ovunque. Siete comuni mortali.
  5. Ci sono tante persone, ai tornelli, ed Expo apre alle 10. Se vi presentate alle 10 meno cinque, è ovvio che ci sia già coda, quindi mettetevi buonini nelle vostre file e aspettate il turno. Mai andati a Gardaland?
  6. Se c'è scritto "Staff" o "Accrediti", vuol dire che il tornello è riservato alle persone indicate. Leggere PRIMA di intasare la fila, evitando di scatenare una protesta collettiva al grido di "Ma io ho pagato di più!" (sventolando il biglietto standard).
  7. Il biglietto non include delle consumazioni gratuite. Non è una discoteca.
  8. Scolaresche. Care. Scolaresche. Più siete avanti con l'adolescenza, più devastate. Se un touch screen si impalla, non si risolve certo premendo a caso in ventordici e resettando il sistema, costringendo lo Staff a mille peripezie per sistemare. Dovevate rimanere carini, infanti e coccolosi, voi. Senza andare a sconvolgere l'assetto tecnologico dei padiglioni, né tantomeno a rubare pomelli dai cassetti del Padiglione Zero. Gesù.
  9. Insegnanti di scolaresche che non guardano i bambini e se li perdono per strada, sgridandoli poi quando vengono riaccompagnati quasi in lacrime... Un esamino di coscienza, magari?
  10. Il fatto che una persona abbia un Accredito dello Staff non significa che sia il Conoscitore Universale di eventi e luoghi interni. Quello che sa, sa e condivide volentieri. Evitate di dare dell'incompetente a una persona che non conoscete e che probabilmente è in Pausa o ha appena staccato, ma si è lo stesso fermata ad aiutarvi, solo perchè non può confermare se davvero in Etiopia fanno quella conferenza sul Caffè con TizioCaioFamoso alle 17. Esistono gli Info Point e i Volontari. Più una comodissima applicazione per gli Eventi. E gli aggiornamenti in tempo reale di Sala su Instagram.
  11. Se vi dico "Buongiorno", sarebbe una cosa estremamente carina non ricorrere a tecniche quali: a) Ignorarmi totalmente, senza manco guardarmi in faccia; b) Rispondere "Buongiorno un cazzo"; c) Dire "No no, guardiamo soltanto, veloci veloci" (WTF. Non sto cercando di vendere nulla, io).
  12. Quando chiedete "Ma l'uscita dov'è?", cercate di accettare la mia risposta come buona. Se vi dico che dovete prima passare al piano superiore e SOLO da lì accedere all'uscita, vuol dire che c'è un percorso obbligatorio. Come in tutti i Padiglioni. Non puntate febbrilmente il dito contro l'uscita di emergenza, in fare accusatorio. Chiamasi "D'Emergenza" o "Riservata" per una ragione. E magari evitate di rivolgermi sguardi d'odio, sbuffando e mandandomi in imprecisati Paesi.
  13. (alias 12-Bis) Se vi dico che non si può passare in un certo posto, non fatelo comunque con atteggiamento di sfida e un "Chissenefrega" allegato, perché anche se sono una versione in bianco e nero di Memole tenterò di riportarvi sulla retta via, prima che scavalchiate i divisori. Il karma è una brutta bestia e voi ne avrete presto una nuvola piena sopra la testa.
  14. Se non parlate l'Italiano e io non colgo subito (perchè non tutti hanno scritta in faccia la propria National ID), fatemelo capire PRIMA che io mi lanci in tutta una serie di spiegazioni contorte. Si accettano sguardi smarriti, cenni di diniego, saluti in altre lingue e segnali luminosi. Ancora non mi hanno consegnato la tavoletta per la selezione automatica della Lingua.
  15. Non venitemi a chiedere con fare furtivo "Ma vi pagano? Quanto vi pagano?", perchè non posso rispondere. Magari evitiamo anche commenti conditi di luoghi comuni sui giovani fancazzisti, a voce alta. Così, giusto per tenere moderata la pressione.
  16. Se siete appena entrati e avete già fretta al primo Padiglione, perchè "Abbiamo solo oggi e dobbiamo vedere tutto", io mi metterei già l'anima in pace e mi godrei la visita in tutta calma. In particolare se avete una certa età e lo sprint non è dalla vostra parte.
  17. Alcuni padiglioni sono più frequentati di altri, tanto che prevedono, a volte, dei biglietti gratuiti di prenotazione. In mancanza di essi, c'è la fila. I visitatori sono tanti, ergo è normale che ci sia sovraffollamento. Lo Staff vi fa aspettare per evitare calche e/o perchè è una visita guidata, i commenti offensivi e le sciorinate logorroiche su quanto sia per voi penoso rimanere in fila per cinque o dieci minuti non vi fanno guadagnare terreno, tanto meno delle medaglie.
  18. Sono un Dipendente. Diiiiipendente. Con necessità e voglia di lavorare. Non mi si può ritenere responsabile per le decisioni prese direttamente dal Comitato Expo o attaccarmi perchè ho deciso di partecipare "ad un evento deprecabile, su basi corrotte". Verrebbe da chiedervi perchè siete entrati, se avete una così alta considerazione del luogo e di ciò che rappresenta.
Questo ottadecalogo è ovviamente incompleto, però può già portare a una civile convivenza.
Perchè ho deciso di dirlo? Per lamentarmi?
Nope.
Per ricordarvi che io, insieme al resto dello Staff, pagato, stagista e volontario, sono qui per voi. Sto lavorando al vostro uso e servizio, per potervi permettere di vivere un'esperienza piacevole, non di certo per ostacolarvi. Il rispetto dovrebbe essere una priorità, in questo come nel resto dei contesti di vita quotidiani, unitamente a virtù quali la pazienza e la comprensione. 
Inoltre, sto lavorando anche per me stessa. Perchè voglio fare esperienza, interfacciarmi con un pubblico e approfittare di quest'occasione per crescere professionalmente e personalmente. Perchè, nonostante il calvario dei colloqui, le delusioni, il trasferimento quasi immediato con espiantazione da casa a luoghi sconosciuti, le incertezze contrattuali e tutte le fatiche, sono grata di essere dove sono.
Non pretendo mi stendiate un tappeto rosso davanti, ma che almeno mi si ritenga un essere umano, impegnato a lavorare e non a divertirmi (anche se, per fortuna, a volte le due azioni vanno di pari passo).

Peace and Love <3

martedì 9 dicembre 2014

"Not a Monologue", or "A Dialogue with myself"

Quando si rimugina per troppo tempo sul da farsi o si procrastinano gli impegni all'infinito, è naturale trovarsi in una posizione di conflitto.
Nel mio caso, tuttavia, devo ancora capire perchè mi trovi ad avere ospiti indesiderati in camera ogni qual volta stia passando un periodo di crisi. Come se già non avessi evidenti problemi con l'Universo.

*Rimane davanti alla porta per qualche secondo, prima di entrare nella stanza*
- (tono esasperato) Non puoi essere di nuovo qua.
*la figura si rotola sulla schiena, per portarsi a pancia in giù sul letto che ha occupato*
 A me pare di sì. (sorride sorniona, puntellandosi coi gomiti sulla trapunta)
- No, invece. Gli accordi erano che te ne saresti stata buona buona all'incrocio tra il Plöck e Sophienstrasse.
 Evidentemente sono decaduti i termini contrattuali.
- Oh, non ci provare!
 Ci ho già provato e ci sono riuscita. Problems?
- Tanti problems. Soprattutto visto che sei una proiezione...
 ...Mentale del tuo io digitale?
- SHUSH! Una proiezione di me stessa, solo con 20 chili in meno e molta più presunzione!
 Se lo dici tu. (fa spallucce) Ti ricordo che le mie caratteristiche sono uguali alle tue. Eccetto l'avvenenza, quella è farina del mio sacco, ovvero della tua testa.
*Lara si massaggia le tempie, guardando l'Altra in tralice e sedendosi a cavalcioni della sedia accostata alla scrivania*
- Ascolta, capisco che noi si abbia avuto delle divergenze e che tu ritenga opportuno porre rimedio a ogni singolo dettaglio della mia vita, per ripicca o meno che sia...
 Stavolta ti ho anche fatto uno schemino. (solleva un foglio pieno di appunti e diagrammi)
- (prende un profondo respiro) ...Ed è molto premuroso da parte tua, lo apprezzo. Ma potresti evitare di comparire quando avrei altre cose da fare?
 Ti devo ricordare che fai tutto da sola e che, tecnicamente, i sintomi di questo comportamento sono associabili alla schizofrenia?
- Quel che è. Sparisci e basta, prenditi una vacanza, vatti a fare un giro su tutti quei mondi che ci siamo create assieme, scrivi post inutili sul web, infesta Tumblr. Come ti pare. Basta che mi lasci in pace, una buona volta.
*L'Altra inclina la testa, pensierosa, sospirando e annuendo mentre contempla il soffitto*
 Naaah. Passo. Perseguitarti è divertente!
- Ci avrei giurato.
 A tal proposito, che ne è della Questione Universitaria?
- Potresti essere un po' più specifica?
 Ma lo sono stata. LA Questione.
- Ah. Quella.
 Ah-ha.
- Sì. Beh, ecco, è annullata.
 Molto maturo da parte tua.
- Senti, ho passato un anno in Germania, manca un esame e poi di finire la Tesi. Mi pare un po' tardi, ormai.
 Certo. Come no.
- Non è che qualcuno mi abbia obbligata.
 Ovviamente. E dell'esame di domenica che mi dici?
- Sul serio? Cerchi per caso di farmi venire più dubbi di quanti già ne abbia?
 Mbeh, che ti aspettavi.
- Quell'esame è andato e neanche male, direi.
 Disse lei basandosi sul Potere della Botta di Culo, per gli amici PBC.
- Oh, piantala! Le cose le ho capite, è quello l'importante!
 Com'è importante rispettare le scadenze che ci si prefigge.
- Ti prego, no.
 Sì, invece. A Settembre pensavi di aver già finito con la tesi, a quest'ora. E invece stai ancora lavorando al primo capitolo.
- E' stato un periodo difficile.
 Lo è stato per tutti, non tirarti fuori solo perchè negli ultimi mesi non vedi altri che te stessa,
- Questo non è vero.
 Ah no? Quanto hai legato con i ragazzi del tuo gruppo? O gli educatori?
- Ci sto lavorando, dovresti smetterla di farmi pressione. Non è che rimedio dall'oggi al domani.
 Se ci aggiungo anche altri rapporti interpersonali, mi rispondi allo stesso modo?
- Dio, ma tu non ti stanchi mai.
 Mi ricarico sulla tua ansia, che ci vuoi fare.
- Anche lì ci sto lavorando, ma mi pare di esser messa bene con gli amici.
 Ma certo. Sei stata apertissima e disponibilissima, in fondo.
- Avverto una nota di sarcasmo, ma non vedo i sarcasmini fluttuarti attorno.
 Sì, scusa, avrei dovuto dirti che si sono presi una settimana di pausa.
- Una settimana?! e io che faccio?
 Affari tuoi, io ce l'ho come impostazione di default.
- Se l'hai tu, dovrò averlo pure io da qualche parte.
 Sì, ma senza i sarcasmini la vedo dura accederci.
- Bbboia vacca.
 Piccola Scaricatrice di Porto, non deviare dagli argomenti importanti. Non mi riferivo solo agli amici.
- Non ti riferisci mai solo a loro.
 Sarebbe troppo comodo non stuzzicarti a riguardo.
- Sorvoliamo.
 Certo, sorvoliamo e osserviamo il panorama.
- Altra me, NO.
 Essì. Ti dovrai pur decidere, una buona volta, per chiarire i tuoi sentimenti.
- Nope.
 Guarda che a sfogarti sul cibo e fingere di disinteressarti non risolvi nulla.
- La cioccolata mi ama, almeno.
 Ma ti amo anch'io!
- Balle.
 Sei tu che non credi di potermi amare.
- Non sono Narciso.
 Ti sarebbe utile, invece, L'amor proprio è una gran cosa, senza arrivare a casi Coxiani si intende.
- Stai iniziando a citare Scrubs? Mi pare che l'ultima volta avessi fatto mille storie per intimarmi a smetterla.
 Che ci vuoi fare, sono pur sempre te!
- Non ci capisco più nulla.
 Perchè continui a sviare dagli argomenti topici di questo conflitto interiore antropomorfizzato. La questione è: quanto e come vuoi essere felice?
- Una domanda cui si può rispondere in maniera assolutamente univoca.
 Fai la seria.
- Te non lo sei.
 Io sono sempre seria, solo che uso chiavi espressive diverse dalle tue.
- Fai troppe domande, altro che chiavi espressive.
 Che male c'è?
- In cosa?
 Nelle domande.
- La loro stessa natura è un problema. L'esistenza delle domande esistenziali e di vita è un problema. TU sei un problema.
 Perchè?
- No, pure i perchè no, adesso.
 Why not?
- Perchè no, Perchè non voglio.
 ...Perchè?
- Perchè evitare di pensare posticipa il problema permettendomi di concentrarmi su altro.
 Perchè dovresti pensare ad altro?
- Perchè ne uscirei matta.
 Perchè? Sono fatti normali, di vita. Credi che gli altri ne siano esenti?
- No, certo che no, ma devo pur pensare alla mia salvaguardia.
 Ma se sei qui di fronte a me, vuol dire che non stai ottenendo dei risultati soddisfacenti, con questa tecnica.
- Touché.
*Lara si sdraia sul letto assieme all'Altra*
- Non posso semplicemente rimandare?
 In questo modo, mi costringi a ripresentarmi più spesso, però.
- Chissà. Magari sto bene così.
 Allora mi vuoi almeno un po' bene.
- Appena. Ma non montarti la testa.

- 'Till the next time -

lunedì 9 dicembre 2013

Chi ha sputato nel piatto di fagioli?

"Sai, avremmo dovuto prendere uno di questi taccuini e fare una specie di diario di bordo, fin dall'inizio."Nel dirmi questo, qualche giorno fa ai Weihnachtsmarkt, la mia coinquilina non aveva tutti i torti.

Sono circa due mesi che non scrivo sul blog. Il mio arrivo qua precede l'ultimo post di una manciata di giorni.
Non è che abbia qualche strano blocco dello scrittore. Ho creato tre racconti in italiano, un testo in giapponese, sto preparando una presentazione in tedesco di cui mi devo prima fare uno script, ho trovato una tematica specifica che probabilmente porterò a Tesi, sto lavorando su due esami da non frequentante e su due papers, ho pronto il canovaccio di un video e ho vari racconti in sospeso.
Mi sono anche premurata di tenere aggiornate un po' di persone - oralmente, via skype, via social.

Sta andando bene. Dico sul serio, anche se faccio fatica ad adattarmi al sistema locale e alla mescolanza di lingue, sto cercando di adattarmi al meglio e il metodo mi piace. Ho alcuni problemi ancora con la burocrazia e con dei corsi in Italia, ma si sistemeranno. Studio e incontro persone. Tante, varie, belle. Raccolgo storie, raccolgo esperienze e caratteri senza i quali questo periodo non sarebbe stato uguale.
Sono passata per Francoforte, Karlsruhe, Mannheim, Stoccarda, Esslingen, i dintorni di Heidelberg oltre alla città stessa.
Mi metto in gioco. Non per questo mi scordo del punto da cui sono partita.
Ho perfino previsto un ritorno a casa per Natale, fuori programma. E ad essere sincera, sono un po' pentita del fatto di rimanerci appena una settimana. Ma mi aspetta un Capodanno con Erika quassù. Mi verranno a trovare altre due persone, nel frattempo, Alessia la prossima settimana e Miriam a Gennaio.

Rimane qualcosa che non va.
Non è il posto. Non è la gente. Non è lo studio.
In sostanza, è una cosa tra quelle che temevo accadessero. Sento di esser stata messa da parte.
Il che è buffo, da un certo punto di vista sono io ad essere partita fregandomene di tutto e tutti, così, per un anno - dieci mesi, quel che è.
In molti si sono raccomandati, "Non scordarti di me, eh!". Seems legit, io mi creo nuovi contatti qui per non essere un'isola, quindi viene automatico pensare che tutto il resto non mi interessi. Lo capisco, davvero. Ciò non giustifica, dall'altra parte, un comportamento analogo. Qualcuno ci scherza sopra, a riguardo - ma normalmente, si tratta di persone che sento regolarmente e che sto apprezzando sempre di più per questo.
Onestamente? Ci sto provando.
Per quanto possa esser dura, non sono in capo al mondo e anche se mi è impossibile esserci fisicamente per certe cose, continuo a pensarci, a farmi venire in mente persone che hanno caratterizzato la mia vita finora, a riti quotidiani e settimanali che non sono più la mia norma e la cui assenza ha sostanzialmente modificato il mio stile di vita in appena due mesi.
Non sarò costante - la vedo dura, tenendo conto di tutti i fattori, è naturale non avere gli stessi riflessi e la stessa prontezza che a "casa". Però almeno ci penso, ci provo. Perchè devo essere solo io a prendere l'iniziativa? Perchè io sono una e gli altri sono tanti, quindi l'una isolatasi dalla massa è quella che deve fare il maggiore sforzo? E ripeto, l'ho fatto.
Tant'è che, comunque, la massa mi ha tenuto in conto per ben poco, facendo emergere probabilmente quei pochi che vogliono ricambiare lo sforzo, per quanto soffrendo la distanza - e a questi pochi, che hanno sopportato papiri via messaggio o via mail, ore infinite di conversazione tramite uno skype che sembra intenzionato a riavviarmi il pc almeno tre volte per sessione, va il più grande e sincero affetto che la mia me delle 3.30 del mattino sia in grado di produrre (vi voglio bene, sappiatelo).
I restanti forse ci hanno provato, ma con così poca convinzione che il tentativo è sfumato nel corso delle prime settimane. Passato ottobre, passata la festa. Basterebbe un messaggio a caso, come fa qualcuno, che lascia delle chicche in giro per le bacheche che apprezzo tantissimo, pur nella loro essenzialità.

Sarà per questo che non nutro un così grande interesse a rendere nota ogni cosa al "pubblico", se c'è mai stato. Se qualcuno vuole davvero sapere per filo e per segno le cose, basta chiedere. Ma anche no, suvvia, cosa pretendiamo. Sono via, quindi ho già dato tutto quello che potevo dare. Non servo mica.
Tanto che me frega, a me. Tanto, son qua pei cazzi miei, se voglio mi devo muovere io. Tanto si sa che è così.
Tanto poi mi abituo, no?
Certo.
Tanto poi mi abituo.
Tanto.

Grazie. Danke. Thanks. Gracias. Obrigada. ありがとう. 谢谢. Merci. 감사합니다. Tapadh leibh.
Spero il senso di sarcasmo riesca a filtrare attraverso tutte queste lingue.

giovedì 3 ottobre 2013

It's a Teutonic Land, baby.

First week of non-officially-started Erasmus.
Right now, I'm laying on my bed at Steffi's Hostel, Heidelberg, located in the amusing german region of Baden-Wuttemberg.

I finally got a home with my Erasmus mate (yay!) after a worrying start of our research. I'm ready to start my studies, or at least I think so... And all that's left to do regards bureaucracy - that hideous thing I thought I would have eventually left in Italy, until next fallout of the system running Ca' Foscari website. Because there'll be one as usual, I expect. But I'm prepared for that.
The matter is, I was not even slightly prepared to face German bureaucracy, not only because of the amount of things it compels, but also because of a structure I didn't expect.

The Italian curious phenomenon described perfectly throughout something like "The twelve tasks of Asterix" movie shows an office system ready to freak you over.
"We are not the right desk for this, try the second on the left at Central Building's second floor!", "Not really, you should go to Info Center at Uni Square to be sure", "Well, if you just try to ask the City Hall...", and so on. I can assure you, this is not an Italian exclusive method (ohohoh, destroying stereotypes, how I llove it!).
Sure, German efficiency is pretty famous and correctly assigned in most circumstances. Even in this one, I'd say. But cases like the Italian offices' Triathlon happen pretty often, actually - I experienced some in the past days.
This notwithstanding, if I'm a foreign student that arrives at the beginning of the month, moreover after notifying it to you, I expect to apply for my studies at your offices when you told me to be there. Right? Not a parade, nor a sumptuous Ceremony like Hogwarts'. Just doing what I'm supposed to do.
So, finding closed the desk responsible to sign most of my documents for the exchange during the entire first week before the Orientation and the Language placement Test is not pleasant.
Let's also add my still-not-acquired knowledge about German national holidays, that makes me try to apply during the Day of German Unity, running to get to the offices before offices closing time and finding them all shut. I felt terrible, with all the matters I still ought to manage before the lectures start.
So, I'm a little upset.

Anyway, apart from these traumas, I still reckon there're loads of differences from Italian University system, starting from spaces and places dedicated to students' academic and private time, adding the availability of Staff and Students' Support, pretty affordable living costs and so on. Moreover, if you don't know German, in most cases you'll find someone that can speak English just around the corner - not everybody, of course, but a good percentage of citizens can manage a little English, or even Italian in my case. Speaking of that, it's pretty common to get in touch with other Italians, noticing their home accent at the bus stop and pointing out there's a big Italian community nearby, as well as encountering nationals within the Hostel guests or waiting at Uni offices like you. Pretty fun, to be honest.
All of these things go along with a very fascinating atmosphere, permeating the Altstadt, or Old Town, and many other places.
To close this quick (yeah, for me this is short) post, I can assure you that it's not a case if I came here for Japanese and Asian Studies.
At least I can overheard the discourses between Asians guests in the Kitchen without them knowing. And considering how they've been occupying the stoves in the common room, I don't even feel guilty for it. It's called karma, dearies.
Sooo good! :D *giggles*

Tschüß!

venerdì 30 novembre 2012

Taking a manners' course, maybe?

(Nota: scritto in treno, sul blocco note, con l'aria condizionata. Fredda. Con 8 gradi fuori. Mmmaporcap...aletta)

L'Università è un locus amoenus, per discussioni e companatico. La norma è che si propongano argomentazioni di classe riguardo a questo o quel tema; si tratta di una basilare esperienza democratica necessaria, utile a farsi largo nel mondo sia che il topic verta sui comportamenti sociali, su un'espressione qualunque, un problema economico o che altro.
Ripeto, democratica.

Image by Kertong
('sti gatti che si azzittiscono l'un l'altro mi ammansiscono) 
Premetto che io sono parecchio restia ad accendermi troppo in luogo pubblico, principalmente perchè sono reduce da scontri casalinghi in cui do il peggio di me. Indi per cui, normalmente risulto piuttosto remissiva e poco incline ad esprimermi del tutto. Nel caso in cui intenda spiegarmi meglio, tento un approccio diplomatico e/o civile, in linguaggio e atteggiamenti.
Io rispetto la tua opinione a prescindere, finché tu rispetti la mia. Dopo, non assicuro.


Quindi, mi iniziano a girare le ovaie se mi si para davanti qualcuno che palesa una presa di posizione che di civile ha ben poco oppure parla sopra ad altri. Figurarsi qualcuno con un modo di fare che ha del supponente e manco mi conosce.
Cosa sono io, cacca?
Una cosa è essere onesti e straightforward, senza poterci far nulla, come anche cercare di mediare il discorso dando comunque il proprio parere. Un'altra è fare lo strafottente o mettersi un gradino più sopra degli altri, pur sapendo di remare sulla stessa nave.

Dillo, che vuoi che ti perseguiti.
Dillo, che vuoi i sorci verdi.
Oh, se te li faccio vedere! Ma in modo più civile, tesoro, perché il mio peggio l'ho già dato. Anche se un giro di boxe me lo farei.

Fasssssstidio.

Nota: Senza scordare che negli ultimi dì ho avuto a che fare con così tanto maschilismo da averne la nausea. Ma questo credo sia un altro discorso.

lunedì 26 novembre 2012

Morfeo, gli osservatori Latino-americani e 'sto maledetto mese

Nel corso di un Novembre che si sta rivelando alquanto insidioso, riemergo, finalmente riemergo con un post!
Voglio esordire asserendo e dichiarando ivi stante che ho sonno. Ma non il "oh, si fa sera, mi devo alzar presto, Morfeo cullami" genere di sonno. Piuttosto direi la stanchezza derivata dall'aver dormito poco e male, con una giornatina che doveva essere a base di lezione + studiostudiostudio, con previsione di - ve lo immaginereste mai? - quattro lezioni e ancora studio il dì a seguire. Da uscir di casa alle 6.30 e rientrare alle 21.30, Trenitalia permettendo.
Martedì nero. Odio i martedì. E i lunedì, per principio.

Image by Paci.Mau
Oggi inoltre sono stata partecipe di taluni peculiari avvenimenti. In primis, al momento di prendere borsa, cappotto e companatico per migrare da tale amata biblioteca, son stata talmente rimbecillita da aver completamente scordato sopra il tavolo da studio il dizionario elettronico (pagato fior di soldini, N.d.me), altrimenti noto come "ancora di salvezza per orientalisti". Assenza di cui mi son resa conto quando il treno era a Mestre. Fortuna ha voluto che una mia amica fosse ancora là in giro per recuperare il wasuremono, non senza un attributo a me rivolto che ora non rammento (ma la cui natura dimostra il suo affetto per moi, ovviamente).

L'epopea via rotaie nel frattempo è proseguita.
Serve fare una premessa.
Causa cambio mobilia per le due camere principali nella sezione di casa abitata da fratello&famiglia, siamo tutti accampati allegramente nella zona abitata da me&genitori, di notte qualcuno accampato in sala, qualcuno in cucina, qualcuno nel letto vuoto accanto al mio.
In quest'ultimo, è stato piazzato il nipotoso, giustamente, per ottimizzare gli spazi. Io, quindi, sto affinando le mie tecniche ninja notturne per far meno rumore possibile, al risveglio come al coricarsi. Anche ora, dovrebbe dormire dietro di me, ma presumo mi stia fissando. Ama fissare. Comunque.
Dopo il mio rientro a casa ad un orario decente (mezzanotte?) e le mie funamboliche acrobazie organizzative pro combo notte + mattina-da-sveglia-con-le-galline, quando finalmente mi sono adagiata sul cuscino tanto adorato, il pargolo ha deciso in primis di fissarmi mezzo intontito (crede che non me ne sia accorta), per poi ripiombare tra le braccia del dio del sonno con russatine e tossicchiare da mezzo-raffreddato.
Va beh, ci può stare. Son abituata quando dormo con mamma.
Nell'istante migliore per dormire, ormai in salvo da fissaggi e raschi di gola, stavo per dar l'ultimo sbadiglio che accompagna il dormiveglia pre-nanna quando il nipote decide di mangiare.
Proprio così. Senza cibo nè nulla, eh, ma con masticazione, salivazione, deglutizione e tutto il corollario, roba che neanche i versi di cortesia tradizionale giapponese. Un concerto da far saltare i nervi. E via così per non so quanto, facendomi restar sveglia più del dovuto.
Dopodichè, cessata la cacofonia, devo aver atteso un po' e poi dormito per un paio d'ore.
Alle 3.14 (ho guardato la sveglia), sento un mumbling (in italiano non rende) che mi impedisce di continuare qualsiasi sogno che non avrei mai ricordato. Ho il sonno leggero, sì.
E ovviamente, conclusa la chiacchierata incomprensibile, via di ulteriori scorpacciate d'aria, con digestione decisamente lunga. Ripreso a sonnecchiare malamente dopo un pezzo, di certo non prima delle 4 (altra occhiata disperata alla sveglia).
Giù dalle brande alle 6 meno un quarto.
*mantra* Glivogliobenesonosoloduenottiaaargh *mantra*

Perfetto. Dopo questa tediosa antifona, aggiungo che mi sono appisolata in treno già all'andata, ho rischiato di crollare in classe e in aula studio, muovendomi su e giù per i ponti principalmente per inerzia.
Quindi, mi pare comprensibile che, con il dizionario in mani affidabili e l'ansia svanita, fossi lì lì per scemare pure al ritorno.
A Mestre sono saliti due Latino-americani, da quanto ho percepito Dominicani.
Io me ne sono abbastanza fregata, se devo esser sincera, avevo le cuffie su a un volume moderato - scarsa batteria - e nessuna voglia di intromettermi in discorsi vari.
Difatti non son stata coinvolta direttamente. Tuttavia, nel rintontimento, ho captato diverse frasi con me per soggetto o qualcosa che mi apparteneva come indirizzo dell'attenzione di coppia, in particolare della donna davanti a me. Il tutto in spagnolo.
Ora, d'accordo, si commenta di tutto oggidì, magari non proprio davanti alla persona in questione, se è una benemerita sconosciuta, pur mezza addormentata. Ma il fatto che tu stia parlando in spagnolo non mi impedisce di comprenderti.
Italiano è molto simile a Spagnolo, entiende? *tant'è che diversi anglofoni ci ritengono interscambiabili*
Non mi serve averlo studiato per averne una comprensione base, considerato pure che il dialetto veneto ha molte accezioni che ricordano espressioni ispaniche. Inoltre, ho sempre avuto un orecchio particolare per le lingue europee (modesta), arrivando a capire anche conversazioni semplici in romeno, pur non parlandolo.

Con ciò ovviamente non voglio andar contro a nessuno. Ma a prescindere, le persone che mi prendono spudoratamente ad oggetto di osservazione nei momenti meno opportuni mi stanno sulle balle che non ho. Soprattutto se ti sento, sono qui davanti, porca puttana.
Al che mentalmente mi è partito un dialogo, perché per rispondere o guardar male non avevo nè forza, nè voglia:

- Sì, mi sto appisolando in treno, cara. Sì, si sta discretamente comodi, non ti sembra solo.
- No, non si chiamano Nagaiki questi che ho appesi alle orecchie. Sono orecchini a forma di Onigiri, tesoro, sì. Il Nagaiki credo sia una tecnica di massaggio Shiatsu. Quello che vorrei io ora. No, non mi imbarazzano le mie scelte estetiche, non li porto per far piacere agli altri. E no, col cazzo che puoi scattarci una foto, quasiquasi.
- Sì, ho un cellulare scorrevole, di quelli con la tastierina di cui tu stai imitando il gesto. Se lo vuoi comprare, checosamene? Basta che non approfitti di qualsiasi cosa faccio io.
- No, non devo scendere solo perché ho tirato su la borsa. E' che ci hai cacciato sei o sette volte sopra i tacchi impolverati in modo impietoso e dentro avrei cose che mi servono.
- No, non mi rovino l'udito con le cuffie. Se vuoi prendertele ma hai paura che ti diano fastidio, cacchi tua.

E poi sarei io ad essere fastidiosa.
Acidità poco volatile. Stress. Più o meno come la comitiva logorroica di ritorno dalla Giornata della Laurea.
No, ora un esempio è lecito:

- Papà, ma dai che devi passare a Vodafone che è vantaggioso, dai che devi passare, devi passare ti dico, ma sai che ti conviene, è davvero vantaggioso, ti conviene, costa poco, poco eh, ci sono anche io, dai passa, papà, cosa aspetti, passa che poi ti conviene di più... *etcetc, sempre uguale + sorella a dare manforte*
(conversazione di una neo-laureata, evidentemente lesa, farei notare)

Questo solo l'inizio. Io e i miei abbiamo appurato come fosse l'intera famiglia così - buon sangue, deh - il che ci è valso un tragitto in compagnia di quindici persone che hanno passato il tempo continuando a ripetere le stesse cose, le stesse, incessanti, inutili, velleitarissime (si dirà?) cose, da bocche diverse. Commentando che:
"Sì, stiamo passando questa stazione, ma abbiamo già passato questa stazione? si che abbiamo passato questa stazione! Ma no, che questa stazione non è quella prima, ma quella che era prima l'abbiamo già passata? Ma no che non abbiamo passato quella prima! allora non siamo a questa stazione, siamo a quella stazione. Ma quand'è che arriviamo a quella stazione? la stazione era diversa! ma è quello che le fa tutte? ma per tutte intendono tuttetutte? Ma tutte tutte tutte significa tutte anche quelle che tutte non sembrano? ma tutte tutte tutte significa che salta le principali? ma se le fa tuttetuttetutte.."

Crissssstoforo Colombo, gioca ad Angry Birds sul telefono piuttosto. O dormi come il nonno tuo cerca di fare ogni volta che gli rompi le balle, pur vedendo che è esausto.
Sono io? Sono io ad essere sbagliata?? No, ditemelo, vi prego. Sono stressante pure io, quando mi ci metto, ma non credo a tal punto così... Così.
Perchè? 


P.S.: tanto per ridere, domenica ho un esame di certificazione linguistica che probabilmente cannerò. Sì, di domenica. All'Una. Sono Pazzi, Questi Giapponesi.

giovedì 25 ottobre 2012

Brubabbaluppratt

Sì. Un mese e mezzo che non scrivo. Pazienza, ho altro a cui pensare. Se è per questo, è altrettanto che non sforno un video. A questo rimedio appena mi vien voglia di aprire un programma di editing non collaborante con il montaggio.
E inizio il post con un neologismo spuntato dalla cacofonia di voci del delirio puerile-nipotale. 

Ora.
Pensiamo.
Perchè oggi evidentemente non mi son già spremuta abbastanza le meningi - deve essere così, il mio QI deve alzarsi per comprendere i ragionamenti reconditi dietro questo.

Obiettivamente, 99 su 110 è un bel voto. In una scala decimale, corrisponde a un 9 spaccato. Su 100, a un 90, se la matematica non è un'opinione come Ca' Foscari crede. Stando tuttavia al periodo ipotetico appena puntato, mi girano un tantino le balle.
Secondo la Venetiarum Universitas, un 25,5 abbondante di media viene arrotondato per difetto.
Difetto.
D i f e t t o.
A parte che a prescindere una media ponderata non dovrebbe essere riportata in centodecimi con arrotondamenti. Secondo tale illustre logica, un 25 vale 91 punti, mentre un 26 ne vale 95.
Che i numeri 92, 93 e 94 vadano a cercarsi un altro lavoro precario, tanto sono inutili.
In ogni caso, se arrotondi, lo fai come siora Matematica comanda. Ovvero, le cifre con un 5 decimale abbondante (tendente al 6) vanno verso l'alto. Non puoi arrotondare solo a chi ha un 8 o un 9, pure storcendo il naso. Non puoi. Questo vuol dire voler solo incassare più soldi per evitare di far sconti di tasse dal 100 in su. Basta.
Ergo, mi sono trovata con un 91 immeritato. Più 2 di bonus, graziaddio. E 6 pieni di tesi, che vuol dire che forse - ma forse appena - il mazzo me lo son fatto comunque.

Non impreco solo perché sono stata occupata a tirar giù di tutto nel resto della giornata. In quanto, dato che ancora non l'ho detto, questa è stata solo la ciliegina. 
In realtà, la nottata-mattinata pareva essere iniziata bene.
Beata positività notturna.

Ero appena rientrata da una serata fuori - nonché dalla visione del film Hunger, che pur nell'intensità di trama e tematiche direi proprio che merita. Mi sono resa conto, appena rientrata, di esser rimasta con 5 euro in portafoglio. Quello era tutto l'ammontare delle mie finanze, letteralmente. Non ho un libretto bancario, non ho più soldi in prepagata, non ho nulla, fondamentalmente, se non vado a domandare ai miei. Che comunque non disturbo, visto che a giorni stanno peggio di me.
Comunque, fresca di ritorno, guardo la mail per controllare che un paio di cose siano arrivate. E mi trovo un messaggio dal responsabile per il team di volontari alla GMG 2013 di Rio de Janeiro.
Parentesi: Io alcuni mesi fa ho compilato il modulo di richiesta, convinta di mettermi in gioco pur con vaghissime speranze di uscirne selezionata. Ma pareva che le spese fossero a carico totale dell'organizzazione, quindi perchè non dare una chance a tutto?
Conclusione: Mi hanno effettivamente selezionata.
Esatto.
Ho la possibilità di andare come volontaria internazionale alla GMG di Rio. Per due settimane. Ma le spese coprono solo gli spostamenti, il vitto e l'alloggio in loco. Ad arrivare lì e al Kit del Volontario ci devo pensare io. Illusa, sono andata a dormire più contenta che altro.
Di nuovo sobria, nella mia veste quotidiana, mi sono resa conto del fatto che io non ho un soldo e che posso chiedere meno di zero ai miei, contate le tasse universitarie - più il fondo Giappone che fatica enormemente a venir fuori.
Obiettivo: trovare una cassaforte zeppa di quattrini. Perché deve esistere, da qualche parte, abbandonata in mio nome.

Aggiungiamo a questo anche qualche genialata del prof di strategic management - sì, corso in inglese; sì, essendo linguisti ci piglia per mezzi scemi e sì, accento inglese suo moooolto maccheronico.
Per lui, si può fare un progetto da esporre in gruppetti di 2-3 persone, oralmente, che pur non essendo obbligatorio è caldamente consigliato per tentare di raggiungere i voti dal 27 in su. E sinceramente, questo io lo vedo obbligatorio. Ma comunque, prima tale individuo ci dà tutto il tempo del mondo per organizzarci, dandoci spunti di analisi e di creazione dei contenuti indicativi. Poi, a man bassa, proprio oggi che io manco dice che le slides non modificabili dei progetti vanno inviate entro il 6 novembre.
Sei. Novembre.
Una settimana e mezza. Dieci giorni. Con un mezzo ponte e due weekend in mezzo, più corollari vari di impegni.
Oh, se vuole farsi voler male, oh, se è sadomaso!
In più, anche se ne aveva già accennato, annuncia un recupero triplo dalle 10.30 alle 15.30 questo sabato.
Sabato.
La logistica ha deliberato che Ca' Foscari farà qualsivogliaciccibiricoccola recupero il Sabato.
No, ma io non avevo impegni, eh. E manco fossero stati impegni leggeri- uno era per finire di organizzare il gruppo per le ragazze scatenate di domenica, che dovrò pure tenere da sola (aiuto, aiutoaiuto); uno per andare a trovare mia cugina rientrata dall'ospedale, con prospettive poco carine.
Più da qualche parte dovrei infilarci lo studio. E il sottotitolaggio "semi-professionale" richiesto da un'altra lezione.
Innanzitutto lo studio, visto che tra un mese ho un test di certificazione linguistica che è una bestia nera.
Ma è solo un pensiero.

Io...Io...Io...
AArrgh! *pffft*
Vado a lavarmi. Almeno non puzzerò.

martedì 17 luglio 2012

Perceptions

If the doors of perception were cleansed, every thing would appear to man as it is, infinite. {W. Blake} 

Sforzarsi di comprendere l'entità e l'effettività di certe sensazioni consuma molte risorse. Soprattutto se i tentativi si rivelano vani.
Avrete provato, di certo, a sondare il comportamento di qualcuno, nel corso della vostra vita. C'è chi è più portato per questo genere di cose, chi meno. Come anche chi riesce a recepire di più quando i fatti sono riferiti alla propria persona e chi, al contrario, li assimila solo quando avvengono nelle interazioni tra altri.
Teoricamente, io sono più propensa a quest'ultima opzione.
Teoricamente.
Perchè quando inizia a rimescolarsi tutto, a livello intellettivo ed emotivo, certe distinzioni non sono labili. No. Direi piuttosto fatte di una sottilissima pastafrolla, di una specie male amalgamata, che finisce col frantumarsi tutta appena tenti di sollevarla dal piano su cui l'hai stesa. Plafff, e via che si sfracella giù. Senza contare che poi ci si va addosso di mattarello, a sfogare la frustrazione per l'opera non riuscita. Sbam!
- Perdonate la metafora dolciaria, ma ho un bisogno disperato di sweets e non ne ho in casa.
Accettasi donazioni. -
Image by InfuzedMedia

Tornando a noi, la prospettiva varia visibilmente in questi attimi di confusione. O meglio, è già variata a priori tanto da mandare i neuroni in pappa, scatenando una guerra civile intestina al cervello tra istinto e razionalità. Avete capito - se non vi è chiaro, è chiaro lo stesso perchè lo dico io.
Se prima eravamo convinti di poter agire a mente fredda di fronte a determinati avvenimenti, spontanei nella natura delle relazioni umane, quando iniziano a intaccare pericolosamente la nostra sfera personale le variabili cambiano a tal punto da spingere l'irrazionalità all'azione. Fermati, porca paletta!
Con l'interessante risultato che non ci si capisce più una bega. Ma di nulla, neanche di quel che prima si poteva dare per assodato.

In tutto ciò, nel gioco di percezioni che si fa battaglia in noi, mentre sfoggiamo spesso e volentieri un atteggiamento affabile e quanto più privo di ambiguità si riesca davanti al Mondo, ovviamente non siamo soli. Nonnò. Perchè sarebbe troppo facile. Perchè se non intervengono terzi a spappolare quel che rimane delle nostre convinzioni non è divertente.
Siamo in un sistema tremendamente aperto, ormai. Isolarsi non serve a nulla. Certo, se taluni individui si astenessero dal complicare il nostro disperato tentativo di recovering (non mi viene il termine italiano) da tali scioccanti esperienze percettive, non ci lamenteremmo. Sia che lo facciano consciamente, sia che ci cozzino contro in modo involontario. Che poi, per me di volontà ce n'è eccome, sotto sotto. Giù, in fondo. Da qualche parte c'è.
Terroristi emotivi: schiantatevi.


Nonsense?

martedì 29 maggio 2012

Vultures Pret-a-porter, a.k.a. "La Coerenza dello Sciacallo 2.0"

(Titolo ripreso da QUESTO post)

Ebbene, in chiusura dell'ennesima finestra di esami, arrivo anche io a commentare un tema caaaaldo e piuttosto in movimento. Alias, il Terremoto. Già. Fantasia portami via.
Avevo pensato di fare direttamente un video in proposito, ma preferisco scrivere le mie opinioni di getto qui. Nonostante non sappia ancora come esprimermi, in proposito. Credo di avere un po' di idee, in compenso. Sarà un lungo post.

Iniziamo col dire che, per quanto riguarda la sottoscritta, non ho sentito la scossa di stamattina, dalla mia postazione veneta, a differenza di altri miei compaesani. Confido che sia da ringraziare il mio Water, a quanto pare più antisismico di quanto non lo sia stato il letto la mattina del 20. Difatti, nove dì or sono la sottoscritta è balzata in piedi alle 4.04 del mattino convinta di essere preda di allucinazioni da fase Rem, mentre le sponde del mio giaciglio sobbalzavano e oscillavano al ritmo del lampadario - che per cronaca ha smesso di muoversi dopo mezz'ora, per poi farmi da strumento di rilevazione nelle successive tre ore.
Scopro poco fa che il nuovo sisma ha mietuto, purtroppo, nuove vittime in zona Modena, già colpita e messa a dura prova con i danni aggravati. Vedo anche parecchie foto in giro, oltre a innumerevoli status sui vari Social Network di turno. Più i primi articoli, alcuni per il soccorso, alcuni di testate giornalistiche che sfruttano l'informazione online per aggiornarsi più di quanto non farebbero da sole.

Ora, analizziamo i fatti.
La gente si rifugia su Twitter, Facebook ed Instagram per condividere i momenti pre-durante-post terremoto, cercando di approfittare della funzionalità del loro "essere social" per condividere quanto più possibile, fattore di cui come già detto approfittano i giornali per le proprie news "ufficiali".
Scandalo, ridicolo! Ohibò, Repubblica e Corriere pubblicano foto messe a casaccio online da gente che invece di urlare disperata e salvarsi dal cataclisma ha preferito aggiornare gli status e fare foto "artistiche"!
Vi immaginate le polemiche nate riguardo al punto in cui sia arrivata l'influenza delle piattaforme online sul nostro agire? Ne sono nate a go go. Figuriamoci quando qualche buontempone (per evitare di dare altri attributi) ha creduto bene di far del sarcasmo e sfruttare l'onda per pubblicizzarsi. Del tipo "Stanco delle scosse?? Fuggi ai Caraibi, per te oggi prezzi vantaggiosi!", oppure "Vuoi stare in un posto sicuro e da sogno al contempo? Rifugiati dal sisma all'Hotel Babbalopotto, vista mare e solo onde d'acqua!".
Andiamo. Così rendono la critica fin troppo facile, ammettiamolo.
Infatti, in molti abboccano prontamente all'amo, facendo pubblicità - non tanto positiva, ma pur sempre tale - a suddetti enti. Era capitata una cosa del genere anche il 20, con alcuni personaggi noti che avevano fatto battutone piuttosto fuori luogo. Sono provocazioni quasi fatte ad hoc, ma pare che ancora la gente questo non lo colga e preferisca andar dritta per la sua strada.

Perché sì, nel bel mezzo di un'emergenza la prima cosa a cui la gente d'oggi finisce per pensare è darne un riscontro sul web. Tuttavia, reputo insensato indignarsi per una cosa del genere, appigliandosi a questioni che non c'entrano granché con i problemi in atto.
Image by Richard Parker
Infatti, ci sono anche stati blog "d'informazione" - credo, almeno, si definiscano così - che hanno voluto enfatizzare un supposto nonsense in tutto questo meccanismo, arrivando anche a chiedere "Ma che puoi fare condividendo una cosa, renderla virale, farti figo, essere spudoratamente plateale?".
Se dovessi risponder loro personalmente, saprei che dire: certo che sì.
Forse ancora qualcuno non vuole vedere cosa i Social Network sono diventati. Che lo si voglia ammettere o meno, sono la piattaforma di comunicazione futura. Davvero è sbagliato pubblicare una foto delle macerie di un edificio storico crollato? E soprattutto, sbagliato in base a quali parametri, quali modelli, quali opinioni?

La società contemporanea basa una grossa porzione della propria esistenza sui rapporti telematici, questo è un dato di fatto; ciò ha sia risvolti positivi che negativi. Scommetto che di negativi ne potete evidenziare diversi anche da soli, soprattutto dal punto di vista umano e relazionale. Dall'altro lato, abbiamo invece una comunicazione variegata, con moltissime interpretazioni, che pur non essendo mai accurata all'inizio si rende utile sotto molti punti d'osservazione. Internet promuove la libertà espressiva, pur sottoponendola a influenze opinabili, e direi che questo è un grande traguardo per il nuovo millennio, con ampissime possibilità di sviluppo. Grazie ad esso, si può aver accesso a un database immenso di nozioni di qualsiasi genere ed estrazione.
Ciò non vuole assolutamente dire che sia una cosa rosa e fiori, come ogni argomento che vi possa saltare in mente - e come ho già detto - c'è sempre un risvolto della medaglia.

Nel caso specifico del terremoto in Emilia Romagna, con scosse in tutto il Nord, lo Tsunami di post e notizie personali comparsi sul web ha stupito. Non me, ma molti sì.
Io non mi ritengo sorpresa da questo riscontro. Lo dirò senza tanti fronzoli, ho postato anche io degli status sul terremoto, domenica scorsa, appunto perché sono stata colta nel bel mezzo del sonno come molti altri.
Il motivo di tutto ciò?
Si è attivato un meccanismo piuttosto semplice, a mio avviso.
Primo - ondata generale di panico, alimentato dal provare forse per la prima volta qualcosa a noi sconosciuto. Si teme sempre quel che ancora non si conosce, non lo dicono solo nei film.
Secondo - se una persona non è particolarmente ansiosa, una volta passato l'attimo riprende con calma il proprio iter; se invece lo è, il discorso si complica e la ripresa delle attività regolari verrà ritardata.
Terzo - la persona ansiosa finirà con il cercare qualche punto fermo, qualcosa che possa ritenere sicuro e ordinario per dare a sé stessa un sentore di tranquillità, facendo scendere l'agitazione.

Siamo onesti, quale cosa più ordinaria esiste, ormai, che non sia social?
Tutti gli interventi online, fonti ufficiali a parte, hanno costituito un grosso database di persone che cercavano qualcuno con cui condividere le proprie ansie, i propri timori, anche banalizzando o ridicolizzando la cosa. Uscendo per strada, si può ottenere in parte ciò, non dico altrimenti. Ma anche internet è un buon maniglione antipanico.
Il social è familiare, il social è sicurezza. Fa venire i brividi, per un certo verso, ma ahimè, ormai è così.
Esiste tuttavia chi prova appunto a puntare il dito a tutti i costi verso questi eventi, da ritenere secondo lui/lei/loro "scandalosi". La mia domanda è: questi individui credono di essere al di sopra di tutto? Non si rendono conto di far parte loro stessi, così facendo, del giro, soprattutto visto e considerato che per le loro critiche vanno online e sui social stessi? Non pensano così di entrare nella cerchia degli "sciacalli" di turno, come amano definirli? I media sono sciacalli, le persone che scattano foto amatoriali sono sciacalli, la gente che si dispera online fa l'effetto bimbominkia-sciacallo, chi critica senza sapere è sciacallo, il mio vicino mezzo sordo che secondo le statistiche usa internet ma se dico "modem" mi guarda storto è sciacallo...
Tutti canidi, qui.

Loro no, eh. Loro assolutamente mai potrebbero essere tali. Loro si indignano. Loro sono bravi.
Indignati per cosa, per una foto che documenta un fatto di cronaca? Indignati per uno dei sistemi più aperti all'opinione? Perché indignarsi è tanto di moda quanto ormai lo sono i Social, quindi se non ti indigni ti tolgo dai contatti o ti banno dalla pagina?
Siate onesti con voi stessi, amici commentatori, e almeno ammettete di essere un po' incoerenti. Giusto un po'.
In fondo, mi sto aggiungendo anche io alla vostra schiera, quindi vi posso capire.
Ma per favore, fate fare i finti moralisti a qualcun altro.

martedì 20 marzo 2012

Dear Universe, the whole concept of "sarcasm" should be banned, sometimes

I've been thinking about a couple of things, in the last few days. Nothing special, someone would say, even if those were actually soul-mode-made. (soooo much love for this kind of words)
The most exciting point of this is that even if the majority of them was thought in Italian, right now I feel way better writing in English. You know, there are moments, in every linguist's life, in which you can't carry on speaking in your mother-tongue.
Really, that's simply statistics: you get bored, you need to hang on anything that keeps your brain active, responding to the world trying to confuse it with its unbalance and, as a matter of fact, you end up changing language.

By the way, why, heavenly spirits, did I pop up with such a title??
That's actually the very first sentence that came up to me as I selected the "post" button in Blogger's summary.
It did, certainly, have something to do with my weekend's duties - even if I startled myself, too, as I wrote down this kind of brainy-like aphorism. I'm not actually starting to behave as the-pompous-writer-I-obviously-am-not-and-never-be. Do I?

- As if it wasn't clear,
I hereby declare I will always worship
hyphens and hyphens-related words.
Aww. - 

To be honest, I'm losing grip on today's theme once again. Don't bother, I shall go on. Maybe. Even if I can't be truly reliable on how much it will take to recover from this beginning. But yay, shan't we try? I just want to write something, after all.

Theme. Focus. On. The. Askjbfksdklgattic. Theme. {said her to herself, tilting the head as if something pushed it down}
Sarcasm
The theme was something sarcasm-related. I'm sure of that. I'm right now not quite aware of the content I was about to put in my very personal instance about it, nor I'm aware of why I'm in this world and not in some kind of other parallel Universe, but still.
Oh, yep. Maybe I'm on it. Not sure, but I'll try.
Let's think about it, sarcasm is on our way in any time, any moment, any cantankerous (lovely word) and bilious person we shall meet while walking our path on road's sidewalks. I'm a pretty sarcastic person. But to be real, even the most sardonic individual may be annoyed by the umpteenth "You Don't Say??". Being it in a conversation, being it the new meme on Facebook.

Honestly, I'm the first one to be accused of the massive amount of sarcasm thrown upon people. And things. And Animals. Livings, objects, situations, your mother's eyes like Harry Potter, or even the not-like-his-colour-at-all Lily's eyes in the last movie. Whatever. Anything, really. I can be terribly tiring.
But there are times that's too much even for the stressful young woman I am. Because there are some.. let's call them... "unique", dear people out there, that should ask to Universe, as they wake up "Really, is this the day in which I'll finally be able to recognize when I should talk? I've been sooooo looking forward to it!".
Actually, they don't mean it, it's simply spilled out of their mouths in the worst moment they should take.
Seriously. Thinking about it, it's a Universe's fault, featuring the World with all its things - and, I'd bet, also someone else who decided to have some fun with us, mortals, for a change (really, I believe in You, but.. why??).

The fact is, the fateful - and, if you're lucky, temporary - mediation of one of these Chaos-bringing sarky people may as well ruin your discourse, making you lose your point or, worse, wear off your self-confidence in doing/telling/realizing something you've been considering for a bit.
So, annoying. I know when not to use sarcasm, commonly. Maybe, not sure.
Oh my God, I might myself have been one of those beings.
Too complicated. Why did I even start this thing?
Beats me.

giovedì 17 novembre 2011

Questione Di Tatto



{Posted on 11/09/11 at http://myworldmylife.splinder.com/ }

Fáilte.

Ritorno dopo lunga riflessione e immensa pausa, lo so.
Ma in ogni caso, torno alla ribalta con questioni impellenti, quantomeno per me.
Potrei tirare in ballo il fatto che oggi è l'11 settembre, decennale delle Torri Gemelle oltre che compleanno di circa tre o quattro persone a me note. Forse quattro, non son sicura. Potrei altresì fermarmi a vedere come si stia evolvendo il mio cammino formativo personale, o come la mia carriera universitaria stia vivendo un momento chiaroscuro, quasi quanto le mie abilità scrittorie - messe peggio, oserei dire.
Ma no. Perchè fermarsi su cose tanto banali?

Soffermiamoci su qualche elemento particolarmente interessante. Ad esempio, perchè il tocco è galeotto? Mi spiego: io sono una persona che pone in una luce importante il contatto fisico. Lo vivo come momento di comunione con l'altro, per cui prima di arrivare a tanto ho bisogno di percepire quantomeno una sintonia apprezzabile. La cosa riesce meglio con certe ragazze, piuttosto che coi ragazzi. Questo presumibilmente per varie pare mentali riguardo al mondo maschile, mai sopite da che adolescenza fu. Discretamente comprensibile.
Esistono ometti il cui contatto ormai mi vale meno dell'acqua calda - anni di vicinanza aiutano. Esistono ragazze che, pur se note da poco, sono particolarmente tendenti alla vicinanza materiale, tanto da farla sembrare una necessità anche a me, empaticamente, quantomeno con le loro persone. Altrettanto, ricerco il contatto con chi pare averne assolutamente bisogno, anche se privo del coraggio di esporsi per primo, tanto che comunemente è l'altro che poi si abitua alla cosa - e qui la differenza uomo-donna ha poco rilievo, seppure ovviamente mantenga certe riserve verso l'altro sesso. Prima o poi le leverò.
Sostanzialmente, il fattore tatto è come il fattore C, ovvero va molto a momenti. Da quelli in cui non mi staccherei più da una persona, al totale opposto - in questi, se qualcuno osa toccarmi, potrei violare il mio status d'immacolatezza solo per staccargli la testa a morsi. Il che, umanamente parlando, si riduce ad allontanarsi materialmente dall'individuo, o scrollare di dosso con una certa stizza qualsiasi cosa mi stia sfiorando che non rientri nella mia personale sfera. Ultimamente, ho affinato la tecnica di autocontrollo, tanto da attuare il mio obiettivo con la più delicata possibile nonchalance. Incrociando le dita, l'altro non se ne dovrebbe rendere conto, o almeno non tanto da farmelo notare.
Lo stesso avviene quando qualcuno ricerca fin da subito un approccio fisico. Se ci limitiamo a presentazioni, due baci sulle guance e via, ce la posso fare. Sono programmata ad accettarlo (cielo, sembro una specie di automa). Se dopo cinque minuti stringi manina, ti appoggi addosso, mi scrolli amichevolmente eccetera eccetera, sappi che non sei nelle mie grazie. E soprattutto non ci entrerai solo perché tenti di fare il/la simpatico/a per via di contatti puri e crudi di questo genere.
Nnnnnno. Immaginati di avermi davanti, di parlare con me faccia a faccia; se ancora non comprendi, leggi il labiale: "Nnnnnno". Punto.

La traccia tattile di una persona rimane addosso più di quel che un individuo comune si immagina. Per "individuo comune", intendo chi non si cura troppo di ingorghi mentali quali i miei. Gente normale, apparentemente - ma non sostanzialmente - come me. Se la sensazione al tocco è quella che si ottiene con una qualsiasi nuova conoscenza o persona nota, ci si può non fare caso.
I problemi essenziali iniziano a sorgere quando si rileva un'impronta particolare. Essa lascia una strana impressione, tanto che può arrivare a creare due reazioni distinte: il fastidio da una parte e la nostalgia dall'altra.
Ovviamente, esistono le mezze vie, sane o meno, individuabili in cose come sentirsi in maniera obsoleta dopo il contatto, piccoli formicolii insistenti che lanciano segnali a intermittenza al cervello, e via dicendo. Le due reazioni essenziali consistono appunto nel fastidio, ovvero desiderare che quel contatto non sia mai avvenuto, o contrariamente nella nostalgia, volere nuovamente quel contatto, consci di quanto la nostra concezione ci imponga di rispettare le sfere personali e non sembrare maniacali.
Vivendola come la sottoscritta, la testa inizierà a non stare più dietro alle questioni da risolvere in merito.
Se provo fastidio, quale è mai la ragione, come posso risolvere la cosa, perchè non posso conoscere o simpatizzare comunque con questa persona senza avere il pensiero fisso di una pessima sensazione iniziale?
Se invece la cosa è volta alla nostalgia, cosa può significare per me una scarica simile, perchè non posso partire da un semplice grado di conoscenza senza il preconcetto che ci sia stata una qualche sorta di scossa, di legame istintivo derivato anche solo da una semplice stretta di mano?
Non che ci si salvi dalle mezze vie. Son problematiche anche quelle.
Si tratta di cose non semplici da gestire. Uno può pretendere che non sia successo nulla, per non impazzire dietro a sensazioni che lo distrarrebbero troppo, come pure pretendere in certi casi che il sentore di un qualche cosa ci sia stato, per autoconvincersi della presenza di un legame, negativo o positivo che sia.

Essenzialmente intoppi mentali, ma di quelli seri temo. Uscire da schemi di questo tipo non è facile, quanto non lo è rimanerne dentro. Si tratta di una sorta di circolo vizioso, in cui si deve sperare che le impressioni tattili siano solo leggere, quindi facilmente interpretabili, sviluppabili e manovrabili. Hai una sensazione carina? Bene, vorrà dire che tenterai una relazione buona. Ne hai una non tanto positiva? Altrettanto; cerca comunque di mantenere un tuo equilibrio relazionale, magari evitando di farti coinvolgere in cose che non reputi affini a te.
Se le impronte del tocco altrui si avvinghiano in modo forte, ossessivo, viene da domandarsi di tutto e di più, finendo col non poter reagire in alcun modo, sentendosi bloccati in una sorta di labirinto di idee, opzioni, pulsioni, nel quale i percorsi stessi sono la relazione te-altro, il centro è l'equilibrio relazionale e l'uscita la fuga a gambe levate, col distacco totale da quel legame. Soluzione drastica e spesso devastante, quest'ultima - decisamente più del doversi raccapezzare tra le siepi intrecciate del labirinto. A meno che non sia la relazione stessa ad essere per noi ampiamente nociva, cosa che si può capire solo dopo lunga e intensa autoanalisi, la fuga sarebbe sconsigliabile.
Solo che neanche rimanere bloccati nelle varie stradine è granchè simpatico. Ma non ci si può fare nulla. Sperare che anche l'altro sia stato in grado di percepire le stesse nostre impressioni potrebbe essere un'opzione, augurandosi che poi intenda collaborare alla risoluzione. Altrimenti, venire a capo da soli di queste sensazioni da tocco è un'impresa piuttosto seria.

Contorto.

La domanda sorge spontanea:
Perchè ho così tante pare mentali?

La Moralità Dei Vecchi

{Posted on 09/05/11 at http://myworldmylife.splinder.com/ }

Torno dopo due mesi, con la malsana idea di dedicarmi a una cosa del genere solo in periodo esami. Pessimo tempismo.

Lascia sempre più perplessi una cosa, tra le tante. Tra i discorsi che mi rimbombano in testa, come credo avvenga ormai a molti della mia generazione, c'è quello di non avere più alcun ideale, nessuna morale. Sapete, l'accusa della carenza di princìpi, quando la vecchia generazione - comunemente i nati fino agli anni '60 - punta il dito contro la nostra fascia d'età - dai primi anni '80 in poi, all'incirca. Sì, sono conscia di aver tralasciato una ventina d'anni, ma quella è una porzione a sè, che conosco solo limitarmente.
Ritornando a noi, ci definiscono totalmente disinteressati agli avvenimenti sociali (oltre che politici, ma quello è ormai da due turni che lo si trascina avanti) che caratterizzano la vita quotidiana, e, moreover, menefreghisti del futuro, insoddisfatti ma mai attivi per cambiare, eccetera.

Viene spontaneo domandarsi: se anche ciò fosse vero - e avrei molti esempi che potrebbero dimostrare il contrario - com'è che sono loro a farcelo notare e non ce ne rendiamo conto da soli?
Ho posto la domanda ad alcune persone, in Università, ricevendo perlopiù critiche verso il sistema politico-istituzionale. Probabilmente ho parlato con individui sbagliati, perchè la questione non va fatta orbitare attorno alle solite e scontate tematiche che fanno impazzire i media, almeno dal mio punto di vista.
Io sono di quelli, infatti, che accolgono l'accusa di volersi astenere dal prender parte politica, e con vanto. Ho anche io le mie cose da dire in merito, certo, ma devo proprio associarmi un partito, categorizzarmi per esser ritenuta un'opinione valida?
Qui il primo problema: le categorie. Ho avuto modo di carpire, tra una discussione e l'altra, che la cosa che non va giù a chi ci ha preceduti è il fatto che difficilmente i teenager o i ventenni d'oggi riescono ad essere categorizzati come i "vecchi" vorrebbero. Ovvero, di certo possiamo tra noi individuare gruppi di appartenenza, divisorie, elementi che ci smistano sotto l'uno o l'altro stereotipo; più palesi che mai sono le distinzioni tra truzzi, emo, bimbiminkia, rockettari, metallari, punkettoni, hiphoppari, o tutti quelli che continuano a spuntare come margherite, chennesoio. Siamo pieni di categorie anche nel nostro, visto che abbiamo imparato dai migliori. Solo che queste caratterizzazioni non sono chiare ai "membri esterni". Esterni a cosa, poi, devo ancora capirlo.
Il gap generazionale può anche starci, le incomprensioni da un'epoca all'altra sono sempre esistite e sempre continueranno a emergere. Quello che non si comprende è perchè, se davvero siamo così incomprensibili ai predecessori, essi debbano per forza inquadrarci in determinate maniere, pur non potendo entrare nella testa altrui, pur non riuscendo a riconoscere quel che facciamo o quel che siamo senza preconcetti, che chissà da dove sbucano. L'impressione è che si siano per forza di cose dovuti inventare uno scenario da applicarci, altrimenti non andavamo bene. E noi, bravi bravini, molto spessi ci siamo adattati senza fiatare. Ormai, le cose e le modalità esistenti erano quelle già pensate da loro, no?

Arriviamo ad un altro punto della questione, quello che ha fatto partire i miei ragionamenti a dirla tutta: può la vecchia generazione ritenersi superiore alla critica morale che essa stessa muove?
Mi spiego. Tutto ciò in cui i vecchi ci accusano di peccare non li riguarda e basta? Si sa, le prediche più forti tendono ad arrivare dal pulpito sbagliato, da chi quelle cose dice di riconoscerle proprio perchè ci è passato, o per non dover ammettere di esserci profondamente immerso. Non è valido per tutti, questo è sicuro. Generalizzare totalmente è sbagliato. Ma lo è da entrambe le parti.
Ho visto ragazzi con idee ferme, una propria struttura mentale, non per forza categorizzabile sotto una linea filosofica specifica, un credo religioso o un partito politico. Ragazzi convinti di avere qualche futuro, anche se non ancora definito, di poterci lavorare sopra senza paura, con volontà di agire in qualche modo per far capire che "Noi ci siamo". Possono aver fallito, possono essere caduti, ma difficilmente si sono fermati.
Ho osservato uomini, cinquanta-sessantenni, rovinare sè stessi e circondiario perchè non avevano più nulla a cui appigliarsi, una convinzione, un qualche tipo di speranza, azione. Automi in tutto e per tutto, talmente tanto si erano abituati al procedere inesorabile della vita. Vivevano - e vivono, anche se come termine è piuttosto errato - in modo passivo qualunque cosa, incapaci di abituarsi al cambio della guardia e al fatt che le cose non restano ferme. Il tempo procede; loro non restano solo indietro, no: rimanere indietro significherebbe potersi rimettere al passo, facendo una corsa un po' sforzata. Hanno così tanta paura del cambiamento e del non cambiamento allo stesso tempo da rimanere immobili, se non addirittura ridursi a scappare follemente verso qualcosa che è stato e non è più, o che magari nemmeno è mai stato, se non nella loro testa.
La cosa peggiore è che non se ne rendono conto, o se accade loro di avvedersene ignorano tutto e piuttosto cercano di scaricare le proprie pecche sulla pelle di chi ritengono possa essere più vulnerabile, più debole. Provano un piacere intrinseco a liberarsi di pesi del genere, opprimendo chi ha ancora davanti potenzialmente molti anni. Tentano, sostanzialmente, di stroncare sul nascere il cambiamento, di qualsiasi tipo esso sia.

Il vizio è stato acquisito da molti della generazione intermedia, quella della ventina d'anni che ho tralasciato. Molte critiche sono appellabili a loro, mentre forse in realtà questa frazione di cittadini è l'unica realmente neutrale, semi-indifferente, e a ragione. Come uscire dal circolo vizioso, se non arrendendosi in parte ad esso? Andrà forse meglio a chi verrà dopo, sempre che non venga coinvolto in questa spirale. Brutti affari.

Mi viene da pensare che la morale dei vecchi sia un'utopia che loro stessi si sono creati, per la maggior parte. Tanti si sono resi conto della deriva che hanno preso; alcuni hanno ingranato una marcia di riserva, iniziando a dare qualche vaga opportunità ai successori per riscattarsi ed entrare a far parte della vita comune.
Altri si sono totalmente persi. E quel che è peggio è che continuano a trascinare con sè molti altri.
Il perchè, poi, vallo a capire.
Ma in fondo, chi sono io, "ragazzina" ventenne, per permettermi di fare discorsi simili?