giovedì 25 ottobre 2012

Brubabbaluppratt

Sì. Un mese e mezzo che non scrivo. Pazienza, ho altro a cui pensare. Se è per questo, è altrettanto che non sforno un video. A questo rimedio appena mi vien voglia di aprire un programma di editing non collaborante con il montaggio.
E inizio il post con un neologismo spuntato dalla cacofonia di voci del delirio puerile-nipotale. 

Ora.
Pensiamo.
Perchè oggi evidentemente non mi son già spremuta abbastanza le meningi - deve essere così, il mio QI deve alzarsi per comprendere i ragionamenti reconditi dietro questo.

Obiettivamente, 99 su 110 è un bel voto. In una scala decimale, corrisponde a un 9 spaccato. Su 100, a un 90, se la matematica non è un'opinione come Ca' Foscari crede. Stando tuttavia al periodo ipotetico appena puntato, mi girano un tantino le balle.
Secondo la Venetiarum Universitas, un 25,5 abbondante di media viene arrotondato per difetto.
Difetto.
D i f e t t o.
A parte che a prescindere una media ponderata non dovrebbe essere riportata in centodecimi con arrotondamenti. Secondo tale illustre logica, un 25 vale 91 punti, mentre un 26 ne vale 95.
Che i numeri 92, 93 e 94 vadano a cercarsi un altro lavoro precario, tanto sono inutili.
In ogni caso, se arrotondi, lo fai come siora Matematica comanda. Ovvero, le cifre con un 5 decimale abbondante (tendente al 6) vanno verso l'alto. Non puoi arrotondare solo a chi ha un 8 o un 9, pure storcendo il naso. Non puoi. Questo vuol dire voler solo incassare più soldi per evitare di far sconti di tasse dal 100 in su. Basta.
Ergo, mi sono trovata con un 91 immeritato. Più 2 di bonus, graziaddio. E 6 pieni di tesi, che vuol dire che forse - ma forse appena - il mazzo me lo son fatto comunque.

Non impreco solo perché sono stata occupata a tirar giù di tutto nel resto della giornata. In quanto, dato che ancora non l'ho detto, questa è stata solo la ciliegina. 
In realtà, la nottata-mattinata pareva essere iniziata bene.
Beata positività notturna.

Ero appena rientrata da una serata fuori - nonché dalla visione del film Hunger, che pur nell'intensità di trama e tematiche direi proprio che merita. Mi sono resa conto, appena rientrata, di esser rimasta con 5 euro in portafoglio. Quello era tutto l'ammontare delle mie finanze, letteralmente. Non ho un libretto bancario, non ho più soldi in prepagata, non ho nulla, fondamentalmente, se non vado a domandare ai miei. Che comunque non disturbo, visto che a giorni stanno peggio di me.
Comunque, fresca di ritorno, guardo la mail per controllare che un paio di cose siano arrivate. E mi trovo un messaggio dal responsabile per il team di volontari alla GMG 2013 di Rio de Janeiro.
Parentesi: Io alcuni mesi fa ho compilato il modulo di richiesta, convinta di mettermi in gioco pur con vaghissime speranze di uscirne selezionata. Ma pareva che le spese fossero a carico totale dell'organizzazione, quindi perchè non dare una chance a tutto?
Conclusione: Mi hanno effettivamente selezionata.
Esatto.
Ho la possibilità di andare come volontaria internazionale alla GMG di Rio. Per due settimane. Ma le spese coprono solo gli spostamenti, il vitto e l'alloggio in loco. Ad arrivare lì e al Kit del Volontario ci devo pensare io. Illusa, sono andata a dormire più contenta che altro.
Di nuovo sobria, nella mia veste quotidiana, mi sono resa conto del fatto che io non ho un soldo e che posso chiedere meno di zero ai miei, contate le tasse universitarie - più il fondo Giappone che fatica enormemente a venir fuori.
Obiettivo: trovare una cassaforte zeppa di quattrini. Perché deve esistere, da qualche parte, abbandonata in mio nome.

Aggiungiamo a questo anche qualche genialata del prof di strategic management - sì, corso in inglese; sì, essendo linguisti ci piglia per mezzi scemi e sì, accento inglese suo moooolto maccheronico.
Per lui, si può fare un progetto da esporre in gruppetti di 2-3 persone, oralmente, che pur non essendo obbligatorio è caldamente consigliato per tentare di raggiungere i voti dal 27 in su. E sinceramente, questo io lo vedo obbligatorio. Ma comunque, prima tale individuo ci dà tutto il tempo del mondo per organizzarci, dandoci spunti di analisi e di creazione dei contenuti indicativi. Poi, a man bassa, proprio oggi che io manco dice che le slides non modificabili dei progetti vanno inviate entro il 6 novembre.
Sei. Novembre.
Una settimana e mezza. Dieci giorni. Con un mezzo ponte e due weekend in mezzo, più corollari vari di impegni.
Oh, se vuole farsi voler male, oh, se è sadomaso!
In più, anche se ne aveva già accennato, annuncia un recupero triplo dalle 10.30 alle 15.30 questo sabato.
Sabato.
La logistica ha deliberato che Ca' Foscari farà qualsivogliaciccibiricoccola recupero il Sabato.
No, ma io non avevo impegni, eh. E manco fossero stati impegni leggeri- uno era per finire di organizzare il gruppo per le ragazze scatenate di domenica, che dovrò pure tenere da sola (aiuto, aiutoaiuto); uno per andare a trovare mia cugina rientrata dall'ospedale, con prospettive poco carine.
Più da qualche parte dovrei infilarci lo studio. E il sottotitolaggio "semi-professionale" richiesto da un'altra lezione.
Innanzitutto lo studio, visto che tra un mese ho un test di certificazione linguistica che è una bestia nera.
Ma è solo un pensiero.

Io...Io...Io...
AArrgh! *pffft*
Vado a lavarmi. Almeno non puzzerò.

mercoledì 12 settembre 2012

Fratture

Quando ci riferiamo alle relazioni umane, spesso la terminologia medica torna utile.
Chiariamoci, io l'ho sempre detestata. Ciò non esclude che io possa apprezzare chi riesce ad averci a che fare; diciamo solo che esiste un'incompatibilità latente tra me e l'anatomia umana.
In ogni caso, è palese che determinate espressioni derivate dalla medicina siano nel linguaggio di tutti i giorni, anche perché ci sono continui parallelismi soprattutto tra le menomazioni della società e quelle dell'uomo - che sia il termine più corretto, poi?

Ad esempio, "influenza" è una parola valida sia per il ben noto virus invernale, sia per l'effetto contagioso di una cosa su un'altra. Ecco, nella mia frase emerge pure "contagio".
Quindi, non c'è da stupirsi che "frattura" venga usato non solo quando un osso va a rompersi, per i più svariati motivi - da una caduta in sessione d'allenamento a una carica di fan accaniti dell'ultimo idolo adolescenziale. Esiste anche come rottura di un qualche solido, oppure nella separazione di un dittongo - detta anche "frangimento", in tal caso (vi prego, fermatemi prima che continui).

image by Jrtippins
Se devo essere onesta, nessuna di queste interpretazioni - difetto da linguista incluso - ha a che fare con la prima cosa su cui si concentra la mia testa se penso alla parola frattura.
Subentra la mia concezione psicologica umana, in questo caso. Se dico "frattura", penso a quando una persona è danneggiata, dal di dentro; mi viene in mente il rumore che un'ipotetica lampadina nella nostra testa, sottoposta a una carica troppo forte di energia, possa produrre in uno scoppio. Focalizzo la dimensione emotiva di una rottura, definitiva o meno, in un rapporto tra due o più persone.
Non sempre ne individuo la causa. Innanzitutto, perché è difficilmente chiaro da dove sia partita la crepa decisiva che inizia a far crollare in pezzi la struttura. In secondo luogo, perché a un certo punto scatta un meccanismo automatico di difesa - soprattutto se la frattura mi coinvolge personalmente - grazie al quale prendo a ignorare la situazione.

Ovviamente, fa parte dell'incostanza umana arrivare a troncare certe relazioni, sia con un atto volontario che anche no. Se parliamo d'essere scostanti, isso la mia bandiera, giusto per far notare quanto sia il mio campo d'azione - o meglio, più che altro di non azione. Vengono a mancare la voglia di fare, la forza di mantenere e curare le cose/persone incluse nella nostra sfera e, ultima ma non meno importante, il senso del portare avanti certi legami di fronte ad apparenti ostacoli fastidiosi.
Di certo, è una cosa meschina. Ma non lo è anche, forse, finire a un certo punto col domandarsi: "Perché frequento ancora questa persona, se a stento riesco ad ascoltare ciò che dice e a malapena ci parliamo?"

Trovandomi nella situazione di non poter più raggiungere una persona come vorrei, perlopiù sentendomi messa volutamente in disparte di fronte ad altri, l'istinto mi dice di ritirarmi. Faccio di tutto per tornare nel mio bozzolo, attendendo qualche rapporto più sano. Di certo, non è un processo facile, ma di fronte a fratture palesi e difficilmente sanabili è la cosa migliore da ambo i lati.
La parte più complessa del tutto è convincere il mio io emozionale in proposito, senza mandarlo a male.

Mi sembra di essere sempre più cinica.
Posso affermare con abbastanza sicurezza, tuttavia, che la responsabilità non è solo mia. In gran parte, certo, lo è. Ma una grossa porzione va mandata a certi individui di mia conoscenza.
Spero solo se la godano senza tante storie.

venerdì 31 agosto 2012

Inconsapevolezze Aliene

Onde evitare dubbi, non credo agli Ufo.
Il termine "Alieno" è di matrice latina (straniero, estraneo, di altri) e determina qualcosa a noi esterno, l'altro in senso lato. Alieno è chi non rientra nella nostra sfera personale. Alieno è il diverso. Alieno svolge il ruolo di aggettivo o di sostantivo, sia scritto semplicemente così, che con la desinenza "-zione".
(*Disattivazione Modalità Linguista*)

Diamoci una regolata. Sì, dico a te, mio caro Difetto Professionale. Sto perdendo il filo, per colpa tua.
Dicevo, il titolo non c'entra assolutamente un tubo con l'argomento che balugina nella mia testa, anche perché sarebbe stupido parlare di un argomento che non ritengo sia un problema. Cionondimeno, non diate per scontato che io parli di un problema solo perché l'ho detto nella frase precedente. Né che non debba per forza farlo.
Mi sto incasinando da sola, sì. Non mi piace avere urla di bambini per tutta la casa, è una condizione che incide non poco sulla mia coerenza esplicativa. Come penso capiti a chiunque.
Ergo, ignorate le precedenti righe.
Definizione di Alieno a parte, se non vi secca.

Image by milk.milk
Credo fosse Marx ad aver nominato l'Alienazione umana, in ambito lavorativo. Ma siccome ora come ora non ricordo granché delle classi di Filosofia fatte durante il liceo (credo di avere un buco nero, nell'archivio mentale), non vedo perché dovrei tirarlo in ballo.
Dopotutto, non devo nemmeno approfondire le tematiche "lavoro" o "società".
La mia è una questione molto, molto più personale.

Per riprendere il solito fattore Studio - nel caso non si sia ancora capito quanto mi stia a cuore in questi giorni - si stanno verificando circostanze curiose, entro le pareti cerebrali.
Ho iniziato prima di quanto abbia mai fatto, con ripasso, schemi, colloqui da me stessa a me stessa simulando esami orali che mai si verificheranno in maniera così spigliata. Diciamo pure che è più di un mese che sto dietro a tutto. Sono riuscita a mettermi per almeno due ore sui libri anche a ferragosto - sono stata parecchio produttiva, in quei giorni.
Il problema - sì, avevo già intenzione di parlare di un problema - è iniziato ad emergere all'alba della scorsa settimana. Meno due settimane agli esami. Il comune animale universitario, in tale familiare habitat, ci darebbe dentro con lo studio. Io ho principiato invece una lenta, inesorabile discesa. Non sono mai riuscita a studiare per più di quattro, cinque ore al giorno. Per i miei standard, è poco. Soprattutto visto che ci sono sul piatto due esami pesanti e in svolgimento nelle medesime date: suicidio puro, mai più ridursi così - Last Famous Words, già fatto lo stesso l'anno scorso, due volte, con lo stesso proposito di irripetibilità.
Cosa intendo, con tutto ciò?
Le nozioni ci sono. Ho visto almeno una volta, se non più, ogni argomento trattabile, eccetto un paio di discorsi da orale che posso mettere su in cinque minuti (e che quindi, giustamente, saranno piazzati all'ultimo). Vedo le cose e so che ci sono, archiviate da qualche parte. Solo che non mi pare siano mie.
Riesco a riconoscere tutto, ma non a essere la persona che sa.
Oh cielo, non lo so spiegare meglio. Pare quasi mi stia alienando dalla mia testa. Sono qui, ma sono altrove. Penso a tutto e nulla. Avrò guardato chissà quante volte i fogli sparsi sulla mia scrivania. Negli ultimi giorni sono stata su una media di ore che oscilla dalle due alle tre. Facezie, quisquilie e pinzillacchere.
Non servono a far nulla, eppure non riesco ad incrementarle. Potrei esservi intenta ora, ma sono alla tastiera.

Oh, io non mi capisco più. Non che sia andata molto bene in precedenza, ma davvero, prima arriva il 6 Settembre, meglio è. Possibilmente con 24 crediti in tasca e una domanda di laurea.
Askarrabbadd.