sabato 10 novembre 2012

Dottoreggiando

Come far avvenire cose spiacevoli e insperate, parallelamente e/o al contempo?
Semplice. Iscrivetevi all'Università.

Sarò essenziale - davvero davvero, giuro - e andrò dritta agli avvenimenti.


Due giorni fa: Annuncio di possibile errore nel voto, di cui al post precedente, dovuto a una sbagliata comunicazione a monte dalla segreteria alla relatrice del massimo punteggio di tesi (che ovviamente ha coinvolto tuttituttitutti i suoi tutorati) + correzione verbale da un'insegnante giustamente alterata con suddetta segreteria + assenza comunicativa con gli studenti, che fanno tam-tam informativo tra loro per rendersi partecipi a vicenda dei lieti 3 punti mancanti in arrivo

Ieri: Staffetta tra segreterie + conferma del voto modificato, 102/110 al posto di 99 + conferma dei miei conti corretti e dell'evidente confusione mentale dei vari segretari nel dirmi cose strane e paranormali riguardo alla mia media e all'inventarsi punteggi

Oggi: Giorno della Laurea in Piazza San Marco, con previsioni burrascose ma tempo che ha retto, oltre a due mie piante podaliche provate da un azzardo taccoso + la voce suadente che ci annuncia + il Piero, perchè ormai lo si chiama con confidenza + commozioni varie, sotto molteplici prospettive psico-fisiche

Stasera: Pasticcini a sorpresa + bimbi + relacccs con "Yes Man" (niente male) + varie ed eventuali che è preferibile non considerare + #pensierofisso: "Un giorno. Solo un giorno, chiedevo."

Punto. Stop.
Fine.
Davvero.
Ma in ogni caso...
Viva noi!

giovedì 25 ottobre 2012

Brubabbaluppratt

Sì. Un mese e mezzo che non scrivo. Pazienza, ho altro a cui pensare. Se è per questo, è altrettanto che non sforno un video. A questo rimedio appena mi vien voglia di aprire un programma di editing non collaborante con il montaggio.
E inizio il post con un neologismo spuntato dalla cacofonia di voci del delirio puerile-nipotale. 

Ora.
Pensiamo.
Perchè oggi evidentemente non mi son già spremuta abbastanza le meningi - deve essere così, il mio QI deve alzarsi per comprendere i ragionamenti reconditi dietro questo.

Obiettivamente, 99 su 110 è un bel voto. In una scala decimale, corrisponde a un 9 spaccato. Su 100, a un 90, se la matematica non è un'opinione come Ca' Foscari crede. Stando tuttavia al periodo ipotetico appena puntato, mi girano un tantino le balle.
Secondo la Venetiarum Universitas, un 25,5 abbondante di media viene arrotondato per difetto.
Difetto.
D i f e t t o.
A parte che a prescindere una media ponderata non dovrebbe essere riportata in centodecimi con arrotondamenti. Secondo tale illustre logica, un 25 vale 91 punti, mentre un 26 ne vale 95.
Che i numeri 92, 93 e 94 vadano a cercarsi un altro lavoro precario, tanto sono inutili.
In ogni caso, se arrotondi, lo fai come siora Matematica comanda. Ovvero, le cifre con un 5 decimale abbondante (tendente al 6) vanno verso l'alto. Non puoi arrotondare solo a chi ha un 8 o un 9, pure storcendo il naso. Non puoi. Questo vuol dire voler solo incassare più soldi per evitare di far sconti di tasse dal 100 in su. Basta.
Ergo, mi sono trovata con un 91 immeritato. Più 2 di bonus, graziaddio. E 6 pieni di tesi, che vuol dire che forse - ma forse appena - il mazzo me lo son fatto comunque.

Non impreco solo perché sono stata occupata a tirar giù di tutto nel resto della giornata. In quanto, dato che ancora non l'ho detto, questa è stata solo la ciliegina. 
In realtà, la nottata-mattinata pareva essere iniziata bene.
Beata positività notturna.

Ero appena rientrata da una serata fuori - nonché dalla visione del film Hunger, che pur nell'intensità di trama e tematiche direi proprio che merita. Mi sono resa conto, appena rientrata, di esser rimasta con 5 euro in portafoglio. Quello era tutto l'ammontare delle mie finanze, letteralmente. Non ho un libretto bancario, non ho più soldi in prepagata, non ho nulla, fondamentalmente, se non vado a domandare ai miei. Che comunque non disturbo, visto che a giorni stanno peggio di me.
Comunque, fresca di ritorno, guardo la mail per controllare che un paio di cose siano arrivate. E mi trovo un messaggio dal responsabile per il team di volontari alla GMG 2013 di Rio de Janeiro.
Parentesi: Io alcuni mesi fa ho compilato il modulo di richiesta, convinta di mettermi in gioco pur con vaghissime speranze di uscirne selezionata. Ma pareva che le spese fossero a carico totale dell'organizzazione, quindi perchè non dare una chance a tutto?
Conclusione: Mi hanno effettivamente selezionata.
Esatto.
Ho la possibilità di andare come volontaria internazionale alla GMG di Rio. Per due settimane. Ma le spese coprono solo gli spostamenti, il vitto e l'alloggio in loco. Ad arrivare lì e al Kit del Volontario ci devo pensare io. Illusa, sono andata a dormire più contenta che altro.
Di nuovo sobria, nella mia veste quotidiana, mi sono resa conto del fatto che io non ho un soldo e che posso chiedere meno di zero ai miei, contate le tasse universitarie - più il fondo Giappone che fatica enormemente a venir fuori.
Obiettivo: trovare una cassaforte zeppa di quattrini. Perché deve esistere, da qualche parte, abbandonata in mio nome.

Aggiungiamo a questo anche qualche genialata del prof di strategic management - sì, corso in inglese; sì, essendo linguisti ci piglia per mezzi scemi e sì, accento inglese suo moooolto maccheronico.
Per lui, si può fare un progetto da esporre in gruppetti di 2-3 persone, oralmente, che pur non essendo obbligatorio è caldamente consigliato per tentare di raggiungere i voti dal 27 in su. E sinceramente, questo io lo vedo obbligatorio. Ma comunque, prima tale individuo ci dà tutto il tempo del mondo per organizzarci, dandoci spunti di analisi e di creazione dei contenuti indicativi. Poi, a man bassa, proprio oggi che io manco dice che le slides non modificabili dei progetti vanno inviate entro il 6 novembre.
Sei. Novembre.
Una settimana e mezza. Dieci giorni. Con un mezzo ponte e due weekend in mezzo, più corollari vari di impegni.
Oh, se vuole farsi voler male, oh, se è sadomaso!
In più, anche se ne aveva già accennato, annuncia un recupero triplo dalle 10.30 alle 15.30 questo sabato.
Sabato.
La logistica ha deliberato che Ca' Foscari farà qualsivogliaciccibiricoccola recupero il Sabato.
No, ma io non avevo impegni, eh. E manco fossero stati impegni leggeri- uno era per finire di organizzare il gruppo per le ragazze scatenate di domenica, che dovrò pure tenere da sola (aiuto, aiutoaiuto); uno per andare a trovare mia cugina rientrata dall'ospedale, con prospettive poco carine.
Più da qualche parte dovrei infilarci lo studio. E il sottotitolaggio "semi-professionale" richiesto da un'altra lezione.
Innanzitutto lo studio, visto che tra un mese ho un test di certificazione linguistica che è una bestia nera.
Ma è solo un pensiero.

Io...Io...Io...
AArrgh! *pffft*
Vado a lavarmi. Almeno non puzzerò.

mercoledì 12 settembre 2012

Fratture

Quando ci riferiamo alle relazioni umane, spesso la terminologia medica torna utile.
Chiariamoci, io l'ho sempre detestata. Ciò non esclude che io possa apprezzare chi riesce ad averci a che fare; diciamo solo che esiste un'incompatibilità latente tra me e l'anatomia umana.
In ogni caso, è palese che determinate espressioni derivate dalla medicina siano nel linguaggio di tutti i giorni, anche perché ci sono continui parallelismi soprattutto tra le menomazioni della società e quelle dell'uomo - che sia il termine più corretto, poi?

Ad esempio, "influenza" è una parola valida sia per il ben noto virus invernale, sia per l'effetto contagioso di una cosa su un'altra. Ecco, nella mia frase emerge pure "contagio".
Quindi, non c'è da stupirsi che "frattura" venga usato non solo quando un osso va a rompersi, per i più svariati motivi - da una caduta in sessione d'allenamento a una carica di fan accaniti dell'ultimo idolo adolescenziale. Esiste anche come rottura di un qualche solido, oppure nella separazione di un dittongo - detta anche "frangimento", in tal caso (vi prego, fermatemi prima che continui).

image by Jrtippins
Se devo essere onesta, nessuna di queste interpretazioni - difetto da linguista incluso - ha a che fare con la prima cosa su cui si concentra la mia testa se penso alla parola frattura.
Subentra la mia concezione psicologica umana, in questo caso. Se dico "frattura", penso a quando una persona è danneggiata, dal di dentro; mi viene in mente il rumore che un'ipotetica lampadina nella nostra testa, sottoposta a una carica troppo forte di energia, possa produrre in uno scoppio. Focalizzo la dimensione emotiva di una rottura, definitiva o meno, in un rapporto tra due o più persone.
Non sempre ne individuo la causa. Innanzitutto, perché è difficilmente chiaro da dove sia partita la crepa decisiva che inizia a far crollare in pezzi la struttura. In secondo luogo, perché a un certo punto scatta un meccanismo automatico di difesa - soprattutto se la frattura mi coinvolge personalmente - grazie al quale prendo a ignorare la situazione.

Ovviamente, fa parte dell'incostanza umana arrivare a troncare certe relazioni, sia con un atto volontario che anche no. Se parliamo d'essere scostanti, isso la mia bandiera, giusto per far notare quanto sia il mio campo d'azione - o meglio, più che altro di non azione. Vengono a mancare la voglia di fare, la forza di mantenere e curare le cose/persone incluse nella nostra sfera e, ultima ma non meno importante, il senso del portare avanti certi legami di fronte ad apparenti ostacoli fastidiosi.
Di certo, è una cosa meschina. Ma non lo è anche, forse, finire a un certo punto col domandarsi: "Perché frequento ancora questa persona, se a stento riesco ad ascoltare ciò che dice e a malapena ci parliamo?"

Trovandomi nella situazione di non poter più raggiungere una persona come vorrei, perlopiù sentendomi messa volutamente in disparte di fronte ad altri, l'istinto mi dice di ritirarmi. Faccio di tutto per tornare nel mio bozzolo, attendendo qualche rapporto più sano. Di certo, non è un processo facile, ma di fronte a fratture palesi e difficilmente sanabili è la cosa migliore da ambo i lati.
La parte più complessa del tutto è convincere il mio io emozionale in proposito, senza mandarlo a male.

Mi sembra di essere sempre più cinica.
Posso affermare con abbastanza sicurezza, tuttavia, che la responsabilità non è solo mia. In gran parte, certo, lo è. Ma una grossa porzione va mandata a certi individui di mia conoscenza.
Spero solo se la godano senza tante storie.