sabato 31 maggio 2014

MemoryTraining - Chapter #4: Memory is a tricky thing

(sì, da molto non scrivo, ma sorvoliamo i soliti preamboli)
Image by Madeleine

La Memoria è un fattore problematico, sopratutto se si parla di definirne una collettiva o pubblica.

Tra le prime impressioni che ho avuto, arrivata in Germania, me ne ricordo una precisa, che si è installata nella mia testa quasi fosse un preconcetto. Stando ad essa, i Tedeschi parevano avere seri problemi con tutto ciò che potesse concernere la Seconda Guerra Mondiale, il regime Nazista e compagnia.

Sì, mi sto addentrando in un ambito molto discusso, ma è da parecchio che pondero in merito. Insomma, mettetevi nei miei panni, prima analizzo le questioni identitarie e l'idea di "Guilt" nell'immaginario Giapponese, poi mi trovo catapultata in una Nazione che pare avere simili problemi. Non potevo resistere ancora a lungo.
Quale modo migliore per parlare della questione Memoria di per sé, se non sfruttando questa bellissima collana di Memory Training?

Gli indizi che mi hanno portato a simili considerazioni, nei primi mesi di permanenza ad Heidelberg, sono stati molteplici: Propensione ad evitare discussioni in merito, anche tra studenti (che si spera abbiano un minimo di dimestichezza nel trattare tematiche dubbie); assenza di letteratura specifica in lingua dalle Librerie pubbliche; strutturazione delle sezioni storiche nei Musei o nelle esposizioni in modo da lasciare il periodo bellico sempre un po' opaco.
Certo, questi sono casi abbastanza peculiari, su cui forse mi sono istintivamente voluta concentrare - chiamiamola deformazione personale, mi piace trovare argomenti scottanti nella maggior parte dei contesti possibili, mi stimolano a pensare.
E' vero che pronunciare ad alta voce il nome di Hitler, anche in una conversazione del tutto obiettiva, può far girare tutte le persone circostanti con uno sguardo a metà tra preoccupazione e stupore (tanto che anche scriverlo mi pare un mezzo taboo). Come è vero che la struttura gerarchica stabilita nel periodo Nazista è ancora sottesa nell'assetto istituzionale, in particolare nel sistema scolastico e burocratico - ci sono tutt'oggi tracce e residui dei regimi anche in Italia, Giappone e Spagna, se è per questo.
Vogliamo poi considerare i consensi che sta mobilitando il Partito Neonazista, negli ultimi anni, arrivando anche a vincere un seggio alle Europee?
Ci sarebbero svariati argomenti da citare, a sostegno della tesi secondo cui "I Tedeschi non sono cambiati". Più o meno gli stessi riportati in superficie dal film "L'Onda", nel quale un ragazzo afferma che ormai la Germania ha imparato dal proprio passato, giusto prima che il gruppo sull'Autocrazia di cui fa parte degeneri e confuti una simile affermazione.

Un dubbio, tuttavia, mi si è insinuato col tempo: certo, i crimini compiuti nella Seconda Guerra sono palesi a tutti ormai, ma è necessario continuare a identificare i Tedeschi sempre e solo con questa fase storica? Può essere definito un atteggiamento corretto nei confronti delle ultime generazioni o, in generale, di una Nazione che per la maggior parte sta tentando di fare ammenda da quasi settant'anni?
Cosa è diventata la Memoria per il tedesco medio?

I primi sintomi di questa riflessione sono emersi grazie alla tendenza fastidiosa di certi buontemponi locali nello schernire l'Italia secondo vecchi e tediosi stereotipi.
Io e la mia precedente coinquilina, ancora a Novembre, siamo capitate in RufTaxi con un paio di tedeschi che avevano alzato abbondantemente il gomito nel bere e il cui linguaggio era talmente strascicato da capirci ben poco. Al nostro "Non vi capiamo più, parlate in inglese almeno" e all'affermazione distratta del "No, non siamo inglesi, siamo italiane", la risposta ci ha basito alquanto.
"Ah, venite dall'Italia? Ahah, Berlusconi, Mussolini!!"
Al che, mentalmente, stava scattando la risposta istintiva del "Da che pulpito", trattenuta per evitare stilettate nei calcagni. Rimuginandoci sopra più tardi, mi veniva da pensare, tra me e me: Ma ti pare che un Paese si debba identificare solo tramite esponenti che hanno fatto parlare di sé?
Poi, una lampadina. La stessa domanda era applicabile alla Germania stessa. Tutti avrebbero continuato a vederla sotto una determinata luce, sempre e comunque, almeno in Europa.
Non vi dico la confusione e il groviglio di idee nella testa.
Negazionismo, elisione di dettagli scomodi, stereotipi e colpe.
In tutto ciò, la Memoria pareva sottoposta a un doppio trattamento
Da un lato, c'era la ripetizione spasmodica, tipo mantra, di tutte le macchie che avevano segnato la coscienza collettiva: monumenti, memoriali, libri di testo, Musei specializzati; mesi di istruzione scolastica su cosa sia successo e su come i tedeschi debbano prendersi le proprie responsabilità, fin dalla prima infanzia; targhette in ogni angolo della Germania, da Berlino ai paesi più sparuti, davanti alle case in cui un tempo abitavano persone morte nei campi di concentramento, perlopiù Ebree.
Dall'altro, la superficialità data dall'evitare semplicemente di citare temi anche remotamente collegati alla questione, sorvolando, non parlandone, perchè tanto se ne creerebbero problemi e basta - un'autocensura, se vogliamo darle un nome.
Caso a parte è la minoranza nazionalista, sopravvissuta alla purga ideologica, sulla quale non mi voglio soffermare.

Ecco. Ora come ora, direi che il peso della Memoria è consistente. La sua interpretazione però è molto distressed, tirata e sformata della sua consistenza ideale, in certi casi perfino esasperata.
In questi mesi, ho saggiato il terreno più volte, per capire a chi potevo chiedere un approfondimento in merito. Siamo in Germania, suvvia, parliamo coi diretti interessati.
Facile a dirsi, un po' meno a farsi. Perché in questo insieme di impressioni temi anche di offendere determinati individui, se "pretendi" di conoscere la loro percezione in merito. Una volta mi hanno risposto piuttosto male, con un "Non può andare in giro a fare queste domande!".
Però non demordo facilmente. Ho trovato persone più disponibili, entro l'ambito accademico. E ho avuto dei riscontri molto interessanti. Una volta, c'è stata una chiacchierata in amicizia con un professore brasiliano e dei compagni di corso tedeschi, mentre prendevamo qualcosa al bar, a degna conclusione del semestre.
L'argomento è semplicemente emerso, senza attriti o che. Il corso trattava il Buddhismo nel Giappone degli ultimi secoli, passando anche per la fase Totalitarista.
Ricordo quel che disse una ragazza.
"Voglio dire, è normale che si debba ricordare, è da una vita che ci sentiamo ripetere quanto sia importante ricordare. Ma io, io in quanto persona, lì non c'ero. Perchè mi devo sentire vincolata e colpevolizzata? Quanto tempo sarà passato, sei-sette decadi? La memoria è un conto, ma chi vive ora dovrebbe avere il diritto di poter andare avanti senza un'etichetta derivata da una responsabilità vecchia di quattro generazioni."
I contenuti erano circa questi, il tono totalmente privo di risentimento. Una considerazione pura e semplice, data da una persona estranea al negazionismo, molto diretta e disponibile, che conosce bene la realtà in cui vive e che è stanca di avere a che fare con vecchi sentimenti.
Si potrebbe ribattere, questo è sicuro. Ma si potrebbe anche mettere in discussione la propria visione delle cose, visto che siamo nel terzo millennio e dovremmo aver imparato qualcosa a riguardo della dialettica (giusto un po'), anche se certi elementi tendono a dimenticarsela.
A supporto di questa personale reinterpretazione della Memoria, ci sono state altre persone. Tra di esse una compagna di corso, qualche settimana fa, con cui mi sono persa a chiacchierare del più e del meno, dopo una lezione riguardante il fattore Memoria per il Giappone, messo a confronto con Germania e Italia.
"Non è facile spostarsi per il mondo e trovarsi a nascondere quanto più a lungo possibile il fatto che sei Tedesca. Mi piace qui, si vive abbastanza bene e c'è libertà di espressione. Dover fare a meno della mia identità perchè altrimenti partono tutta una serie di stereotipi è frustrante. Sono la prima a condannare quello che è successo, la mia famiglia ha perso dei membri durante gli anni del Nazismo, ritenuti oppositori politici o magari in ottimi rapporti con persone di origine Ebraica. E sono d'accordo con il prendersi le proprie responsabilità e tutto, ma non è ora di andare avanti?"
Siamo andate avanti parecchio con i discorsi, declinandoli anche al caso Nipponico e Italiano.
Non potevo darle torto. Anche perchè, per quanto in Italia ci sia stata la resistenza, la collaborazione con gli Alleati post '43 e corollari, gli Italiani stessi detengono una buona dose di responsabilità a loro volta, per motivi simili. Dalla nostra prospettiva, si dovrebbe capire cosa comportano certe azioni. Ed è giusto che se ne faccia Memoria, nel limite dell'umano.
Quando la Memoria pregiudica l'autoaffermazione dell'individuo in quanto tale, però, forse diventa un problema. Nella stessa posizione, personalmente reagirei allo stesso modo. Parlerei e discuterei apertamente di quel che è successo, ma allo stesso tempo mi verrebbe spontaneo cercare un modo per liberarmi del peso dato dalla coscienza collettiva, per vivere secondo i miei principi, rispondendo di quello che compio.

Insomma, una questione decisamente contorta e ben palese nella realtà tedesca. Non si sa dove sbattere la testa, non si sa se siamo in grado o nella posizione di giudicare; non si sa nemmeno in che modo si dovrebbe distribuire la colpa o dove la si dovrebbe andare a cercare nella società di oggi.
Forse, il guilt è diventato talmente abitudinario da essere assunto come prerogativa del vivere, in stile Protestante?
Chissà.

For sure, Memory still is a tricky matter.

sabato 29 marzo 2014

100 books to read in a lifetime - The Big Read

Ok. Ho interrotto la produzione di Post.
Mea culpa, mea maxima culpa.
E ancor più colpevole potrei essere per riprendere la scrittura con un articolo del genere.
Però ultimamente sto scrivendo e leggendo molto poco, se si escludono i paper e i testi accademici. Quindi, trovarmi davanti la lista dei Must della letteratura stilata dalla BBC mi ha dato da pensare. Sinceramente l'avevo già vista ed è molto probabile che sia una versione rivisitata appositamente per il web, o per questo genere di giochetto per social network, visto che l'indagine della BBC era meno definita e più ampia.
Ma non importa, per ridare un po' di vita al blog e una certa curiosità a me stessa, procediamo.

Sono segnati in grassetto i libri da me letti e quelli che non ho finito sono invece in corsivo.
Alla fine il risultato. Ci terrei a precisare che molti di quelli non segnati sono nella mia infinita lista d'attesa, sotto la categoria "da leggere". Come svariati di quelli non finiti.
Ecco.

1 Orgoglio e Pregiudizio – Jane Austen
2 Il Signore degli Anelli – J.R.R. Tolkien
3 Il Profeta – Kahlil Gibran
4 Harry Potter – JK Rowling
5 Se questo è un uomo – Primo Levi
6 La Bibbia
7 Cime Tempestose – Emily Bronte
8 1984 – George Orwell
9 I Promessi Sposi – Alessandro Manzoni
10 La Divina Commedia – Dante Alighieri
11 Piccole Donne – Louisa M Alcott
12 Lessico Familiare – Natalia Ginzburg
13 Comma 22 – Joseph Heller
14. L’opera completa di Shakespeare (e adesso, tutta tutta??)
15 Il Giardino dei Finzi Contini – Giorgio Bassani
16 Lo Hobbit – JRR Tolkien
17 Il Nome della Rosa – Umberto Eco
18 Il Gattopardo – Tommasi di Lampedusa
19 Il Processo – Franz Kafka
20 Le Affinità Elettive – Goethe
21 Via col Vento – Margaret Mitchell
22 Il Grande Gatsby – F. Scott Fitzgerald
23 Bleak House – Charles Dickens
24 Guerra e Pace – Leo Tolstoy
25 Guida Galattica per Autostoppisti – Douglas Adams
26 Brideshead Revisited – Evelyn Waugh
27 Delitto e Castigo – Fyodor Dostoyevsky
28 Odissea – Omero
29 Alice nel Paese delle Meraviglie – Lewis Carroll
30 L’insostenibile leggerezza dell’essere – Milan Kundera
31 Anna Karenina – Leo Tolstoj
32 David Copperfield – Charles Dickens
33 Le Cronache di Narnia – CS Lewis
34 Emma – Jane Austen
35 Cuore – Edmondo de Amicis
36 La Coscienza di Zeno – Italo Svevo
37 Il Cacciatore di Aquiloni – Khaled Hosseini
38 Il Mandolino del Capitano Corelli – Louis De Berniere
39 Memorie di una Geisha – Arthur Golden
40 Winnie the Pooh – AA Milne
41 La Fattoria degli Animali – George Orwell
42 Il Codice da Vinci – Dan Brown
43 Cento Anni di Solitudine – Gabriel Garcia Marquez
44 Il Barone Rampante – Italo Calvino
45 Gli Indifferenti – Alberto Moravia
46 Memorie di Adriano – Marguerite Yourcenar
47 I Malavoglia – Giovanni Verga
48 Il Fu Mattia Pascal – Luigi Pirandello
49 Il Signore delle Mosche – William Golding
50 Cristo si è fermato ad Eboli – Carlo Levi
51 Vita di Pi – Yann Martel
52 Il Vecchio e il Mare – Ernest Hemingway
53 Don Chisciotte della Mancia – Cervantes
54 I Dolori del Giovane Werther – J. W. Goethe
55 Le Avventure di Pinocchio – Collodi
56 L’ombra del vento – Carlos Ruiz Zafon
57 Siddharta – Hermann Hesse
58 Il mondo nuovo – Aldous Huxley
59 Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte – Mark Haddon
60 L’Amore ai Tempi del Colera – Gabriel Garcia Marquez
61 Uomini e topi – John Steinbeck
62 Lolita – Vladimir Nabokov
63 Il Commissario Maigret – George Simenon
64 Amabili resti – Alice Sebold
65 Il Conte di Monte Cristo – Alexandre Dumas
66 Sulla Strada – Jack Kerouac
67 La luna e i Falò – Cesare Pavese
68 Il Diario di Bridget Jones – Helen Fielding
69 I figli della mezzanotte – Salman Rushdie
70 Moby Dick – Herman Melville
71 Oliver Twist – Charles Dickens
72 Dracula – Bram Stoker
73 Tre Uomini in Barca – Jerome K. Jerome
74 Notes From A Small Island – Bill Bryson
75 Ulisse – James Joyce
76 I Buddenbroock – Thomas Mann
77 Il buio oltre la siepe – Harper Lee
78 Germinale – Emile Zola
79 La fiera delle vanità – William Makepeace Thackeray
80 Possession – AS Byatt
81 A Christmas Carol – Charles Dickens
82 Il Ritratto di Dorian Gray – Oscar Wilde
83 Il Colore Viola – Alice Walker
84 Quel che resta del giorno – Kazuo Ishiguro
85 Madame Bovary – Gustave Flaubert
86 A Fine Balance – Rohinton Mistry
87 Charlotte’s Web – EB White
88 Il Rosso e il Nero – Stendhal
89 Le Avventure di Sherlock Holmes – Sir Arthur Conan Doyle
90 The Faraway Tree Collection – Enid Blyton
91 Cuore di tenebra – Joseph Conrad
92 Il Piccolo Principe– Antoine De Saint-Exupery
93 The Wasp Factory – Iain Banks
94 Niente di nuovo sul fronte occidentale – Remarque
95 Un Uomo – Oriana Fallaci
96 Il Giovane Holden – Salinger
97 I Tre Moschettieri – Alexandre Dumas
98 Amleto– William Shakespeare
99 La fabbrica di cioccolato – Roald Dahl
100 I Miserabili – Victor Hugo

RESULTS:
- Letti 33/100
- Non finiti 18/100

domenica 2 febbraio 2014

MemoryTraining - Chapter #3: Never-made Travels (or at least, not yet)

Image by Alex Vakulenko
Sono una di quelle persone che adora pianificare. Soprattutto viaggi, possibili o meno.
In realtà, il più delle volte si tratta di mete o percorsi perfettamente fattibili, con un po' di fortuna (in questo caso, monetaria). E sì, so che la carenza di finanze viene annoverata come una delle scuse utilizzate più di frequente per rifiutarsi di viaggiare o per fingere di desiderarlo, mentre invece fa più piacere immaginare le cose rispetto all'agire. Ma nel mio caso ci sono state davvero cause di forza maggiore, che non potevo bypassare.
Ciò non significa che mi sia astenuta dal fare progetti.
I progetti possono sempre essere ripresi in un secondo momento ed è molto probabile che si realizzino in periodi più propizi, soprattutto qualora almeno uno sia già andato a buon fine.
Nel mio caso, questo "uno" è stato il tour dell'Irlanda che ho organizzato nel 2008 con una carissima amica, incontrata nella verde isola due anni prima, giusto in occasione dei miei 18 anni.
Come si dice, le propensioni si scoprono in giovane età e ritengo, nonostante le mie mete siano finora state limitate da molteplici fattori, di essere della tipologia più portata ai viaggi.
Ma torniamo alla pianificazione.

Quando parlo di organizzare un viaggio, non intendo solo con filmini mentali o con pure fantasie. Di norma, prendo in mano tutti gli strumenti possibili e immaginabili perché tal viaggio sia decisamente realizzabile.
Internet è uno splendido strumento, a tal proposito, sempre più rifornito. Partendo dalle informazioni che si trovano online, spulciando un po' ovunque, dall'ultimo dei blogger non calcolati da nessuno ai siti di recensioni su questa o quell'altra meta, si riesce a intuire dove passare e dove non passare, cosa vedere, cosa è meglio prendere in considerazione e cosa no.

Ho iniziato con il viaggio in Irlanda, con quattro punti focali: Cork, Galway, Sligo e Dublino. Già il successivo inverno ero alle prese con altre macchinazioni, ispirata dal fervore di quell'anno.
Piccolo dettaglio: avevo appena iniziato l'ultimo anno di liceo, quindi non è stata una grande idea decidere di tentare un viaggio con duplice meta in due diverse nazioni europee per il ponte del 25 Aprile. Soprattutto considerato che a inizio marzo sarei dovuta partire per la famigerata gita di quinta superiore, da tradizione all'estero, Praga nel nostro caso. Splendida città, ma ovviamente per motivi finanziari e scolastici non potevo azzardare un'ulteriore peregrinazione di quattro giorni di lì a un mese; specie se l'intenzione era di partire da Milano, volare a Dublino, rimanerci fino a un altro volo per Madrid e poi rientrare giusto in tempo per arrivare la mattina del Lunedì a scuola.
Siamone convinte, pure. Il punto è che l'avevo seriamente ritenuto fattibile, avevo esaminato tutte le variabili, visto gli ostelli, le loro dislocazioni, calcolato le tempistiche, il treno che mi avrebbe portato fino a Milano e poi a Linate, il fatto che a Temple Bar quella sera ci fosse un Live importante e a Madrid, un paio di giorni dopo, un Festival di primavera. Tutto, davvero.
Image by Lina Linnarsson
Voglio dire, va bene lasciarsi andare all'immaginazione, ma qua si va leggermente oltre. E quello è stato solo l'inizio. Da allora, periodicamente ho bisogno di pensare a quando-come-dove potrei partire, da sola o in compagnia. Sono stata in grado di coinvolgere anche mia madre, una volta, nell'entusiasmo di un'offerta per San Patrizio 2010 in Irlanda. Ovviamente, una delle cose andate a buon fine, visto quanto entrambe eravamo propense a tale idea. In dieci ore, da quando avevo visto l'offerta a quando ho confermato la prenotazione, ho segnato tutto quello che avrei potuto mostrare a mia madre, quando e dove ci saremmo incontrate con l'amica sopra citata (anche lei coinvolta nel raptus viaggiante), ho trovato un ostello in un quartiere appartato e ho visto tutti i programmi per i festeggiamenti di San Patrizio di quell'anno.
Da allora, i miei piani si sono difficilmente realizzati.
Chiariamo una cosa, ciò non vuol dire che non abbia viaggiato. C'è una sostanziale differenza tra il viaggio organizzato da una compagnia e quello che tu riesci a crearti con milioni di appunti sparsi per sette diverse agende, valanghe di post-it e pagine su pagine consultate online. Il programma che riesco a preparare con le mie sole forze ha tutta un'altra sensazione, nonostante non possa dire di non aver adorato le due tappe extra-continentali a Shanghai e Rio. Sono state esperienze uniche nel loro genere e, dopotutto, sento di essermele guadagnate grazie a certe personali capacità.

Però questa cosa del fare, prendere e partire mi è mancata. Ho cercato di consolarmi con l'esplorazione della nostra cara Italia, con qualche tappa (Bologna, Udine, Padova, Milano, Roma), rendendomi conto tuttavia di quante città, ancora, mi restino da scoprire nel nostro territorio.
Per deformazione personale, mi sono voluta documentare su un possibile tour in Giappone, nel caso fossi mai riuscita a vincere un bando Overseas per trascorrerci almeno un semestre di studi - cosa che l'Università non mi ha concesso per motivi che non voglio analizzare. Città e villaggi segnati, Festival stagionali messi in evidenza, costi, trasporti, tappe e periodi.
A capodanno 2011-'12 ero sul punto di partire per Lisbona con un'amica. Mi ero già immaginata cosa avremmo potuto fare, all'avventura. Non potendoci più andare, ho voluto buttarmi su un piano che mi avrebbe portato a Copenhagen, con visita di un paio di giorni per poi salpare alla volta delle coste Svedesi, fare un tragitto in bus e raggiungere Stoccolma.
Dopodichè ho iniziato a vagliare le opzioni per un mega-viaggio post Lauream, sulle tracce della Via della Seta: percorso europeo o percorso intero, dove passare, da sola o in compagnia, i visti, i cambi. Un viaggio che, fosse l'ultima cosa che faccio, in qualche modo realizzerò.
Alle soglie del 2013, tuttavia, il mio spirito organizzativo si è ammosciato. C'era Rio, come possibilità ancora non certa, ma anche si fosse realizzata (come poi è stato), alla logistica ci avrebbe pensato qualcun altro.

Poi è subentrata l'esperienza Erasmus, che nonostante sia tutt'altra cosa ha fatto riemergere l'urgenza di muoversi. Piena di paure, da un certo punto di vista, perchè mai prima d'ora ero stata tanto a lungo per conto mio, ma è una di quelle transizioni che ti fanno le ossa.
Ho approfittato della permanenza in Germania per permettermi il lusso di girare, sempre al risparmio. Da Heidelberg e Mannheim a Stoccarda, Esslingen, Karlsruhe, Francoforte (che ho visto solo di sfuggita, grazie alla Fiera Internazionale del Libro).
Tra due settimane, con una piccola compagnia d'italiani, partirò alla volta di una cinque giorni divisa tra Amburgo e Berlino, finalmente un viaggio creato da noi stessi per il quale, manco a dirlo, sono oltremodo gasata.

Tutti.
Sono tutti itinerari che prima o poi percorrerò, è una promessa a me stessa.
Tra gli altri, si possono annoverare un viaggio in Transiberiana, verso Vladivostok, dopo un accurato tour dell'Europa Orientale; senza scordare l'Orient Express, tra Vienna, Budapest e Bucarest. In previsione della Giornata Mondiale della Gioventù 2016, a Cracovia, c'è un certo percorso che vorrei compiere, prima di incontrare la moltitudine di giovani già in fibrillazione.
Senza considerare gli altri continenti, perché altrimenti non finisco più.
C'è un piacere insito a questo continuo fissare nuove mete. Non credo, al momento, che ci siano posti in cui non desideri andare.
Prendetemi un punto a caso nel globo. Possiamo iniziare a parlarne.