lunedì 20 febbraio 2012

L'insostenibilità della Maschera

Carnevale. Essenzialmente, come idea mi piace - il pensiero di potersi sbizzarrire coi travestimenti, senza il giudizio di nessuno a fissare come un avvoltoio la scena; i colori, la fantasia dilagante; l'eleganza o la stravaganza di certe sfilate o persone.

Si tratta anche di un fattore di comodo, legato al permettersi di lasciar andare parti di sè relegate nel resto dell'anno. Qualcuno potrebbe venirmi a dire che, col subentrare di Halloween, avviene più o meno la stessa cosa. No, nè più, nè meno, in tutta franchezza. Un'occasione o per far emergere goticità latente, o per aggregarsi, o per spendere e approfittarne e basta. Ben lungi dall'origine e dalla festa di Febbraio. Non si può dire che con le modalità carnevalesche di oggi non ci sia un sacco di commercializzazione, dietro. Ma alcuni punti saldi permangono nel tempo, nonostante tutto. Paradossalmente, è più sobrio. Soprattutto se messo a confronto con un San Valentino o con un Halloween (ora che ci penso, pure il Natale non scherza).
Mantiene la variabile umana al di sopra di quella oggettistica.
Qualcuno, Wilde o Nietsche (o era Schopenhauer? non ho voglia di controllare), ha detto che dando una maschera fisica all'uomo egli riesca a diventare davvero sé stesso. L'ho sempre interpretata come un lasciare la maschera quotidiana, impalpabile ma al contempo all'occhio di tutti, per indossare quella fisica, concreta, e tramite essa esprimere il proprio carattere liberamente.
Opinione che non per forza dev'essere condivisa, sia chiaro.

In qualsivoglia maniera, tuttavia, ogni anno da quando ho iniziato a frequentare i corsi a Venezia il Carnevale risulta un evento rompiscatole. Per la folla, ovvio, e anche per via di lezioni onnipresenti nonostante tutto. Invidia, già.
Quest'anno me ne starò beatamente in vacanza pure io, complice un calendario sfiancante ma tattico - tutti i corsi condensati in due giorni, in mezzo alla settimana.
Nel mentre mi crogiolo tra fritture ingrassanti e nullafacenza, mi torna in mente l'epoca dei Saturnali, da associare a un primordio di Carnevale. Presente lo scambio di ruoli tra servo e padrone che si compiva in occasione di un determinato periodo dell'anno, nell'antica Roma? No? Sì che io mica ho fatto il classico.
In ogni caso, per un giorno solo ognuno era giustificato a compiere il totale opposto della propria quotidianità, il servo dirigendo e il padrone prestandosi a umili faccende. Credo che il simbolo di ciò fosse l'indossare dei particolari copricapi, ma non ne sono certa (pure qui non voglio controllare).

Ma tornando alla nostra epoca, nell'andirivieni dalla stazione di Santa Lucia alla sede universitaria, più circondiario, ho notato che in linea di massima si possono individuare alcune specifiche categorie di travestimenti:

  1. Maschere "per bene" - quelle che sembrano appena uscite da una sartoria o da un laboratorio costumista, vedi quelle d'epoca o che riproducono perfettamente un soggetto adattandolo a un corpo. Una delizia per gli occhi.
  2. Maschere "fai-da-te" - chiaramente casalinghe, ma non per questo prive di fantasia e impegno; anzi, forse più riuscite dei costumi da "scena".
  3. Maschere "scialle" - fatte tanto per, vuoi che si tratti solo di una faccia dipinta, di un cappello buffo, una parrucca o una maschera alla "veneziana" (di quelle fatte apposta per comprarsi i turisti) e/o un mantello (pur elaborato, talora).
  4. "Costum-maschere" - Gormiti,Winx, Ben10, insomma quelle schifezzuole là che si fanno mettere ai figli per mancanza di voglia di fargliele (comprate senza tante storie), se non per puro sadismo.
Dopo questo elenco, ci sono anche altri punti da specificare, riguardanti però le persone dietro gli sgarruffamenti vari:
  1. Festosi - sentono l'aria della festa, partecipano, fanno tutto nei canoni stabiliti. Maschera, partecipazione ai carri, foto e via dicendo. Sostanzialmente? Una palla. Ordinari da far schifo.
  2. Esaltati - partecipano perchè è un'occasione ove far casino. Nulla a che vedere con le maschere, solo cose di circostanza. Metterli a spaccar vetrine fa lo stesso.
  3. Cosplay - nel senso vero del termine, non quelli a casaccio. Prendono un personaggio che amano, lo riproducono su di sè e si immedesimano. Spettacolo.
  4. Genitori - salvo incroci con altre categorie d'individui, accompagnano i figli. Punto.
  5. Figli - ci si maschera, si fanno scherzi, si fa casino. Più che sufficiente per convincere un bambino a vestirsi da puzzola. O altro.
  6. Spensierati - li preferisco, insieme ai Cosplay. Si mascherano tramite fai-da-te avanzato, di solito, ed esprimono sè stessi fregandosene dell'altrui opinione. Li potete trovare in gruppetti di Drag Queen, costumi di cartapesta enormi a forma di Sushi, con qualche maschera a ricambio che cantano canzoni tradizionali di non si sa bene quale paese in treno.
  7. Spettatori - fanno quel che fa uno spettatore, che forse non può o non vuole mettersi in maschera. Osservano. Amano osservare.
Lo scorso anno ero alla categoria 7, il martedì grasso. Ho visto un po' di tutto, senza poter, ahimè, intervenire. Questo 2012 temo che farò ben poco, ma pazienza. Darò sfogo in qualche video.
Ancora 32 ore e poi si va in Quaresima.
Selah.

Nessun commento:

Posta un commento