giovedì 17 novembre 2011

I Figli Del Benessere

{Posted on 03/12/10 at http://myworldmylife.splinder.com/ }

Questo post estemporaneo, dopo una breve rivisitazione mentale di ciò che è stato in passato cotesto blog, mi fa intuire come funzionino i processi di maturazione, la comprensione dei meccanismi globali, mutuando il mio pensiero verso nuovi interessi. E sta diventando una faccenda piuttosto affascinante, insieme alla variazione degli obiettivi di vita.

Siamo franchi. Tutti noi, tutta la generazione che da metà anni ottanta va a dipanarsi per tutti gli anni novanta e i primi duemila (anche se questi forse sono in una differente), siamo geneticamente derivati dalla società del boom.
Si stava bene, nei nostri anni, vero?
Le grandi tecnologie, l'emergere di un mutamento socio-economico, lo spazzar via di un'eventualità storica affermata da quattro decenni come la guerra fredda. Nuovi mezzi di comunicazione, una rinata identità collettiva e individuale. Potrei continuare. Si tratta di uno scenario che in un altro contesto potrebbe benissimo apparire contraddittorio, e forse anche dal suo interno qualche dubbio in proposito sfugge.
Tutto ciò, non senza i sacrifici di ogni sorta occorsi tra gli anni sessanta e settanta. Non parlo solo dei grandi movimenti, delle guerre, delle crisi nazionali ed internazionali. No, io mi focalizzo sulle singole realtà, e vado a puntare lo sguardo a come allora una famiglia si accontentasse davvero di poco rispetto ai canoni d'oggi.
Forse.. Mi correggo, di certo è da queste condizioni che s'è creata la voglia nei nostri vecchi, in chi ci ha creati, voluti o non, di ottenere quel che di meglio si poteva. La creazione del famigerato benessere, quella cosa tanto raggiungibile quanto estremamente volubile (viene il dubbio che soffra della "sindrome della moda", se m'intendete). E la cosa straordinaria è che nella maggior parte dei casi sono riusciti nell'intento, anche solo dando alla nostra vita una traccia iniziale ripiena di certezze, un periodo felice durato fino alla chiusura del millennio. In forma molto modesta, a volte, ma pur sempre satura di beni.

Insomma, siamo nati con la camicia. Cosa positiva, da un certo verso, e tremendamente negativa alla luce degli sviluppi degli ultimi dieci anni. Pensiamo, con la avventatezza della nostra giovane età, di poter raggiungere tutto e tutti. Pensiamo di poterci inventare il lavoro, la vita, i soldi - in certi casi, giustificati da successi di giovani che han fatto fortuna con le proprie idee. Pensiamo e speriamo - paradossalmente, abbiamo una fede così grande nel futuro da superare l'amore per la Divina Provvidenza che avevano (e hanno) certi nostri genitori.

Il problema? Lavorare sul presente. L'abitudine acquisita con la stabilità e l'ingenuità dell'infanzia si ribalta bruscamente di fronte ad uno scenario che stravolge ogni aspettativa. I più fortunati hanno una vita molto dignitosa, nonostante i problemi (posso alzare la mano in proposito, fatti due conti, pur con il dettaglio finanze); gli altri non accettano la propria situazione, tentando in qualche modo o di far apparire all'esterno qualcosa di falso o di ribellarsi, senza però avere gli strumenti adatti a fare appropriatamente anche solo una di queste due cose.
Il primo passo sarebbe prender atto di come funziona veramente il mondo, aprendo le porte, gli occhi e le orecchie innanzitutto agli altri attorno a noi. In secondo luogo, si potrebbe passare ad un ruolo attivo nella comprensione dei meccanismi socio-economici, diventando mentalmente eclettici, vista la realtà in espansione costante, sempre più globale, se non universale.
Ma non intendo far da moralizzatrice in alcun modo.
Quello che volevo scrivere, trascrivendo questi pensieri, era una semplice constatazione. Una constatazione che possa essere anche vagamente utile a capire l'ovvio - cosa affatto scontata, visto che la maggior parte non nota le cose (o non le vuole notare) finché non gli vengono esposte in determinati modi, ripetutamente, insistentemente e fastidiosamente.
Prima o poi, il messaggio del darsi una svegliata, che è ora, dovrà pur passare.
E per quell'ora, forse sarà anche meglio aver raccolto un po' di esperienza, negativa e positiva, realista e utopista. Per quanto uno possa sentirsi "conservatore" piuttosto che "rivoluzionario", non può fare a meno di rendersi utile, arrivato ad un certo punto.

Io credo di voler prendere in mano quel che ho a disposizione, ora, una volta per tutte. Darmi da fare, per costruirmi un futuro decente e far vivere dignitosamente quel che resta a chi mi ha preceduto, lasciando che si faccia da parte con la convinzione di aver dato il posto a qualcuno di competente. I desideri, le speranze, i sogni, mi aiuteranno di certo a proseguire in direzioni che possano essermi affini, senza che possa arrivare ad odiare le mie stesse azioni. Ma non dovranno prevalere sull'obiettività dei fatti.
Altrimenti, tanto vale vivere una vita scialba, alle spalle degli altri, beata nel suo starsene con le mani in mano.
Sarà realmente vita?

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