giovedì 17 novembre 2011

La Moralità Dei Vecchi

{Posted on 09/05/11 at http://myworldmylife.splinder.com/ }

Torno dopo due mesi, con la malsana idea di dedicarmi a una cosa del genere solo in periodo esami. Pessimo tempismo.

Lascia sempre più perplessi una cosa, tra le tante. Tra i discorsi che mi rimbombano in testa, come credo avvenga ormai a molti della mia generazione, c'è quello di non avere più alcun ideale, nessuna morale. Sapete, l'accusa della carenza di princìpi, quando la vecchia generazione - comunemente i nati fino agli anni '60 - punta il dito contro la nostra fascia d'età - dai primi anni '80 in poi, all'incirca. Sì, sono conscia di aver tralasciato una ventina d'anni, ma quella è una porzione a sè, che conosco solo limitarmente.
Ritornando a noi, ci definiscono totalmente disinteressati agli avvenimenti sociali (oltre che politici, ma quello è ormai da due turni che lo si trascina avanti) che caratterizzano la vita quotidiana, e, moreover, menefreghisti del futuro, insoddisfatti ma mai attivi per cambiare, eccetera.

Viene spontaneo domandarsi: se anche ciò fosse vero - e avrei molti esempi che potrebbero dimostrare il contrario - com'è che sono loro a farcelo notare e non ce ne rendiamo conto da soli?
Ho posto la domanda ad alcune persone, in Università, ricevendo perlopiù critiche verso il sistema politico-istituzionale. Probabilmente ho parlato con individui sbagliati, perchè la questione non va fatta orbitare attorno alle solite e scontate tematiche che fanno impazzire i media, almeno dal mio punto di vista.
Io sono di quelli, infatti, che accolgono l'accusa di volersi astenere dal prender parte politica, e con vanto. Ho anche io le mie cose da dire in merito, certo, ma devo proprio associarmi un partito, categorizzarmi per esser ritenuta un'opinione valida?
Qui il primo problema: le categorie. Ho avuto modo di carpire, tra una discussione e l'altra, che la cosa che non va giù a chi ci ha preceduti è il fatto che difficilmente i teenager o i ventenni d'oggi riescono ad essere categorizzati come i "vecchi" vorrebbero. Ovvero, di certo possiamo tra noi individuare gruppi di appartenenza, divisorie, elementi che ci smistano sotto l'uno o l'altro stereotipo; più palesi che mai sono le distinzioni tra truzzi, emo, bimbiminkia, rockettari, metallari, punkettoni, hiphoppari, o tutti quelli che continuano a spuntare come margherite, chennesoio. Siamo pieni di categorie anche nel nostro, visto che abbiamo imparato dai migliori. Solo che queste caratterizzazioni non sono chiare ai "membri esterni". Esterni a cosa, poi, devo ancora capirlo.
Il gap generazionale può anche starci, le incomprensioni da un'epoca all'altra sono sempre esistite e sempre continueranno a emergere. Quello che non si comprende è perchè, se davvero siamo così incomprensibili ai predecessori, essi debbano per forza inquadrarci in determinate maniere, pur non potendo entrare nella testa altrui, pur non riuscendo a riconoscere quel che facciamo o quel che siamo senza preconcetti, che chissà da dove sbucano. L'impressione è che si siano per forza di cose dovuti inventare uno scenario da applicarci, altrimenti non andavamo bene. E noi, bravi bravini, molto spessi ci siamo adattati senza fiatare. Ormai, le cose e le modalità esistenti erano quelle già pensate da loro, no?

Arriviamo ad un altro punto della questione, quello che ha fatto partire i miei ragionamenti a dirla tutta: può la vecchia generazione ritenersi superiore alla critica morale che essa stessa muove?
Mi spiego. Tutto ciò in cui i vecchi ci accusano di peccare non li riguarda e basta? Si sa, le prediche più forti tendono ad arrivare dal pulpito sbagliato, da chi quelle cose dice di riconoscerle proprio perchè ci è passato, o per non dover ammettere di esserci profondamente immerso. Non è valido per tutti, questo è sicuro. Generalizzare totalmente è sbagliato. Ma lo è da entrambe le parti.
Ho visto ragazzi con idee ferme, una propria struttura mentale, non per forza categorizzabile sotto una linea filosofica specifica, un credo religioso o un partito politico. Ragazzi convinti di avere qualche futuro, anche se non ancora definito, di poterci lavorare sopra senza paura, con volontà di agire in qualche modo per far capire che "Noi ci siamo". Possono aver fallito, possono essere caduti, ma difficilmente si sono fermati.
Ho osservato uomini, cinquanta-sessantenni, rovinare sè stessi e circondiario perchè non avevano più nulla a cui appigliarsi, una convinzione, un qualche tipo di speranza, azione. Automi in tutto e per tutto, talmente tanto si erano abituati al procedere inesorabile della vita. Vivevano - e vivono, anche se come termine è piuttosto errato - in modo passivo qualunque cosa, incapaci di abituarsi al cambio della guardia e al fatt che le cose non restano ferme. Il tempo procede; loro non restano solo indietro, no: rimanere indietro significherebbe potersi rimettere al passo, facendo una corsa un po' sforzata. Hanno così tanta paura del cambiamento e del non cambiamento allo stesso tempo da rimanere immobili, se non addirittura ridursi a scappare follemente verso qualcosa che è stato e non è più, o che magari nemmeno è mai stato, se non nella loro testa.
La cosa peggiore è che non se ne rendono conto, o se accade loro di avvedersene ignorano tutto e piuttosto cercano di scaricare le proprie pecche sulla pelle di chi ritengono possa essere più vulnerabile, più debole. Provano un piacere intrinseco a liberarsi di pesi del genere, opprimendo chi ha ancora davanti potenzialmente molti anni. Tentano, sostanzialmente, di stroncare sul nascere il cambiamento, di qualsiasi tipo esso sia.

Il vizio è stato acquisito da molti della generazione intermedia, quella della ventina d'anni che ho tralasciato. Molte critiche sono appellabili a loro, mentre forse in realtà questa frazione di cittadini è l'unica realmente neutrale, semi-indifferente, e a ragione. Come uscire dal circolo vizioso, se non arrendendosi in parte ad esso? Andrà forse meglio a chi verrà dopo, sempre che non venga coinvolto in questa spirale. Brutti affari.

Mi viene da pensare che la morale dei vecchi sia un'utopia che loro stessi si sono creati, per la maggior parte. Tanti si sono resi conto della deriva che hanno preso; alcuni hanno ingranato una marcia di riserva, iniziando a dare qualche vaga opportunità ai successori per riscattarsi ed entrare a far parte della vita comune.
Altri si sono totalmente persi. E quel che è peggio è che continuano a trascinare con sè molti altri.
Il perchè, poi, vallo a capire.
Ma in fondo, chi sono io, "ragazzina" ventenne, per permettermi di fare discorsi simili?

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